Tra le mie “cose preziose” non può mancare un testo per me fondamentale: “Nello specchio del passato” del sociologo e filosofo austriaco Ivan Illich. Tempo fa lessi una definizione dell’attività intellettuale di Illich: «archeologo delle idee» ovvero, qualcuno che aiuta a vedere il presente da una prospettiva distanziata, quindi più vera e più ricca. Direi definizione perfetta.
«Se qualcuno mi domandasse: “Ivan, che cos’è che ti potrebbe stimolare di più nel prossimo anno e mezzo?” – è questo il tipo di orizzonte nel quale inquadro la mia vita – risponderei che mi piacerebbe convincere un certo numero di persone a riflettere più su come gli strumenti influiscano sulla nostra percezione che su ciò che possiamo fare con essi, a indagare su come gli strumenti modellino la nostra mente, come il loro uso modelli la nostra percezione della realtà ben più di quanto noi si modelli la realtà applicandoli o utilizzandoli.»
Paziente e instancabile archeologo del sapere, Illich scava qui alle radici dei luoghi comuni, nel tentativo di riesaminare in una prospettiva storica i moderni concetti di pace, economia, sviluppo, linguaggio, salute, educazione. “Solo nello specchio del passato risulta possibile riconoscere la radicale alterità della topologia mentale del ventesimo secolo e divenire consapevoli dei suoi assiomi generativi, che normalmente rimangono oltre l’orizzonte dell’attenzione dei contemporanei”. Affrontando questi temi, Illich ci stimola a pensare il presente e il futuro con una consapevolezza nuova: “La mia é una ricerca della politica dell’autolimitazione, grazie alla quale il desiderio possa fiorire e i bisogni declinare”.