di Pasquale Stigliani – In assenza di un confronto pubblico e trasparente, il Governo ha inviato ugualmente alla Commissione europea il PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima), un Piano strategico per il futuro del Paese.
Le poche informazioni accessibili sono state accompagnate da qualche numero estratto dalle dichiarazioni del Ministro Pichetto per inserire nel documento il “nucleare, quello di nuova generazione, non più le grandi centrali, ma somme modulari”. Una tecnologia notoriamente inesistente sulla quale si sta costruendo una narrazione priva di fondamenti e piena di menzogne, andando persino contro l’opinione pubblica italiana, che sul nucleare si è già espressa più volte, anche pochi giorni fa.
È opportuno conoscere ciò che è accaduto a Latina, dove il consiglio comunale, in larga maggioranza di centrodestra, ha votato all’unanimità una mozione del M5S per opporsi a un eventuale ritorno al nucleare. Nell’atto viene fatto riferimento esplicito alle proposte di legge parlamentari sia del deputato Lupi (NM) sia del senatore Fazzone (FI). Quest’ultimo, eletto proprio nel collegio di Latina, ricopre attualmente l’incarico di Presidente della Commissione Energia e Ambiente in Senato ed è primo firmatario di un disegno di legge per la riattivazione anche delle centrali nucleari in fase di smantellamento.
Nonostante l’infelice esperienza di Latina, le dichiarazioni del Ministro hanno trovato sponda alla Camera dei Deputati proprio sull’esame del PNIEC (consulta il resoconto) con l’approvazione di una mozione di maggioranza a prima firma Squeri (FI) nella quale si e chiesto anche di prevedere nel PNIEC un focus sui possibili effetti dell’eventuale adozione, nel post 2030, di tecnologie di generazione energetica basate sulla fonte nucleare, come gli Small Modular Reactors (Srm) e gli Advanced Modular Reactor (Amr).
Teniamo presente che nella bozza di PNIEC inviata alla Commissione europea lo scorso anno la decisione di ritornare al nucleare era del tutto assente. Nel Parlamento la discussione si è fermata. Le indagini conoscitive, sia alla Camera che al Senato, sono inchiodate, non vanno avanti. Anche la “road map nucleare” più volte annunciata dal Ministro Pichetto non avanza. I disegni di legge non sono ancora incardinati per l’esame.
Poi però nel buio della notte, di sobbalzo, si riaccende la candela del nucleare. Viene spontaneo quindi chiedersi: chi li ha convinti? Quali sono stati i gruppi di pressione e i reali interessi in gioco che hanno fatto cambiare idea così velocemente? Sono spinte che tutelano gli interessi nazionali o quelli di altri Stati vicini?
L’Europa può azzerare le emissioni già nel 2040 e senza il nucleare. Il rapporto di Environmental European Bureau illustra che crescita delle rinnovabili, riduzione della domanda di energia e una combinazione di opzioni per rendere più flessibile la rete (tra interconnessioni e stoccaggio) bastano per raggiungere la neutralità climatica 10 anni prima del target europeo ed avere un sistema energetico sostenibile senza nucleare.
Secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, i piccoli SMR, quelli dei racconti del Ministro Pichetto, “sono ancora troppo costosi, troppo lenti da costruire e troppo rischiosi per svolgere un ruolo significativo nella transizione dai combustibili fossili nei prossimi 10-15 anni”. E chissà mai se lo saranno.
La NuScale Power Corp., la prima società ad aver ottenuto l’approvazione del Dipartimento dell’Energia americano per un progetto di reattore nucleare di piccole dimensioni, ha cancellato la prevista costruzione della sua prima centrale commerciale per una utility elettrica dello Utah, per via dell’aumento dei costi e dei prezzi elettrici, che hanno indotto vari potenziali clienti ad abbandonare il progetto.
Non arrivano neanche buone notizie dalla Francia dove anche EDF blocca il progetto SMR Nuward!
In aggiunta, si sa che la BEI, Banca Europea per gli Investimenti, continuerà a non finanziare reattori nucleari.
Per rendere finanziariamente sostenibile il nucleare è necessario un poderoso dispendio di risorse pubbliche che sarà caricato su cittadini e imprese con l’aumento delle bollette.
Anche per la banca Lazar, quella del nucleare è una scelta molto più costosa di altre tecnologie che possono essere applicate velocemente, come le rinnovabili o gli interventi per la riduzione dei consumi e la decarbonizzazione, e ha tempi troppo lunghi per poterla vedere applicata.
L’elenco dei perché non rappresenti una soluzione è ancora lungo. Ne cito qualche altro, come il problema irrisolto della gestione in sicurezza dei rifiuti nucleari o quello della localizzazione, nonché del ciclo di vita di una centrale nucleare.
La forte dipendenza estera per l’approvvigionamento dell’uranio naturale, poi, (oltre il 91% che arriva in Europa proviene da Kazakhstan, Niger, Canada e Russia) la rende una fonte insicura. Nel 2023 l’Europa ha raddoppiato le sue importazioni di combustibile nucleare russo. Per far fronte a questo problema di sicurezza il Senato USA invece ha vietato import dell’uranio russo. E noi Italiani cosa vogliamo fare? Da chi andremo a fare la spesa? Ma soprattutto quanto e chi lo pagherà?
È opinione diffusa che prima di 20 anni in Italia non si accenderà nemmeno una lampadina da nucleare. E allora di che cosa stiamo parlando? Smettiamola di sostenere la propaganda con le menzogne. Il ritorno al nucleare ha talmente tanti problemi che non può che rimanere inchiodato ai nastri di partenza.
L’AUTORE
Pasquale Stigliani – Laureato in Scienze Politiche all’Università di Bari e Masterizzato RIDEF al Politecnico di Milano e IUAV di Venezia. Esperto di politiche energetiche e sviluppo locale ha lavorato in ISES ITALIA ed ASSOSOLARE. Dal 2013 è stato collaboratore del Senatore Gianni Girotto, già Presidente della Commissione Industria. Attualmente collabora con l’Onorevole Enrico Cappelletti, membro della X Commissione Industria alla Camera.