di Valentina Petricciuolo – Misurare l’andamento dell’economia di un paese, di una regione, non è mai stato facile. Sono decenni che studiosi e ricercatori si affannano a trovare la ricetta giusta, il mix perfetto che determini quanto si produce in beni e servizi. E che dia una immagine di quanto si è “ricchi”.
Il Prodotto Interno Lordo, il PIL, è la somma del valore in denaro dei beni e servizi prodotti in un arco temporale ben preciso, e viene usato da molti anni come l’indicatore unico che quantifica la ricchezza che tutti noi creiamo con il nostro lavoro. E’ quello che viene ormai universalmente riconosciuto, confrontato, analizzato e monitorato, di questa “corsa in avanti” che non si sa ancora bene dove ci porterà.
Ma c’è qualcosa che, nonostante gli sforzi e le analisi degli esperti, il PIL non misura. Qualcosa che è “emerso” solo negli ultimi anni grazie alla crescita esponenziale di tutto ciò che è digitale e che, soprattutto, viene consumato a titolo gratuito.
Si, perché è ormai chiaro che il PIL non dà la vera indicazione del valore di ciò che produciamo dato che non include tutta una serie di beni e servizi che semplicemente non vengono calcolati.
Eppure è diventato urgente comprendere meglio la reale dimensione dell’economia in cui ci stiamo evolvendo, ora come non mai. E molti studiosi ci stanno lavorando. Uno di questi è il già noto economista del MIT Erik Brynjolfsson che, insieme ad altri suoi colleghi, ha pensato ad un nuovo PIL, il PIL-B. Un indicatore che tenga conto di tutto ciò che non paghiamo ma che ha un enorme valore: le mappe on line che usiamo per orientarci, Wikipedia, i corsi gratuiti online delle migliori università al mondo, i social, il servizio di posta elettronica…gli articoli che leggiamo sul blog di Beppe Grillo!
In un’altra ricerca – sempre a firma di Erik Brynjolfsson – è emerso, infatti, che è possibile misurare il valore dell’utilizzo di Facebook, ad esempio, chiedendo alle persone quanti soldi sarebbero disposti a ricevere in cambio della rinuncia alla piattaforma social più nota al mondo. Ebbene sembra che il “valore virtuale” di FB, in media, fosse di 50 dollari al mese. In altre parole, le persone avrebbero “venduto” il loro accesso a Facebook in cambio di questa cifra minima. I ricercatori hanno anche stimato quanto una persona, in media, valuta l’uso di un anno di posta elettronica gratuita (8.400 dollari), mappe digitali (3.600 dollari) e siti di e-commerce come Amazon (840 dollari).
Secondo Brynjolfsson – intervistato dalla rivista on line Quartz – gli economisti dovrebbero capire che il PIL non misura il benessere di una nazione. Molti beni digitali come la musica on line o Wikipedia hanno un prezzo pari a zero e, per definizione, se qualcosa ha un prezzo pari a zero, non viene inclusa nel PIL. È come se non esistesse.
Perciò è necessario trovare un approccio alternativo per rispondere alle domande ormai diventate “pane quotidiano” nelle discussioni e nei dibattiti politici: come va il PIL? Cresce o diminuisce rispetto all’anno precedente? Le politiche economiche stanno andando nella giusta direzione? Tutte le innovazioni tecnologiche che le aziende stanno sviluppando ci stanno aiutando?
Il PIL – dice Brynjolfsson – è utilizzato perché è un sistema pratico e semplice da usare per gli economisti e perché sembra misurare in maniera efficace la ricchezza di una nazione.
Peccato che in questa misura non rientrino i beni digitali che non hanno un prezzo. Quindi, se le persone che consultano Wikipedia raddoppiano da un anno all’altro, o se gli articoli sulla enciclopedia gratuita on line raddoppiano, questo non ha alcun impatto sul PIL perché misura solo quello che spendiamo. Il PIL-B, invece, misura i benefici che otteniamo da qualche cosa, anche quando non spendiamo nulla per averla.
La “B” sta, appunto, per “benefici”.
Quando si usa uno smartphone – spiega Brynjolfsson – la maggior parte del valore proviene da tutto il software e dalle app che vi sono installate. Il PIL, da parte sua, misura solo il costo dell’hardware, anche se un telefono oggi ha molto più valore di un cellulare di 10 anni fa. Se non si include l’ecosistema delle app nella misurazione, tutto viene distorto, sottostimato.
E la stessa cosa vale per i beni pubblici come i servizi sanitari o i parchi. Beni molto preziosi, ma i cui benefici non sono adeguatamente calcolati in termini di PIL. Se tutto ciò non viene misurato, le persone lo considerano di valore zero.
Ma come viene calcolato il PIL-B?
In maniera diretta. Vengono fatti centinaia di migliaia di esperimenti sul processo di scelta online. Si chiede alle persone: “preferiresti rinunciare per un mese alla musica online o a Facebook? A Wikipedia o a Twitter?” E così via. In questo modo si ottiene una classifica del valore di tutti questi beni.
Se il beneficio “B” portato da Facebook fosse stato incluso nel calcolo del PIL USA del 2004 – sempre secondo quanto è emerso dalla ricerca di Brynjolfsson -, questo sarebbe stato più alto di una percentuale stimata tra lo 0,05 e lo 0,11.
Grazie al PIL-B potremo avere un’idea molto più realistica di ciò che crea valore nella società e cosa no. Molti beni digitali danno oggi un enorme valore mai misurato prima. E questo potrà cambiare il modo in cui si pianificano gli investimenti nelle infrastrutture per le telecomunicazioni e nell’educazione digitale. Inoltre, grazie al fatto che vengono inclusi nella misurazione del PIL anche i beni pubblici, si incomincerà a investire tempo, energia e risorse in quello che davvero ci fa stare meglio e non solo in beni materiali.
Questa nuova visione della realtà potrà modificare il giudizio su alcune condizioni di disuguaglianza che in realtà potrebbero non essere così negative come sembra perché i beni digitali gratuiti forniscono comunque un valore economico senza alcun costo da parte di chi ne usufruisce. Altri tipi di disuguaglianza potrebbero invece risultare più gravi. Alcune politiche potrebbero avere effetti positivi o negativi in modi che non avevamo mai tenuto in considerazione prima. Si potrà identificare meglio coloro che ne stanno beneficiando e chi no, e su come stiamo allocando le nostre risorse a beneficio di quante più persone possibile.
Una ricerca, quella di Erik Brynjolfsson, che si inserisce in un filone di analisi e di studi portati avanti da personaggi del calibro di Mariana Mazzucato, l’economista italo-americana che, nel suo recente libro, Il Valore di Tutto, ci spiega come l’economia moderna considera solo quelle attività che estraggono il valore più che crearlo e dimostra come determinati attori di questa economia che si spacciano per creatori di valore, in realtà lo stanno semplicemente spostando in un circolo vizioso e senza senso o, peggio ancora, lo stanno addirittura distruggendo. La Mazzucato, poi, sostiene che la nozione di valore, divenuta ormai opaca, crea confusione tra rendite e profitti, una differenza che distorce le misure di crescita e del PIL. In sintesi: per salvare la nostra economia dalla prossima, inevitabile crisi, e per promuovere la crescita economica a lungo termine, dovremo ripensare il capitalismo, ripensare il ruolo della politica e l’importanza del settore pubblico e ridefinire il modo in cui misurare il valore nella nostra società.
E’ arrivato il momento di abbracciare una visione più ampia e “olistica” della ricchezza che viene prodotta da noi esseri umani e ascoltare la voci sagge e lungimirati di quegli economisti, come Erik Brynjolfsson o Mariana Mazzucato, che hanno un approccio diverso, più umano, alla cosiddetta “scienza triste”.
E, per concludere, una citazione della filosofa di origine tedesca naturalizzata americana Hannah Arendt a proposito del progresso: “La legge del progresso sostiene che tutto oggi deve essere migliore di quello che c’era ieri. Ma è chiaro che, se si desidera sempre di meglio, di meglio e ancora di meglio, si perde di vista ciò che per noi è bene. Ciò che va bene non viene nemmeno più misurato.”
L’AUTORE
Valentina Petricciuolo – Laurea in Economia, specializzazione in commercio internazionale e promozione delle imprese italiane all’estero. Responsabile dello sviluppo e supporto delle aziende australiane in Italia presso il Consolato Generale di Milano. Trade Relations Officer per UK Trade and Investment presso l’Ambasciata Britannica a Roma. Crowdfunder e micro Business Angel attiva sulle piattaforme europee e statunitensi. Attualmente funzionario dell’Istituto per il Commercio Estero (Agenzia ICE) di Roma e responsabile, dal 2005 al 2010, del Desk Attrazione Investimenti esteri della sede di New York. Master in trasferimento tecnologico e open innovation del Politecnico di Milano (2014) e membro dal 2014 al 2017 del panel europeo dei valutatori di progetti Proof of Concept per la valorizzazione della ricerca scientifica dello European Research Council. Autrice del blog La Curiosità è la Bussola su innovazione, imprenditorialità, valorizzazione della ricerca scientifica, crowdfunding, nuove dinamiche del lavoro, reddito di base universale, crescita personale e libertà finanziaria, blockchain e criptovalute. http://valentinapetricciuolo.it