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Sommario della puntata:
Presidente, e le stragi di mafia?
Spatuzza: l’ultimo tassello di un mosaico già iniziato
Quando Berlusconi e Dell’Utri incontravano il capo di Cosa Nostra
Gli interessi convergenti di Bontate e Berlusconi
Testo:
Buongiorno a tutti. Tra un paio di giorni è lanniversario della strage di Piazza Fontana (1969), siamo a 40 anni. Il Presidente Napolitano giustamente ha detto che la strage di Piazza Fontana ci consegna una lezione che non dobbiamo mai dimenticare: ci insegna che dobbiamo evitare che in Italia i contrasti e le legittime divergenze possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile e aggiunge che ci sono ancora dei punti oscuri sulla strage di Piazza Fontana di 40 anni fa. E sottinteso, mi pare, che bisogni indagare e illuminare quei punti oscuri che caratterizzano quasi tutte le stragi politico /terroristiche e politico /mafiose, ci sarebbero anche stragi più recenti sulle quali non solo ci sono molti punti oscuri, ma cè, in questi giorni e in questi mesi, la possibilità di illuminarli e sono le stragi di mafia del 1992/1993.
Penso che sia una fortuna che nuovi personaggi che furono direttamente o indirettamente protagonisti di quella stagione la stiano raccontando: da Ciancimino Junior a Spatuzza e invece, a parte credo Gianfranco Fini, a nessuno è venuto in mente di dire che è cosa buona e giusta, che è un momento di grande ottimismo quello nel quale nuove voci si aggiungono a racconti parziali e, in certi casi, nebulosi su quelle stragi. Mi piacerebbe – speriamo – che il Presidente della Repubblica si ricordasse che sta venendo fuori parecchia roba nuova sulle stragi del 92 /93 e che bisogna continuare a indagare, cercando di verificare se i racconti di Ciancimino, di Spatuzza e di altri sono attendibili o meno, ma in ogni caso dobbiamo essere felici che si aprano nuovi squarci nel muro di gomma, nella cortina di gomma che ha avvolto quei fatti. Mi pare che invece la classe politica sia letteralmente terrorizzata dallemergere di nuovi particolari che possono aiutarci a fare quel salto di qualità, cioè a raggiungere, finalmente, i nomi e i volti di quei mandanti a volto coperto che tutti sappiamo esserci e che le sentenze dicono esserci e che non sono ancora stati individuati, assicurati alla giustizia e puniti. Non solo cè disinteresse, ma cè addirittura un interesse convergente a che queste nuove voci vengano silenziate e queste nuove bocche vengano ricucite frettolosamente.
Chi di voi ha sentito Giancarlo Caselli ieri sera parlare a Che Tempo Che Fa da Fabio Fazio, ha sentito dire una cosa che, in teoria, sarebbe ovvia, ma che in realtà è quasi rivoluzionaria, ovvero che se è vero che bisogna cercare i riscontri alle parole del pentito Spatuzza, non si può dare per scontato in partenza che Spatuzza menta: bisogna essere laici, non prevenuti né in un senso né nellaltro. Aggiungo io, che non faccio il magistrato e che quindi non sono tenuto alle doverose prudenze di un magistrato, che è molto più probabile che Spatuzza dica la verità, anziché che menta: per quale motivo? Cercherò di spiegarlo oggi, perché intanto Spatuzza è già stato ritenuto attendibile dai magistrati di Caltanissetta, che hanno preso la decisione di rivedere il processo per la strage di Via DAmelio. Guardate che, quando si rivede un processo che è già arrivato a una sentenza definitiva, passata in giudicato, ossia quando si rimette in discussione una sentenza della Corte di Cassazione beh, significa che gli elementi a disposizione sono notevoli, perché altrimenti un magistrato non rinnegherebbe ciò che ha fatto il suo ufficio, non lo rimetterebbe in discussione; sapete che, per la strage di Via DAmelio, sono stati condannati dei boss come mandanti diretti e dei killers come esecutori materiali, i quali, almeno non tutti, risulterebbero colpevoli, anche se sono già stati condannati a vari ergastoli per quella strage: perché? Perché Spatuzza ha detto quelle cose le ho fatte io e non le hanno fatte altri mafiosi pentiti che se le erano accollate, a cominciare da Scarantino, Scandura e altri, quindi il problema qui è duplice: capire chi imbeccò quei due pentiti per costringerli addirittura a prendersi la colpa di una strage come quella di Via DAmelio, che non era la loro, ci viene sempre detto che il pentito cerca di scaricare su altri, ma stiamo parlando di autocalunnia, ci sono persone che si sono accusate di aver fatto una strage che non hanno fatto, chi le ha imbeccate, chi le ha costrette? Perché immagino che soltanto con una costrizione drammatica si possa convincere uno che non ha fatto la strage Borsellino a dire sì, Borsellino e gli uomini della scorta li ho ammazzati io e questo è il primo punto. Il secondo punto è che Spatuzza dice quella strage lho fatta io e quindi, oltre a aver sciolto un bambino nellacido e a aver fatto unaltra trentina o quarantina di omicidi, ho fatto pure la strage di Via DAmelio e, secondo i magistrati della Procura di Caltanissetta, è vero e conseguentemente la sentenza, nella quale non cè Spatuzza tra i condannati come esecutori materiali, ma ci sono altri, va rivista, rifacendo il processo con un meccanismo di revisione, per fare condannare Spatuzza e scagionare quelli che non centrano. Capite che questo è un poderoso elemento a favore della credibilità di quello che dice Spatuzza, perché questultimo non è soltanto un orecchiante che racconta cose che ha sentito dire su altri, quali Berlusconi, DellUtri etc., ma è uno che intanto ti dice la strage lho fatta io e di lì parte, non parte da Berlusconi o da DellUtri, parte da sé stesso e è su questo sé stesso, è su queste accuse a sé stesso che viene intanto giudicata la sua attendibilità, che non è certamente stata giudicata tale a cuor leggero perché, ripeto, prima di autosmentirsi la magistratura ci pensa due volte, deve avere degli elementi nuovi e veramente robusti. Naturalmente può essere che Spatuzza dica la verità quando accusa sé stesso della strage di Via DAmelio e che invece menta quando dice certe cose su Berlusconi e su DellUtri: perché è più probabile che dica la verità su Berlusconi e su DellUtri, anziché che menta su di loro? Per la semplice ragione che Spatuzza non è il primo mafioso pentito a parlare dei rapporti tra la mafia, Berlusconi e DellUtri, ce ne sono decine che ne hanno già parlato nel corso degli anni, subito dopo le stragi saltarono fuori dei mafiosi che parlavano dei rapporti con Berlusconi e DellUtri, durati proprio fino ai giorni delle stragi. Il primo fu Salvatore Cancemi, che non era uno Spatuzza qualsiasi, non era un killer, era un membro della cupola, era uno dei capi di Cosa Nostra e raccontò che Riina parlava di coperture da parte di persone importanti per le stragi e che quelle persone importanti erano DellUtri e Berlusconi e, per quella ragione, insieme a molti altri collaboratori di giustizia che raccontavano trenta anni di rapporti tra il gruppo Berlusconi/ DellUtri e la mafia, furono aperte indagini per concorso in strage, furono aperte indagini per mafia, per riciclaggio che poi finirono tutte archiviate non perché si fosse trovata la prova che non era vero, ma perché non si erano trovate abbastanza prove del fatto che fosse vero: non tutto quello che dicono i pentiti può essere riscontrato, visto che sono passati anni rispetto ai fatti che raccontano, ma non è che se una cosa non è riscontrata allora è falsa, una cosa può essere vera ma non essere riscontrata e quindi il giudice non la può utilizzare nel processo; oppure una cosa può essere vera e riscontrata, ma non sufficiente per portare a giudizio una persona sulla base di quelle accuse che sono ritenute troppo friabili. Archiviazione vuole dire proprio questo e i giudici lo scrissero: non abbiamo più tempo per indagare, perché sono scaduti i termini dellindagine preliminare. Arrivati alla fine di questindagine non abbiamo elementi sufficienti per portare questi signori a processo, ma per esempio la Procura di Firenze scrisse che gli elementi a carico nel corso delle indagini avevano aumentato la loro plausibilità, ossia era molto plausibile che quelle accuse fossero vere, stiamo parlando delle stragi del 93, Milano, Roma e Firenze, ma ancora non sufficienti per giustificare un rinvio a giudizio, archiviazione significa mettiamo in freezer e vediamo se, nel frattempo, arrivano elementi nuovi, riapriamo lindagine e è proprio quello che probabilmente hanno fatto o stanno per fare i magistrati di Firenze e di Milano, che lavorano sulle stragi del 93 e i magistrati di Caltanissetta, che lavorano sulle stragi del 92.
Spatuzza non è un caso isolato, non è un fulmine a ciel sereno, dice oddio, cè un mafioso che racconta che Berlusconi e DellUtri avevano rapporti con la mafia anche nel periodo delle stragi, chi lavrebbe mai detto?!, assolutamente no, Spatuzza è lultimo francobollino in un mosaico già pieno di tessere riempite, DellUtri è stato condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa dal Tribunale di Palermo nel 2004, quando Spatuzza ancora non parlava: segno evidente che cera già un sacco di roba su DellUtri. Spatuzza fornisce altri particolari molto utili, in quanto Spatuzza era il braccio destro dei Graviano, che sono quelli che materialmente si sono occupati della strage di Via DAmelio e delle stragi del 93 e che, guarda caso, abbandonarono Palermo e si trasferirono in pianta stabile a Milano, dove avevano dei grossi investimenti e, quando leggevano Il Corriere della Sera o, scusate, Il Sole 24 Ore per seguire i listini di borsa, erano molto attenti allandamento delle azioni del gruppo Berlusconi. E poi va beh, cè il famoso racconto che è tutto da riscontrare, di Spatuzza che incontra al Bar Doney di Via Veneto i Graviano i quali, alla fine del 93 inizio del 94, gli dicono siamo a posto, erano felici, dice Spatuzza, ci siamo messi il Paese nelle mani grazie a quello di Canale Cinque e al nostro compaesano che, secondo Spatuzza, sono rispettivamente Silvio Berlusconi e Marcello DellUtri. Queste sono le cose che vanno riscontrate, insieme a una serie di altri particolari: particolari che Spatuzza non lesina, avete sentito con quale precisione meticolosa racconta come era formato lesplosivo che doveva fare detonare lautobomba allo Stadio Olimpico nel gennaio del 94, quando invece la bomba non funzionò la prima volta e la seconda volta fu poi annullata, in coincidenza con la discesa in campo del Cavaliere.
Il gioco che sta facendo linformazione, quella robaccia che chiamiamo informazione e che vedete a reti unificate in televisione, che leggete sulla stragrande maggioranza dei giorni, è proprio questo, è leffetto vuoto: non hanno mai voluto parlare del processo DellUtri, la sentenza DellUtri è un oggetto misterioso, nessuno la conosce, salvo quelli che hanno letto qualche libo per altro fatto da Gomez e da me: non lo dico per vantarmi, ma è semplicemente un dato di cronaca. Non so quali altri libri contengano amplissimi stralci della sentenza DellUtri, non mi ricordo, non mi pare che i giornali gli abbiano dedicato grande spazio, quando uscirono le motivazioni nel luglio del 2005. Su Il Fatto Quotidiano nei prossimi giorni regaleremo un inserto con gli estratti principali della sentenza DellUtri: uno la legge e dice cavolo, ma qui cè ben di più di quello che dice Spatuzza!. I giudici del Tribunale di Palermo hanno scritto cose infinitamente più pesanti di quelle che ha detto il pentito Spatuzza, soltanto che non hanno avuto eco: perché non hanno avuto eco? Perché un conto è una cosa scritta da un Tribunale, per cui quando uno la legge dice beh, cavolo, non è definitiva questa sentenza, però intanto lhanno scritta tre giudici del Tribunale di Palermo, uno dei quali è Leonardo Guarnotta, Presidente del collegio, che era il braccio destro di Falcone e Borsellino dentro il pool dellufficio istruzione di Palermo, non stiamo parlando di una toga rossa sfegatata o di un giudice improvvisato, stiamo parlando del pool di Falcone, di uno dei pochi superstiti del pool di Chinnici e poi di Caponnetto. Se uno la legge leffetto è drammatico, i giudici del Tribunale di Palermo scrivono che DellUtri è organicamente inserito in un contesto mafioso da trenta anni, se invece uno legge Spatuzza va beh, gli si può sempre raccontare sì, ma questo ha sciolto i bambini nellacido, ha fatto le.. non possiamo mica fidarci di lui, quando parla di Berlusconi e di DellUtri, invece dobbiamo fidarci di lui quando dice che ha fatto lui la strage, perché nessuno potrebbe mai teorizzare va beh, ci sono alcuni condannati allergastolo che con la strage non centrano niente, sono stati condannati per quella strage, sono in galera per una strage che non hanno fatto, ma poiché sono passati troppi anni lasciamo perdere, perché altrimenti Spatuzza poi ha ragione e, se gli diamo ragione su una cosa, diventa più difficile dargliela anche sullaltra, è questo il garantismo? Tenere in galera allergastolo persone che non hanno fatto la strage e che sono state condannate per sbaglio per una strage e non riaprire il processo, soltanto perché la colpa se la prende Spatuzza? Possiamo tagliare i pentiti a metà, come faceva Silvan con le donne? Il pentito tagliato a metà: dalla cintola in giù va bene, dalla cintola in su non va bene? E questo che si vuole?! Se leggete i giornali, è esattamente questo che si vuole: nessuno mette in dubbio Spatuzza quando racconta per filo e per segno la storia della macchina, del blocco motore, dellautobomba di Via DAmelio, quello nessuno lha mai messo in discussione, su quello nessuno chiede riscontri, super riscontri etc., sul resto non solo si chiedono riscontri, che sarebbero giusti, ma si dice minchiate: è il titolo dellaltro giorno di Feltri e di Belpietro su Il Giornale e su Libero, gli house organ, e è la stessa parola usata da DellUtri, minchiate. Si dice che Spatuzza, quando parla della strage, parla di una cosa che ha fatto lui e quindi ci possiamo fidare, quando parla invece dellincontro del bar, ammesso e non concesso che ci sia stato lincontro del bar, comunque lui riferisce una cosa che gli hanno detto i Graviano. A parte che è abbastanza probabile che il killer prediletto dai Graviano parlasse con i Graviano, che stavano, in quel periodo, tra Roma, Milano, Venezia e la Costa Smeralda, Porto Rotondo casualmente, ma il de relato creerebbe un problema, dice glielo hanno detto quelli lì e allora andiamo a vedere nella sentenza di DellUtri se cè qualche mafioso che racconta una cosa che ha visto e ha fatto lui con i suoi occhi. Sì, ce ne sono parecchie: a parte il fatto che nel processo DellUtri, questultimo non è stato condannato per la parola dei pentiti, si potrebbero anche prendere i pentiti e espungerli da quel processo e la sentenza reggerebbe lo stesso, perché si regge anche su elementi oggettivi, come il libro mastro trovato nel covo della famiglia di San Lorenzo a Palermo, la famiglia mafiosa di San Lorenzo, con scritta una cifra e vicino Canale Cinque, un versamento che la Fininvest faceva per le antenne di Canale Cinque nel quartiere di San Lorenzo alla mafia; hanno trovato le agende di DellUtri, nelle quali risultavano appuntamenti a Milano con Mangano dopo le stragi, quando Mangano era capo della famiglia di Porta Nuova, che oggi sappiamo da Spatuzza essere lalleata prediletta dei Graviano, che stavano facendo le trattative. Ci sono intercettazioni telefoniche del boss Guttadauro, che parla degli accordi presi da DellUtri con un capomafia che si chiama Gioacchino Capizzi, parliamo di intercettazioni registrate, ma troverete tutto nella sentenza che pubblichiamo su Il Fatto Quotidiano, intercettazioni in unautoscuola con gli uomini di Provenzano dentro una macchina dellautoscuola, che parlano delle elezioni europee del 99 e dicono dobbiamo sostenere DellUtri, altrimenti i giudici lo fottono, cioè lo dobbiamo mandare al Parlamento Europeo, altrimenti lo arrestano.
Abbiamo degli elementi oggettivi che non centrano niente con la parola dei pentiti che va e che viene, ma dato che lepisodio ci racconta come è iniziata questa lunga trentennale storia di rapporti con la mafia, è interessante sentirlo raccontare dal diretto interessato, dal testimone oculare, da quello che partecipava a quellepisodio, perché siamo intorno al 1974, quando Vittorio Mangano viene assunto come fattore, amministratore soprastante, si dice da quelle parti, della villa di Arcore, prelevato in Sicilia da DellUtri e portato a Milano, segnalato da Gaetano Cinà, che è considerato un mafioso della famiglia dei Malaspina e che è, guarda caso, uno dei migliori amici di DellUtri e, prima che Mangano venga assunto da Berlusconi nella sua villa, cè un incontro a Foro Bonaparte negli uffici della Edilnord di Berlusconi, tra i capi della Fininvest, dellEdilnord e i capi della mafia, che allepoca erano Stefano Bontate e Mimmo Teresi e cera pure Francesco Di Carlo. Questincontro non è così un vaneggiamento, è un incontro al quale Di Carlo partecipa, lo racconta con particolari molto vividi e molto precisi e i giudici del Tribunale di Palermo ritengono che quellincontro ci sia stato e è lì che inizia tutto. Questo piccolo brano della sentenza sarebbe bene conoscerlo e tenerlo sempre presente in questi giorni, quando si sente dire uh, uh, figuriamoci Spatuzza!, se uno mette insieme questa storia come è cominciata e il racconto di Spatuzza, che ci dice come è finita, ammesso che sia finita, perché forse non è finita, sapete che regna il terrore a Roma e a Arcore che si pentano i fratelli Graviano, che sono quelli che hanno fatto le stragi, ma sono anche quelli che nel 2004 dicono a Spatuzza in carcere o qui ci danno qualcosa – cioè ci alleviano un po questo regime carcerario – o sennò bisognerà andare a parlare con i magistrati di questi signori che hanno preso impegni e non li hanno mantenuti!, il clima è lo stesso che precedette lomicidio di Salvo Lima, quello che nella Prima Repubblica faceva le promesse e, a un certo punto, non è più riuscito a mantenerle. Spatuzza ha iniziato a parlare, i Graviano no, ma si teme che quel no sia un non ancora e allora è interessante vedere come è iniziata e abbiamo la fortuna di avere un testimone oculare di come è iniziata, già riscontrato dal Tribunale di Palermo: Francesco Di Carlo, il boss dei due mondi, il capo della mafia di Altofonte, quello che è stato tra laltro accusato – poi il processo per il momento non ha portato alle condanne – di avere addirittura impiccato Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri. Dicono i giudici che già nei primi anni 70 – sentenza DellUtri dicembre 2004 – la mafia era sbarcata a Milano, organizzando – scrivono – numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione, in relazione ai quali si deve univocamente intendere la funzione di garanzia e protezione che Mangano era chiamato a svolgere a tutela della sicurezza del suo datore di lavoro e dei suoi più stretti familiari. Berlusconi ha paura dei sequestri, invece di rivolgersi ai Carabinieri si rivolge direttamente a quelli che i sequestri li facevano, ossia i mafiosi in trasferta a Milano. Gaetano Cinà, detto Tanino, svolgeva tra la mafia a Palermo e a Milano – scrivono i giudici – un ruolo di intermediazione, come dimostra un episodio cardine: lincontro di Berlusconi con Stefano Bontate, non il presunto incontro: i giudici di Palermo nella sentenza di DellUtri scrivono lincontro di Berlusconi con Stefano Bontate, capo supremo della mafia in quel periodo, fino al 1980 /81, quando poi ci fu la guerra di mafia i corleonesi sterminarono gli uomini di Bontate, Teresi, Inzerillo etc..
Lincontro di Berlusconi con Stefano Bontate, organizzato proprio per linterposizione degli odierni imputati, Cinà e DellUtri, sul quale ha riferito Di Carlo Francesco allinizio della sua collaborazione: nel 1976 Francesco Di Carlo diventa il capo della famiglia mafiosa di Altofonte, lo rimane fino alla fine degli anni 70, poi viene ricercato, si dà alla latitanza e, nel 1985, viene arrestato in Inghilterra per un grande traffico internazionale di droga e viene condannato a 25 anni dalla magistratura inglese. Nel 1996, tredici anni fa, inizia a collaborare con la magistratura. Di Carlo – scrivono i giudici – ha riferito dei buoni rapporti di amicizia intrattenuti nel tempo con Cinà. Tramite Cinà aveva avuto modo di conoscere DellUtri, presentatogli amichevolmente dal Cinà nei primi anni 70, in un bar vicino al negozio gestito dallo stesso Cinà, il quale a Palermo aveva una lavanderia e un negozio di articoli sportivi in Via Archimede. A breve distanza dalla sua presentazione a DellUtri, il collaborante Di Carlo aveva incontrato a Palermo il Cinà, mentre questi – Cinà – era in compagnia di Stefano Bontate e Mimmo Teresi, il numero uno e il numero due della mafia. Dovendo tutti recarsi a Milano nei giorni successivi, proposero di incontrarsi nella città lombarda e si diedero appuntamento negli uffici che Ugo Martello – che era un uomo delle cosche che risiedeva a Milano – aveva in Via Larga, nei pressi del duomo di Milano. Dopo aver pranzato insieme al ristorante vicino al duomo di Milano – quindi partono i mafiosi, vanno a Milano – a Di Carlo venne proposto di accompagnarli a un incontro che avrebbero avuto di lì a poco con un industriale, tale Silvio Berlusconi e con DellUtri e ecco lincontro. DellUtri li accolse in questufficio – Edilnord, Foro Bonaparte- e li condusse in una sala dove attesero larrivo di Berlusconi, con il quale cominciarono poi a parlare di edilizia, non so se vi è chiaro, Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo, i capi della mafia, vanno a Foro Bonaparte, sede dellEdilnord, vengono accolti da Marcello DellUtri e, a un certo punto, arriva Silvio Berlusconi e si tiene questo vertice tra i capi della mafia e i capi della Edilnord, uno dei quali oggi è il nostro Presidente del Consiglio e laltro è un parlamentare della Repubblica Italiana.
Dice Di Carlo, ricordando perfettamente quellincontro – vedrete i particolari – a venirci incontro è stato proprio DellUtri e ci ha salutati: una stretta di mano, con Tannino Cinà si è baciato, con gli altri si è baciato, con me no, conosceva gli altri, Di Carlo lo conosceva meno, il bacio è il saluto che si fa tra mafiosi o amici dei mafiosi. Pensate se oggi Spatuzza dicesse di aver visto DellUtri baciare qualche mafioso: scandalo, orrore, direbbe ah, ah, ricominciano con il bacio!. Bene, qui cè già un incontro, nel 74, con baci e ribaci, riscontrato dai giudici del Tribunale di Palermo; con Grado- cera anche Nino Grado, un altro mafioso che lavorava a Milano e era proprio un grande incontro, un summit- che si conosceva bene, hanno avuto battute di scherzo, si è baciato (DellUtri) anche con Stefano Bontate, il capo della mafia. Dopo un quarto dora è spuntato questo signore sui 30 anni e rotti e hanno presentato il Dott. Berlusconi a tutti, arriva un giovane Berlusconi, certo non era quello di adesso senza capelli, aveva i capelli, era un castano chiaro, maglioncino a girocollo, una camicia sotto, un pantalone jeans , sportivo era comunque, dice Di Carlo, tantè che alla fine Cinà disse stamattina hanno fatto unora come le donne a truccarsi, a pitturarsi: Bontate e Teresi sembrava.. chi dovevano incontrare? E quello è venuto in jeans e maglioncino, loro si erano messi tutti in tiro da cerimonia e arriva Berlusconi sportivo. Ci hanno offerto il caffè – è sempre Di Carlo che racconta – e, quando arriva Berlusconi, cominciano a parlare di cose più serie: lavoro, ognuno che attività faceva, Teresi stava facendo due palazzi a Palermo, lei, dottore, sta facendo una città intera, Milano 2 e lui non cè molta differenza tra organizzare unamministrazione, curarne due o curarne venti, Berlusconi ha fatto dieci o venti minuti di parlare, ci ha dato una lezione economica e amministrativa – i soliti pipponi che attacca Berlusconi in questi casi – perché aveva in costruzione una città 2, come chiamavano Milano 2. I giudici proseguono: durante lincontro venne affrontato anche il discorso della garanzia, cioè di Mangano che diventava la garanzia di Berlusconi contro possibili attività mafiose nei suoi confronti, e bisogna anche vedere in cambio che cosa fornisce il Cavaliere – in cambio di quella garanzia – Bontate rassicurò il suo interlocutore (Berlusconi), valorizzando la presenza al suo fianco di DellUtri e garantendo il prossimo invio di qualcuno, qui non cè ancora Mangano presente, non hanno ancora designato Mangano come garanzia dentro la casa di Berlusconi per conto della mafia. Racconta ancora Di Carlo: a Milano succedevano un sacco di rapimenti perché, quando cera Liggio fuori (Luciano Liggio), quello aveva intenzione di portarsi tutti i soldi del nord a Corleone, grassava gli imprenditori sequestrandoli, prendendo il riscatto e portando giù i loro soldi. Aveva ragione Berlusconi a essere preoccupato: hanno parlato che lui aveva dei bambini, dei familiari, che non stava tranquillo e avrebbe voluto una garanzia. Berlusconi ha detto a Stefano (Bontate): Marcello mi ha detto che lei può garantirmi questo e altro (Marcello è DellUtri) e allora Stefano Bontate ha detto lei può stare tranquillo, se dico io che può stare tranquillo deve dormire tranquillo- eh, sono il capo della mafia!- lei avrà persone molto vicine che, qualsiasi cosa lei chiede, avrà fatta e lei rassicurandolo: lei avrà persone molto vicine che, qualsiasi cosa lei chiede, avrà fatto.
Poi ha un Marcello qua vicino, gli dice Bontate, cè DellUtri qua vicino a lei, per qualsiasi cosa si rivolge a Marcello, Marcello dei nostri e dei suoi contemporaneamente, no? Quindi più sicuro di così.., perché Marcello è molto vicino a noi altri, dice Stefano Bontate a Silvio Berlusconi, noi di Cosa Nostra prima minacciavamo e poi ci andavano a fare la garanzia, dice Di Carlo. La mafia che fa? Ti minaccia e poi ti dice ti garantisco io contro le mie stesse minacce, è la tipica estorsione. Era una cosa normale in Cosa Nostra, altrimenti che bisogno ha uno di chiedere – di chiedere protezione – se la sua incolumità non è messa in dubbio?. Dunque, scrivono i giudici, ci fu una richiesta di protezione al Bontate e Berlusconi chiede di essere protetto da Bontate, ma Bontate fece una proposta a Berlusconi a conferma delle aspettative che il capo di Cosa Nostra riponeva in questo primo contatto, avevano agganciato un grosso palazzinaro del nord che stava costruendo unintera città, grazie a DellUtri e a Cinà che li avevano messi in contatto. Di Carlo dice, nellinterrogatorio al processo, Bontate ci ha detto – a Berlusconi – ma perché non viene a costruire a Palermo, in Sicilia? e Berlusconi che cosa gli risponde? Con una battuta, un sorriso sornione, ma come? Debbo venire proprio in Sicilia? Ma come? Qua con i meridionali e i silicani ho problemi qua e debbo venire là? e Stefano Bontate ci ha detto ma lei è il padrone quando viene là, siamo a disposizione per qualsiasi cosa, Berlusconi, anche lui, alla fine, ci ha detto che era a disposizione per qualsiasi cosa: quello che serve a voi ve lo do io, quello che serve a me, me lo date voi, questo è il rapporto.
Berlusconi alla fine ci ha detto che era a disposizione per qualsiasi cosa anche lui: lo dicevano a Marcello, quello che dovevano chiedere lo chiedevano a Marcello, Marcello lo chiedeva a lui e lui faceva. Bontate ebbe una buonissima impressione e dice Cosa Nostra dobbiamo incominciare a farla ingrandire, un giorno cominciamo a combinare – cioè a affiliare alla mafia – gente fuori dalla Sicilia, perché ce ne sono tanti che discutono meglio dei siciliani, vuole addirittura affiliare gente non siciliana alla mafia, gli sono piaciuti questi contatti con questo milanesino sportivo. Quello che accade subito dopo lo ricostruisce il Tribunale e dice che il racconto di Di Carlo è nitido, preciso e pienamente compatibile con il resto delle emergenze processuali, quindi i riscontri ci sono.
Una volta usciti dagli uffici, Cinà si era rivolto a Teresi e a Bontate e, facendo riferimento alla persona che avrebbe potuto essere mandata a Arcore, fece il nome di Mangano Vittorio, conosciuto dallo stesso Di Carlo come un uomo donore della famiglia di Porta Nuova, in quegli anni aggregata al mandamento di Stefano Bontate, in quel periodo Mangano era un uomo di Bontate. Di Carlo ha riferito che Cinà, rispondendo a una sua domanda.. dice, Di Carlo, mi ha detto (Cinà) che cera Vittorio Mangano, ci avevano messo vicino a Berlusconi, non certamente come stalliere, non offendiamo il signor Mangano, perché Cosa Nostra non pulisce stalle a nessuno, non fa lo stalliere a nessuno, Cosa Nostra ha un potere enorme e allora hanno messo a abitare lì a Milano, trafficava nello stesso tempo e si faceva la figura che Berlusconi aveva qualcuno vicino di Costa Nostra e Stefano laveva vicino. Berlusconi aveva vicino Mangano e Stefano aveva vicino Berlusconi. Di Carlo ha riferimento che in seguito, in relazione a questincontro milanese, Cinà gli aveva manifestato il suo imbarazzo, perché gli era stato detto di chiedere 100 milioni a Berlusconi. Intorno al 77 /78 – stiamo parlando di un periodo dove Mangano ormai non è più a Arcore, Mangano è a Arcore dal 74 al 76, poi se ne va a abitare in un albergo a Milano – Cinà aveva chiesto il suo interessamento (di Mangano), in quanto DellUtri si era nuovamente rivolto a lui per il problema relativo allinstallazione delle antenne per la diffusione del segnale televisivo, stavano riempiendo lItalia di antenne per Canale Cinque. Anche in quel caso le somme corrisposte a Cosa Nostra erano a titolo di garanzia.
Ora che Di Carlo dica la verità in merito allincontro milanese tra Bontate e Berlusconi, per i giudici lo dimostrano le dichiarazioni di altri collaboratori: Antonino Galliano racconta che Cinà gli disse tutto, dallincontro milanese tra Berlusconi e Bontate alla diretta corresponsione di somme di denaro in favore di Cosa Nostra, Berlusconi o la Fininvest, o qualcuno dei suoi, pagavano regolari somme a Cosa Nostra e infatti, come vi ho detto, in un libro mastro trovato nella sede della cosca di San Lorenzo a Palermo trovano una cifra con scritto vicino Canale Cinque, regalo, non era quindi il pizzo chiesto da Cosa Nostra, era un regalo che la Fininvest faceva ai mafiosi della cosca di San Lorenzo, dove sorgevano alcuni ripetitori.
Salvatore Cucuzza – un altro pentito – ha riferito confidenze ricevute da Mangano del tutto analoghe, anche sulle periodiche somme di denaro pari a 50 milioni di lire lanno, versate a Costa Nostra da Berlusconi e inizialmente ritirate da Mangano, delle quali parlano anche Francesco Scrima e Francesco La Marca, altri due pentiti, in ordine alle lamentele del Mangano per la mancata successiva percezione di queste somme, ogni tanto si dimenticavano di pagare. E poi cè il finanziere Rapisarda che racconta come Bontate riciclò i soldi delle cosche nelle aziende, nei cantieri e nelle televisioni di Berlusconi, ma questo è un altro capitolo. Immaginate se qualcuno avesse mai raccontato queste cose: oggi, a sentire Spatuzza, uno direbbe ma è acqua fresca rispetto a quello che cè!, invece purtroppo nessuno ha mai raccontato queste cose e, quando qualcuno ha osato raccontarle, è stato sbattuto fuori dalla televisione, come è successo a Luttazzi, come è successo a Biagi e come è successo a Michele Santoro. Abbiamo un lungo vuoto televisivo, grazie alleditto bulgaro, che fa sì che oggi si fatichi a recuperare il tempo perduto, ammesso che qualcuno lo voglia fare – giovedì sera a Annozero credo che parleremo di questi temi – e così, quando Spatuzza riprende quel filo, in realtà nessuno lo conosce quel filo e sembra un fulmine a ciel sereno, un fungo spuntato allimprovviso a dire delle cose assolutamente incredibili, mentre in realtà se le cose sono cominciate come vi ho letto, le cose che dice Spatuzza sono ampiamente credibili, la mafia aveva bisogno di qualcuno che prendesse il posto della Prima Repubblica, che stava ormai alla frutta.
Seguite Il Fatto Quotidiano, perché questa settimana daremo molte informazioni anche su questi temi, mi permetto di darvi due suggerimenti, anzi tre, visto che forse è un periodo in cui qualcuno pensa a che cosa regalare a Natale agli amici: naturalmente il primo regalo che vi suggerisco è un abbonamento da regalare agli amici a Il Fatto Quotidiano, magari al versione on- line oppure alla versione postale, se andate sul nostro sito abbiamo anche il nuovo blog antefatto.it, nuovo di zecca, con tutte le iniziative per gli abbonamenti natalizi, cè quello che vi ho già segnalato la settimana scorsa, il dvd Democrazya, che in realtà è impronunciabile perché cè crazy dentro a crazia, crazy vuole dire che siamo un Paese di pazzi, ovviamente questo è il diario politico di questanno, che è stato fatto con dei contributi filmati e il meglio, o almeno quello che ci è sembrato il meglio, di Passaparola, Democrazya 2009, trovate sul blog di Beppe e anche su voglio scendere tutte quante le istruzioni e poi vorrei iniziare una piccola abitudine, quella di segnalare dei libri di informazione che possono servire. Questa settimana vi segnalo Come funzionano i servizi segreti: dalla tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuro, è scritto da un grandissimo esperto di servizi che sta dalla parte giusta, naturalmente, e che è il professor Aldo Giannuli. Il libro è pubblicato da Ponte alle Grazie, Come funzionano i servizi segreti e poi, naturalmente, continuate a leggere Il Fatto Quotidiano. Passate parola.