Nel dicembre 2023, WIRED annunciò che Mark Zuckerberg aveva acquistato ampie aree dell’isola hawaiana Kauai.
Zuckerberg e sua moglie, Priscilla Chan, da allora stanno costruendo un gigantesco complesso – noto come Ko’olau Ranch – su questo terreno, il cui completamento molto probabilmente costerà oltre 260 milioni di dollari. La tenuta si estende su 5.500.000 metri quadrati, è circondata da un muro di due metri ed è pattugliata da numerose vigilantes che guidano quad sulle spiagge vicine. Centinaia di hawaiani locali lavorano nella proprietà di Zuckerberg. Ma esattamente quanti, e cosa effettivamente fanno, non si può sapere, per un accordo vincolante di non divulgazione. Il sottotitolo di WIRED si concentrava sul fatto che il Ko’olau Ranch di Zuckerberg includesse un progetto per un “enorme bunker sotterraneo”. Un dettaglio che suscita le domande e l’interesse di giornalisti e teorici della cospirazione. Ma un’altra parte dei progetti a Kauai meritano probabilmente l’attenzione: diversi palazzi di grandi dimensioni, con un campo da calcio ; almeno 11 case sugli alberi collegate da ponti di corda; macchinari dedicati alla depurazione, dissalazione e stoccaggio dell’acqua. Il tutto si evince dalle foto che Zuckerberg pubblica sui social. Il miliardario di Facebook pubblica contenuti “ riconoscibili ” su Instagram dal suo umile ranch, come una foto in cui sta per infilzare un enorme bistecca di manzo alla griglia. Zuckerberg informa i suoi seguaci che ora sta allevando il suo bestiame, nutrendolo con noci di macadamia coltivate nel ranch e ha anche birra prodotta lì. “Ogni mucca mangia 5.000-10.000 libbre di cibo ogni anno, quindi si tratta di un sacco di acri di alberi di macadamia”, scrive sui social. Questo tipo di presenza “con i piedi per terra” sui social media è in realtà un esempio di una nuova trasformazione nel capitalismo, in cui la logica del sé è indistinguibile dalla logica della società.
Altri piani di Zuckerberg e sua moglie includono la conservazione della fauna selvatica, il ripristino delle piante autoctone, coltivazioni biologiche di curcuma e zenzero e collaborazioni con esperti di conservazione a Kauai per preservare e proteggere la flora e la fauna autoctone. Queste attività avranno un impatto materiale molto maggiore su Kauai rispetto al bunker, non importa quante stanze possa avere.
E il fondatore di Facebook non è l’unico miliardario a costruire giganteschi complessi alle Hawaii. La famosa e ricchissima anchorwoman Oprah Winfrey ha acquistato una tenuta di 163 acri a Maui nel 2002 e da allora ha acquistato altri appezzamenti di terreno, per un totale di oltre 650.000 metri quadrati. Larry Ellison, co-fondatore della società tecnologica Oracle, ha acquistato quasi tutta l’isola hawaiana di Lanai nel 2012. Due anni fa, il miliardario Frank VanderSloot ha acquistato un ranch di 2.000 acri sempre alle Hawaii, appena a sud dei terreni di Zuckerberg.
Man mano che individui milionari si trasferiscono, le persone del luogo che già vivono su quelle terre vengono sempre più penalizzate o addirittura sfollate con la forza – uno sfortunato effetto collaterale dei complessi diritti fondiari delle Hawaii, dove la proprietà e l’amministrazione indigena spesso non sono legalmente riconosciute.
A prima vista, questi magnati potrebbero sembrare che si stiano “preparando” per un’ apocalisse in stile 20° secolo, come raffigurata in innumerevoli film catastrofici . Ma non è così.
Sì, le loro vaste proprietà prevedono bunker e altre tecnologie tradizionalmente associate alla preparazione di una catastrofe. Ad esempio, le ville del Ko’olau Ranch sono collegate tramite tunnel sotterranei che sfociano in un grande rifugio. Tuttavia, Zuckerberg, Winfrey, Ellison e altri si stanno imbarcando in progetti molto più ambiziosi. Stanno cercando di creare ecosistemi interamente autosufficienti, in cui la terra, l’agricoltura, l’ambiente edificato e il lavoro sono tutti controllati e gestiti da una singola persona, che ha più in comune con un signore feudale dell’era medievale che con un capitalista del 21° secolo.
Alcuni sostengono che l’industria tecnologica abbia inventato una nuova forma di “tecnofeudalesimo” o “neofeudalesimo” dipendente dalla “colonizzazione dei dati” e dall’appropriazione dei dati personali. Ma ciò che sta accadendo alle Hawaii è in realtà in linea con la concezione tradizionale del feudalesimo. Come afferma Joshua AT Fairfield, autore di Owned: Property, Privacy and the New Digital Serfdom: “Nel sistema feudale dell’Europa medievale, il re possedeva quasi tutto, e i diritti di proprietà di tutti gli altri dipendevano dal loro rapporto con il re. I contadini vivevano su terreni concessi dal re a un signore locale, e i lavoratori non sempre possedevano nemmeno gli strumenti che utilizzavano per l’agricoltura o altri mestieri come la falegnameria e il fabbro”.
Nel progetto di Zuckerberg non c’ è un conflitto aperto tra miliardario e comunità. A Kauai, i membri di una comunità hanno acconsentito, o concesso, a concedere a un plutocrate la gestione della loro terra, in nome della preservazione. Questo è un modello di business che riconduce direttamente (indietro) al feudalesimo.
Questa intuizione si perde nell’ossessione dei media per le “curiosità più folli” del progetto hawaiiano di Zuckerberg. Ciò che sta emergendo tra i miliardari è la convinzione che la sopravvivenza non dipenda (solo) dal nascondersi in un buco di cemento armato nel terreno, ma (anche) dallo sviluppo e dal controllo di un proprio ecosistema. Le persone più ricche del mondo stanno acquistando proprietà su isole remote e dotandole di bunker, non perchè siano a conoscenza di alcune informazioni segrete, ma solo perchè possono.
Il patrimonio netto di Mark Zuckerberg nel 2024 ammonta a 169,2 miliardi di dollari. Una fortezza hawaiana da 400 milioni di dollari, per quanto stravagante possa essere, rappresenta meno dello 0,2% della sua ricchezza totale. Dal momento dunque che hanno molto più denaro di quanto non sappiano cosa farne, ne usano una piccola parte per costruire fortezze sotterranee. Bill Gates, ad esempio, possiede almeno otto proprietà solo negli Stati Uniti e, secondo l’Hollywood Reporter , “si dice che abbia aree di sicurezza sotterranee sotto ognuna delle sue case”.
La nostra ossessione per i mega-bunker dei mega-ricchi è parte di una tendenza culturale più ampia, in cui le persone comuni – leggi: povere – fingono di prendersi gioco dei miliardari “pazzi”, mentre aspirano di nascosto allo status di ultra-ricchi. Questo gioco di carte ideologico ci consente di riconoscere (fugacemente) il danno che la disuguaglianza globale sta arrecando alla coesione sociale e alla vitalità dei nostri ecosistemi.
I bunker dunque, sono solo una piccola parte di un “portafoglio diversificato” di scommesse contro il futuro. Altri investimenti sono quelli nei viaggi spaziali, nella crionica (congelare il proprio corpo nella speranza di una futura reincarnazione), nel caricamento mentale e, nel caso di Peter Thiel, Cofondatore di PayPal, nell’interesse con la parabiosi – trasfondere il sangue di giovani nelle proprie vene.
Per i miliardari, investire denaro in tali progetti non significa che siano pazzi, o paranoici, o in possesso di qualche speciale conoscenza segreta sul futuro. Significa semplicemente che hanno accumulato surplus di ricchezza così colossali che potrebbero anche usarli per qualcosa.
GLI AUTORI
Katherine Guinness è docente di Storia dell’Arte, Università del Queensland ; Grant Bollmer è docente senior di media digitali, Università del Queensland , e Tom Doig è docente di scrittura creativa, Università del Queensland. Questo articolo è pubblicato su The Conversation con licenza Creative Commons.