di Paolo Ermani – A Milano Segrate sorgerà il secondo più grande centro commerciale d’Europa, un mostro di 240 mila metri quadrati che avrà 300 negozi, 50 boutique, 50 ristoranti e 10 mila posti auto.
Ma perché fare una tale operazione decisamente inutile e dannosa in un paese, in una regione, in una città che è strapiena di negozi e centri commerciali di tutti i tipi? A cosa serve un altro gigantesco centro commerciale che significherà nuova cementificazione, consumo di territorio, sprechi energetici, inquinamento, traffico? Il tutto per fare andare le persone a comprare ancora più prodotti per la maggior parte superflui e di cui potrebbero tranquillamente fare a meno.
Non abbiamo bisogno di altri centri commerciali, siamo sommersi da prodotti e relative montagne di rifiuti, cosa altro dobbiamo comprare, quanti soldi dobbiamo ancora spendere, quanto ancora dobbiamo lavorare per comprare quello che la pubblicità ci offre costantemente?
Non servono nuovi centri commerciali ma ben altro, servono centri culturali.
La cultura, la comunità, l’aggregazione sociale, le relazioni non virtuali, i contenuti, i valori, sono quelli che mancano e di cui abbiamo assolutamente bisogno.
Più cultura, più scambio fra le persone senza intermediazione del denaro, meno cemento, meno energia sprecata, meno traffico, meno inquinamento. L’Italia non è un gigantesco negozio, l’Italia è un paese di cultura, di straordinarie bellezze artistiche, di cibo di qualità, di paesaggi, di storia, di agricoltura, di tradizioni, di genialità artigiana, tutto ciò va valorizzato e anche questo dà posti di lavoro, ben più dei mega centri commerciali che distruggono quel poco di tessuto sociale che resiste, sfruttano i lavoratori e fanno chiudere le piccole attività di prossimità. E tutti i danni sociali, ambientali e sanitari ricadono sulla comunità che ne paga la conseguenze fisiche ed economiche. E non bisogna farsi impressionare da qualche pannello solare sul tetto, perché la migliore energia rinnovabile è quella non sprecata. Anche se un pochino green un centro commerciale ha un impatto devastante che annulla ogni blanda operazione di maquillage.
Oltre al grande spreco energetico nella realizzazione dei materiali e loro relativa installazione nella costruzione, si pensi anche al via vai di Tir che consegnano prodotti che arrivano da tutto il mondo con conseguente ulteriore spreco energetico e inquinamento. Prodotti che spesso, nonostante si possano reperire in Italia, arrivano invece da paesi lontanissimi.
I vantaggi dei grandi centri commerciali, oltre agli speculatori edili e politici che abbiano interessi di varia natura in merito, sono per chi né è proprietario e anche la sola possibilità che chiudano qualche domenica all’anno, li ha gettati nel panico. Un tempo almeno la domenica ci si riposava, si stava con i propri cari, gli amici, adesso si va al centro commerciale, affrontando gironi danteschi di traffico e di gente.
Il centro commerciale è un non luogo, dove si spendono più soldi del dovuto, essendoci una offerta infinita di prodotti. Questo ci induce a lavorare ancora di più durante la settimana per poter poi spendere soldi anche la domenica.
Con dei centri culturali ovunque e tanti al posto di centri commerciali, anche i ragazzi avrebbero delle prospettive e attività migliori da fare che ammazzarsi per un selfie, perché è proprio il vuoto di una vita da consumatori che crea le peggiori condizioni di frustrazione e disagio in giovani e adulti. Sono fondamentali centri che offrano attività culturali di tutti i tipi, biblioteche, teatro, musica, arte, luoghi dove ci si può esprimere senz’altro meglio che pagare uno scontrino.
La cultura eleva il livello di un popolo, lo arricchisce e lo rende forte e non in balia di pifferai magici che per anni ci hanno bombardato con i consigli per gli acquisti.
L’AUTORE
Paolo Ermani – Scrittore, formatore, consulente energetico, ideatore di progetti innovativi in ambito lavorativo e ambientale. Da metà degli anni ottanta si occupa di ambiente, energie rinnovabili, risparmio energetico e idrico, uso razionale dell’energia, tecnologie appropriate a cui poi ha aggiunto tematiche relative agli stili di vita, all’economia, il lavoro, l’alimentazione, l’agricoltura, la facilitazione. Ha lavorato e si è formato nei più importanti centri europei per le tecnologie alternative. Fra le centinaia di iniziative che ha realizzato è tra i fondatori dell’associazione Paea, del giornale web Il Cambiamento e del progetto sul lavoro Ufficio di Scollocamento. E’ autore dei libri: Pensare come le montagne (scritto con Valerio Pignatta), Ufficio di Scollocamento (scritto con Simone Perotti), Solo la crisi ci può salvare (scritto con Andrea Strozzi).