di Mirella Liuzzi – Nel 1990 il sociologo britannico Paul Willis, analizzando i mutamenti sociali della classe operaia britannica, teorizzava le proto-comunità, ovvero comunità dove i membri condividevano stili di vita insieme a simboli comuni. Diversamente da quelle tradizionali, fisse, restrittive e radicate in un luogo, si trattava di comunità che non si ritrovavano in un posto particolare, ma in cui le persone si collegavano tra loro ed esistevano grazie all’utilizzo della fantasia e l’immaginazione.
Lo stesso concetto potrebbe essere applicato oggi alle comunità virtuali nate su internet, seppure in sociologia ed antropologia la definizione sia controversa e molto discussa. I punti di vista spaziano dall’entusiasmo di poter dare una nuova dimensione sociale ad individui grazie alle nuove tecnologie e dall’altra da una forte negatività per l’incremento del senso di solitudine e distruzione delle comunità fisiche.
I rapporti sociali e il concetto stesso dello stare insieme sono cambiati, questo perché le nuove tecnologie hanno influenzato notevolmente sia l’ambito della comunicazione, sia quello della socializzazione, individuando nuove forme di socialità, meno stabili e più complesse.
Nel mondo contemporaneo, se uniamo la maggiore industria legata all’intrattenimento (i videogame) alla massiva espansione di internet con un aumento notevole di velocità di banda, otteniamo il nuovo fenomeno del live streaming di partite di videogiochi, anzi del social live broadcasting, di cui piattaforma protagonista è Twitch, sito preferito di millennials e generazione Z. La popolarità di Twitch, però, non è data solo dalla trasmissione da parte dei content creators delle partite di esport, ma è legata soprattutto alle comunità che ci sono all’interno.
Facciamo un passo indietro e poniamoci una domanda. Cos’è che spinge un individuo a guardare un altro giocare ad un videogioco online invece che giocarlo direttamente in prima persona? Molti giudicano quest’azione incomprensibile, non legandola ad una considerazione: se c’è un’attività che mi piace davvero, potrei aver voglia di vedere altre persone fare quella stessa attività con maggiori o minori competenze e abilità. Addirittura con una possibilità in più, commentare le partite in chat e viverle non passivamente, ma attivamente insieme allo streamer e con la comunità ad esso collegata. L’alto coinvolgimento influenza una fruizione maggiore anche dilatata nel tempo che crea communities attorno ad uno streamer/influencer che spesso vanno oltre la stessa piattaforma, con eventi dal vivo tra il creatore di contenuti e tutta la comunità che gravita intorno alle sue dirette.
Per chi ancora reputa l’industria videoludica un gradino inferiore a quella cinematografica e musicale, deve aver presente non solo i numeri (l’industria dei videogiochi è superiore per volume d’affari a quella di musica e cinema messe insieme) ma che spesso sono proprio i videogiocatori i primi ad esplorare nuove tecnologie che in seguito verranno assorbite dagli altri settori dell’intrattenimento e dell’innovazione. In un TedEX del 2019, il co-fondatore di Twitch Emmett Shear fa un esempio: prima degli smartphone, il primo dispositivo digitale di massa portatile fu il Game Boy per i videogiochi. Dunque per analizzare le future tendenze, bisognerebbe prestare attenzione al mondo dei videogame.
In effetti grazie al social live broadcasting, siamo passati dall’essere consumatori a partecipanti di un’esperienza online. Ecco perché lo streaming live è decollato con i videogiochi, perché offre lo stesso tipo di sensazione interattiva. Ben presto questa forma di interattività sarà la base e la nuova frontiera per tutta l’industria dell’intrattenimento.
Già attualmente su Twitch alcuni creatori di contenuti hanno creato un vero e proprio palinsesto giornaliero o settimanale che li avvicina, grazie ai contenuti in diretta, al mondo tradizionale della produzione televisiva. Inoltre, sono sempre più i creators che non solo giocano, ma commentano eventi live, chiacchierano o cucinano dal vivo.
E’ possibile che in un futuro alcuni influencer facciano diretta concorrenza anche ai programmi di approfondimento e informazione della tv generalista, con il punto di forza di poter interagire con la propria comunità online rispetto alla visione passiva del broadcasting tradizionale. Non a caso, basandosi proprio su questa tendenza di maggiore partecipazione, anche famose piattaforme di streaming hanno implementato nei loro servizi la funzionalità dei cosiddetti video party o watch party, una sorta di co-watching di serie tv e film, che consente agli utenti di chattare e guardare titoli in modalità virtuale con familiari e amici, sentendosi vicini anche se lontani.
Aggiungiamo a questo che le grandi piattaforme stanno investendo cifre enormi per i diritti di eventi sportivi e ben presto dovranno implementare il senso di comunità anche per questi contenuti. In un prossimo futuro le interviste post-partita e i commenti sportivi saranno fatti da influencer o content creators? In realtà, sta già avvenendo!
L’AUTORE
Mirella Liuzzi, già sottosegretario al MiSE e deputato della Repubblica.