Testo dell’intervento di Marco Travaglio.
Buongiorno a tutti. Intanto, buone vacanze: oggi è l’ultimo appuntamento di Passaparola prima di un periodo di ferie che durerà fino al primo settembre, quando ci rivedremo per fare il punto su questa estate che, nel frattempo, ci avrà regalato altre vergogne. Abbiamo alle viste, domani, il lodo dell’impunità; abbiamo già annunciata per settembre una super riforma talmente super che dovrà impedire addirittura l’arresto di presidenti di Regione che prendano le tangenti. Sarà veramente una cosa poderosa. Per fortuna, dopo le volgarità e le trivialità di Piazza Navona, è tornata l’eleganza: ieri Lord Brummel, al secolo Umberto Bossi, ha dato un grande segno di civiltà e di civismo, proprio, inneggiando all’Inno nazionale con il dito sollevato. Poi gli hanno pure bocciato il figlio alla maturità, quindi è colpa dei professori terroni, ma adesso facciamo eleggere i giudici e i professori in Padania, così finalmente promuoveranno il somarello.
Purtroppo siamo costretti ancora a parlare di giustizia perché, insomma, domani siamo a una violenza che non avevamo mai subito: una legge che renderà quattro persone immuni da qualsiasi conseguenza per gli eventuali reati che commetteranno. Quella che Beppe Grillo, a cui facciamo gli auguri perché credo oggi compia sessant’anni, chiama “La banda dei quattro”. Interessa partire da un articolo del Corriere della Sera dell’ambasciatore Sergio Romano che, visto che ha fatto l’ambasciatore dovrebbe essere uno che ha girato il mondo. Si vede che l’ha girato ma non si è accorto di nulla perché ci spiega che c’è un problema in tutto il mondo ed è l’invadenza della magistratura. La magistratura che invade, che si impiccia. Dice: “Chiedete ad Aznar, Chirac, Kohl, Bush, Kissinger, Olmert, o – se fosse in grado di rispondervi – Sharon che cosa pensino dei loro magistrati o di quelli che cercano di incriminarli di fronte al tribunale di un altro Paese. Vi diranno, privatamente, risposte non troppo diverse dalle parole con cui Berlusconi ha polemizzato in questi anni con la magistratura italiana”. Perché c’è una guerra della giustizia contro la politica.
Ecco, può darsi che queste persone in privato dicano delle cosacce sui magistrati, il fatto è che non le dicono mai in pubblico e soprattutto, quando hanno un processo, lo subiscono, a volte si dimettono, mai attaccano i loro giudici e mai cambiano le leggi per immunizzarsi dal loro processo. La differenza è questa ma l’ambasciatore Romano non la coglie, è troppo raffinato nel suo modo di ragionare per accorgersi di questa banalissima differenza. Tant’è che un altro personaggio che ha girato il mondo, ma a differenza di Romano lo ha capito, e cioè Furio Colombo, ieri scriveva: “Nella campagna elettorale degli Stati Uniti, espressioni come ‘guerra fra politica e giustizia’ – insomma le stupidaggini che scrivono i Panebianco, i Sergio Romano, gli Ostellino, i Galli Della Loggia, i Pierluigi Battisti, il plotone anti toghe del Corriere della Sera – sono intraducibili. Sul New York Times non si riuscirebbe nemmeno a tradurli in lingua inglese.” Infatti i due candidati dei grandi partiti americani che si fronteggiano alle elezioni non hanno alcuna posizione sulla giustizia, salvo le garanzie e i diritti umani e civili di tutti i cittadini. “Non l’hanno e non devono averla perché tutto è già stabilito dalla Costituzione americana e, inoltre, perché i candidati delle elezioni americane sono in corsa per ottenere il potere esecutivo, non il potere giudiziario.
Quando il presidente e la signora Clinton sono finiti sotto inchiesta per bancarotta – su una piccola proprietà dell’Arkansas gestita insieme con soci infidi – l’America non si è fermata un istante. Non c’è stato alcun convegno. Il Presidente ha fatto la spola tra la Casa Bianca e il Gran Giurì – l’organo istruttorio dove doveva essere interrogato – e ci è anche andato di corsa – altrimenti sarebbe scattato l’impeachment, se avesse ritardato l’audizione davanti ai magistrati – e alla fine si è ben guardato dal denunciare persecuzioni”. Eppure il procuratore che lo aveva convocato era Kenneth Starr, un esponente del partito Repubblicano a lui avverso. “Quando i Clinton sono poi stati assolti, nessuno ha parlato di teorema svuotato come una bolla di sapone – come dice il portavoce di Berlusconi, Bonaiuti, a proposito dei processi di Berlusconi che tra l’altro non si sono mai svuotati come bolle di sapone – hanno semplicemente detto – i Clinton – ‘è finita bene'”. Hanno ricominciato e sono stati poi sottoposti ad altre sette inchieste.