di Beppe Grillo – In questi giorni si è tenuta la Settimana Europea della Mobilità, con eventi e iniziative che stanno continuando ancora in questi giorni a Milano. Tutto fantastico! Ma quanto l’Italia si sta davvero impegnando per rendere la mobilità del futuro davvero sostenibile?
Guardate questo grafico, sono le immatricolazioni delle auto elettriche in Europa. Si evidenzia a pieno l’arretratezza del nostro Paese.
In tema di cambiamenti climatici l’obiettivo fissato con l’Accordo di Parigi è quello di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 40% rispetto al 1990, per mantenere il surriscaldamento globale entro 1,5-2 gradi centigradi nei confronti dell’era pre-industriale.
Un traguardo al quale il settore trasporti italiano potrebbe contribuire con un taglio del 35,3% delle emissioni di CO2 con una serie di soluzioni, compresa la conversione elettrica del parco veicoli, ma con una rete infrastrutturale ancora carente, se non nulla, come pensiamo di poter cambiare la visione di mobilità del futuro?
Ci vuole un approccio uniforme e semplificato nell’espletamento delle procedure amministrative per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica e la definizione di standard tecnici per le colonnine.
Ecco alcuni principi di fondo che l’Italia dovrebbe seguire nel modulare le sue prossime politiche:
- Il costo di utilizzo e possesso del mezzo di trasporto deve essere proporzionale rispetto all’inquinamento generato da tutta la filiera relativa
- Gli incentivi e le risorse pubbliche devono essere rivolti non ad incentivare il mezzo privato, ma le infrastrutture e l’uso dei trasporti pubblici
- Attivare meccanismi di bonus-malus (la Francia lo sta usando sul bollo auto) con cui reperire risorse per finanziare la transizione, tassando chi inquina molto, moderandole in modo da non colpire le classi povere (ad esempio con sovratassa per i veicoli molto potenti e lussuosi)
- Agevolazioni per quelle aziende che incentivano la mobilità sostenibile per il pendolarismo dei dipendenti
- Adeguare il codice della strada ai mezzi di micro-mobilità elettrica (monopattini, monoruota, hooverboard ecc.) settore nel quale tra l’altro l’Italia avrebbe maggiori possibilità di competere con il resto del mondo nella produzione del micro-veicolo completo, creando quindi ulteriori posti di lavoro.
Abbiamo bisogno di una mobilità a emissioni zero, capace di garantire qualità dell’aria e salute, controllo del cambiamento climatico. Infrastrutture efficienti, trasporti pubblici, mobilità leggera, mezzi sicuri per cittadini liberi di muoversi, e sempre meno proprietari (Sharing Mobility). Riutilizzare, quindi, condividere, non sprecare, anzi razionalizzare logistica e mobilità capendo come fare le cose diversamente. Queste sono solo alcune delle parole chiave che mettono in moto un modello di economia circolare, che forse non ha capito davvero nessuno. Non è un sogno ma è il futuro sostenibile alle porte.
Le idee ci sono, la voglia degli italiani di cambiare tipo di mobilità anche.
A quando il cambiamento?