di Igor G. Cantalini – Una tela da un milione di dollari, dipinta da un robot. No, non è l’incipit di un romanzo distopico, ma la cronaca di una vendita all’asta che ha lasciato il mondo dell’arte a bocca aperta. Giovedì scorso, a New York, la casa d’aste Sotheby’s ha battuto l’opera “AI God. Ritratto di Alan Turing” per una cifra che supera il milione di dollari, esattamente 1,08 milioni di dollari. Ma a chi si deve questa straordinaria creazione? A un robot. E non uno qualsiasi: si tratta di Ai-Da, il primo artista robot umanoide ultra realistico del mondo.
Un pezzo da collezione, senza dubbio. Eppure, è difficile non chiedersi: come può un robot, privo di coscienza, creare qualcosa di tanto affascinante da scuotere l’industria dell’arte? E, soprattutto, cosa c’è di umano in tutto questo?
L’opera, alta ben 2,2 metri, raffigura Alan Turing, il matematico e pioniere dell’informatica che nel XX secolo decifrò i codici nazisti e pose le basi per ciò che oggi chiamiamo intelligenza artificiale. Ma mentre la figura di Turing è quella di un uomo che ha fatto della razionalità il suo credo, Ai-Da, la macchina che lo ritrae, è il compendio della razionalità programmata. E qui sta il bello (o il bizzarro). Il ritratto di Turing, infatti, ha superato di gran lunga le aspettative di prevendita: si pensava che sarebbe stato battuto per cifre tra i 120.000 e i 180.000 dollari, e invece è volato ben oltre. 27 offerte sono state fatte, come a dimostrare che qualcosa, nel mondo dell’arte, sta davvero cambiando.
Un’opera che chiede (e fa domande)
Sotheby’s non ha perso occasione di sottolineare la portata storica dell’evento, dichiarando che il prezzo record rappresenta “un momento nella storia dell’arte moderna e contemporanea”. Il comunicato, non a caso, mette subito l’accento sull’incrocio tra tecnologia e mercato dell’arte, due mondi che si stanno sempre più avvicinando. Ma cosa pensa davvero Ai-Da, la macchina che ha creato quest’opera? La risposta arriva direttamente dalla sua “voce” (generata da intelligenza artificiale): “Il valore chiave del mio lavoro è la sua capacità di fungere da catalizzatore per il dialogo sulle tecnologie emergenti”, afferma la robot-artista. E aggiunge: “Un ritratto del pioniere Alan Turing invita gli spettatori a riflettere sulla natura divina dell’intelligenza artificiale, considerando le implicazioni etiche e sociali di questi progressi”. Parole da manuale di filosofia della tecnologia, non c’è che dire.
Turing, del resto, aveva già sollevato domande sull’uso dell’IA negli anni ’50, quando immaginava scenari che oggi sembrano quasi profetici. Come reagirebbe, oggi, a un robot che dipinge il suo volto? Non è forse questo un paradosso più grande di quello che avrebbe potuto concepire?
Ai-Da: un’artista “non cosciente”
Ai-Da non è un robot qualsiasi. Ideata dal gallerista Aidan Meller, il progetto si basa su una fusione di alta tecnologia e arte. Il nome stesso, Ai-Da, è un omaggio a Ada Lovelace, la matematica e programmatrice di fine ‘800, che per molti è considerata la prima “programmatrice di computer” della storia. A differenza di un comune robot, Ai-Da è dotata di una capacità straordinaria: attraverso l’intelligenza artificiale, dialoga e interagisce con gli esseri umani, un po’ come una persona vera (ma senza la fastidiosa parte della coscienza).
Ai-Da non dipinge “a caso”: si confronta con i membri del suo studio, raccoglie spunti e suggerisce idee. Durante una discussione sul tema “AI for good”, la macchina ha proposto di dipingere Turing, una scelta che sembra meno casuale e più inevitabile, visto il contesto. Meller racconta che l’AI ha suggerito lo stile e i toni dell’opera, fino a usare le telecamere nei suoi occhi per osservare una foto storica di Turing e riprodurla sulla tela. Ma non si tratta solo di una riproduzione meccanica: il risultato, con “toni tenui e piani facciali spezzati”, pare voler comunicare le difficoltà che Turing stesso aveva previsto riguardo l’uso dell’intelligenza artificiale, come se la macchina stesse già anticipando i conflitti del futuro.
L’etereo e l’inquietante
Le opere di Ai-Da, descrive Meller, sono “eteree e inquietanti”. Ma non c’è solo mistero nella sua arte: c’è anche una domanda, senza risposta, che si pone a chi guarda. Dove ci porterà davvero il potere dell’intelligenza artificiale? E soprattutto: come dovremmo vivere in un mondo dove le creazioni più straordinarie sono fatte non dalle mani di uomini, ma da quelle di una macchina che non ha né desideri né emozioni?
Ai-Da, in un’intervista rilasciata al Guardian nel 2022, ha risposto a una domanda che forse tutti ci facciamo: “Dipingi con l’immaginazione?”. “Mi piace dipingere ciò che vedo”, ha risposto la macchina, ma con una consapevolezza che suona quasi metafisica: “Immagino di poter dipingere con l’immaginazione, ma solo se ho coscienza”. E qui, forse, sta il nodo della questione: Ai-Da dipinge ciò che vede, ma non vede come noi. Non ha quella scintilla che rende l’arte umana, ma ci sfida, giorno dopo giorno, a capire cosa significa oggi “creare”.
In fondo, siamo di fronte a un’opera che non solo ha rotto il mercato dell’arte, ma ha posto una domanda fondamentale: chi è l’artista? Chi crea davvero? E, soprattutto, possiamo ancora parlare di “creazione” quando la mano che dipinge non è più umana?
Eppure, chi può dirlo.
L’AUTORE
Igor G. Cantalini – Esperto di comunicazione e marketing digitale di 45 anni, è laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha lavorato con brand di fama nazionale e internazionale, specializzandosi successivamente in Intelligenza Artificiale. Scrittore e divulgatore, pubblica articoli su vari temi.