E’ diventato normale. Ogni giorno qualcuno è colpito dalla peste. Persone insospettabili che in tutta la loro vita non avevano mai avuto un qualunque sintomo cadono all’improvviso in preda della malattia. Un tuo amico, un parente, il marito della custode, la madre del compagno di scuola di tuo figlio. Il cerchio si stringe e tu, che avevi sempre ritenuto la peste come una malattia d’altri tempi e ti sei sempre considerato immune, solo gli altri potevano esserne colpiti, la percepisci sempre più vicina. Nella buca delle lettere. Nello squillo del cellulare. Sai che potrebbe toccare a te perdere tutto. E’ sufficiente una lettera di licenziamento, la tua azienda che chiude, delocalizza, va in bancarotta. Se hai dei risparmi cominci a fare i conti, per quanto tempo potrai sopravvivere con la tua famiglia, qualche mese? Due anni? E poi? Se non hai nulla guardi nel vuoto e cerchi, con poche speranze, un’occupazione qualunque. Lo Stato, questa entità che tutto presiede, di cui nessuno è mai responsabile, un dio moderno al di là del bene e del male, non ti potrà aiutare, non è nella sua natura. Ti fermi a riflettere, a pensare se forse, questa peste che dilaga e abbatte con lentezza, implacabile, le certezze di una vita, distrugge ogni protezione sociale, non sia in parte colpa tua. Ti chiedi se tu, per anni, hai svolto, inconsapevole, indifferente, la funzione del piccolo untore e questa peste, questo contagio che corrompe la società non sia dovuta anche al tuo delegare (a chi poi?), al crederti invulnerabile.
“Era, quella, una peste profondamente diversa, ma non meno orribile, dalle epidemie che nel medioevo devastavano di quando in quando l’Europa. Lo straordinario carattere di tal nuovissimo morbo era questo: che non corrompeva il corpo, ma l’anima. Le membra rimanevano, in apparenza, intatte, ma dentro l’involucro della carne sana l’anima si guastava, si disfaceva. Era una specie di peste morale, contro la quale vi pareva non vi fosse difesa alcuna. Tanta era l’iniqua forza del contagio, che prostituirsi era divenuto un atto degno di lode, quasi una prova di amor di patria, e tutti, uomini e donne, lungi dall’arrossirne, parevano gloriarsi della propria e della universale abbiezione” (*)
Dagli schermi della televisione arrivano, come ogni sera, messaggi rassicuranti: “La peste non esiste!“. Fino a ieri ci hai creduto, forse ci hai voluto credere, ora non puoi più e pensi a quelle persone vendute che mentono dietro al piccolo schermo e ai loro burattinai con i volti di plastica e le risposte piene di vuoto. Anche loro, pensi, si sentono immuni. Per quanto durerà? Quando la campanella dei monatti suonerà per tutti?
(*) La pelle – Curzio Malaparte
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