La grande sfida energetica dei prossimi anni è sviluppare dei sistemi di accumulo di energia che rendano possibile chiudere il cerchio delle rinnovabili, compiendo la transizione verso un modello energetico realmente green e sostenibile.
Quando si parla di batterie subito si pensa all’auto, ma quello è solo uno dei mercati dove le batterie sono e saranno fondamentali e per questo si deve parlare di sistemi di “storage” (accumulo).
I sistemi di storage sono soluzioni che consentono di accumulare l’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili così da poterla utilizzare con flessibilità, riducendo i costi di sistema e consentendo l’indipendenza energetica dalla rete.
Le batterie sono la risposta economica per un uso flessibile ed efficace delle energie rinnovabili e faranno sì che si possa sempre di più diminuire l’utilizzo di energie prodotte da fonti fossili.
In più l’utilizzo delle batterie, unitamente a tecnologie come Internet delle cose, blockchain ed intelligenza artificiale, possono affermare nuovi modelli di utility distribuite sul territorio; quasi un modello distribuito di produzione ed utilizzo di energia, se non nell’immediato presente, almeno nel prossimo futuro.
Investire in queste tecnologie è fondamentale per la competitività di un Paese, che può diventare leader nella sostenibilità ambientale.
Per questo l’utilizzo di tecnologie di storage è supportato dalla politica industriale di tanti Paesi e dalla stessa Unione Europea tramite programmi di sostegno economico come Horizon 2020;
Qualche settimana fa (il 1° luglio) vi avevamo presentato un progetto di “batteria liquida”, che per l’appunto mirava a risolvere uno dei gravi “difetti” delle batterie, e cioè i tempi di ricarica. Infatti, oggi come oggi, la ricarica delle batterie necessità di tempi molto lunghi, dalle decine di minuti in su, spesso diverse ore. Questo perchè la ricarica avviene fornendo elettricità alla batteria, ed in questa maniera si va a modificare l’equilibrio elettrochimico della batteria, ma per l’appunto in tempi molto lunghi. Il progetto suddetto, e sottolineo progetto, prevede invece che la ricarica avvenga in pochissimi minuti perchè si svuota la batteria della sua componente liquida, il cosidetto elettrolita, e la si ricarichi con nuovo elettrolita “fresco”, cioè in grado di fornire immediatamente l’energia elettrica ai dispositivi che verranno collegati alla batteria stessa. Bene, la notizia che vogliamo riportarvi oggi è che questo progetto in realtà ESISTE GIA’, è italiano, è in fase di preproduzione, ed inoltre utilizza come “materie prime” per la realizzazione della batteria stessa, componenti biologici!
Esiste infatti in Trentino una società di proprietà di italiani, Green Energy Storage, che ha siglato un accordo di licenza esclusiva su una scoperta dell’Università di Harvard con tecniche di ingegneria di genetica e che dopo soli 3 anni è arrivata a validare e ha portato alla fase pre-commerciale la tecnologia brevettata dall’Università americana.
Alla base della tecnologia si trova una molecola organica ricavabile da fonti vegetali come il rabarbaro o da scarti del petrolio: il chinone, selezionato tra ventimila molecole, come quella maggiormente adatta a immagazzinare energia a basso costo.
Come detto, questa batteria si caratterizza dall’utilizzo di un elettrolita in forma liquida e da una struttura tecnologica che consente di separare le parti di energia e potenza attraverso elettrodi e membrane e quindi di avere una soluzione modulare e fortemente scalabile, nonchè sicura poichè lavora a temperatura ambiente segnando anche qui una netta differenza rispetto al litio, che si presta a notevoli rischi di sicurezza e di smaltimento.
Una cosa però deve essere chiara, al momento la “densità energetica” di questa batteria è ancora molto inferiore a quella del litio, e quindi le sue applicazioni sono in ambito di storage domestico ed industriale, non automobilistico, ma si è al lavoro per aumentare la densità della proprie chimiche così da poter aggredire nel futuro anche questo mercato.
Nel presente la società è già pronta ad entrare nel mercato dal prossimo anno con sistemi da 10kw e da 100kw utilizzabili in diverse applicazioni, dai condomini, fino a PMI e parchi di fonti rinnovabili fino ai megawatt dal 2020.
Questo è possibile anche grazie ad accordi commerciali siglati dalla società con alcuni operatore nel settore della forniture di energia elettrica.
La tecnologia delle batterie a flusso
Il percorso della società e la sua curva di apprendimento sono stati potenziati dalla capacità di coagulare intorno a sè alcune grandi eccellenze italiane e globali; l’Università di Tor Vergata, dove è stato replicato il primo esperimento, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, dove si trovano i laboratori della società e che è stata un fondamentale acceleratore, il Differ (Dutch Institute for Fundamental Energy Research), ma anche ICL, colosso israeliano della chimica, che ha inserito la società italiana tra le sue partnership strategiche per quanto riguarda i sistemi di accumulo energetico.
L’innovatività di tale soluzione è stata premiata dall’Unione europea con un contributo di 2M di € all’interno di Horizon 2020 e dalla Provincia di Trento con un contributo di 3M €.
In più la società ha raccolto oltre 1M di € attraverso il crowdfunding sulla piattaforma mamacrowd diventando una società con un azionariato diffuso di oltre 300 investitori.
La bellezza di una storia italiana, partita da un team di manager italiani e che vede oggi coinvolti giovani ricercatori italiani di altissima competenza, alcuni dei quali rientrati appositamente dagli Stati Uniti per competere in questa sfida globale con un lavoro di altissimo livello.
L’anno prossimo la società aprirà il primo centro produttivo a Rovereto e contemporaneamente le assunzioni cresceranno fino a circa 50 persone.
La sfida di Green Energy Storage è globale e dipenderà da tantissimi fattori, ma la società se la gioca con una soluzione di frontiera e con grandi opportunità di mercato.
E’ essenziale abbandonare un atteggiamento rinunciatario e fare squadra, per dimostrare che l’Italia ha tutte le capacità per competere ed emergere anche in settori che vedono un netto predominio tecnologico di altri Paesi, notoriamente più avanzati nell’high tech .