di Paolo Fiorentino – L’ Intelligenza Artificiale (IA) è ultima frontiera della conoscenza partorita dall’uomo grazie al progresso informatico e algoritmico, capace di imparare autonomamente dalle esperienze emulando il cervello umano.
Il dolore è un atavico sintomo percepito negativo, spesso temibile e talvolta di difesa, che accompagna da sempre l’uomo colpendolo con ripercussioni fisiche, ma anche nella sfera psicologica e qualità di vita.
La IA apre una nuova strada per controllare, o apprendere, o decodificare all’istante il significato talvolta predittivo del dolore.
Dall’IA la musica contro il dolore
Non sono melodie di Mozart, né musiche pop, rock, o rap, ma brevi melodie semplificate non convenzionali, chiamate monodie. Sono prodotte dall’IA grazie a un algoritmo ‘compositore’ sperimentale chiamato Melomics-health in base al sintomo dolore che si vuole alleviare tramite le linee melodiche della musicoterapia algoritmica che muove i primi passi grazie a un progetto sperimentale in sinergia tra Italia e Spagna. Il principio coinvolge il rilassamento con distrazione dallo stress anche emotivo e la disattivazione dei processi a catena che inducono il dolore, dove è risaputo le endorfine e altri neurotrasmettitori rilasciati dall’organismo hanno ruolo antidolorifico. Si apre uno scenario di speranza specie per le sindromi dolorose croniche.
E’ possibile e utile insegnare il dolore ai robot?
Un robot dotato di IA che sente “qualcosa negativa” ogni volta che tenta di prendere un oggetto fino a desistere per “paura” di avvertire quel fastidioso impulso. Un altro, se viene colpito, rallenta la sua corsa e diventa insicuro nei movimenti. L’obiettivo è cercare di rendere più umana la IA perché l’essere vivente riesce a sopravvivere anche grazie a esperienze traumatiche generate dal dolore fisico: non tocchiamo il fuoco perché potrebbe danneggiarci dopo un contatto diretto. Deduciamo quindi che il dolore ė anche un meccanismo naturale di apprendimento e di difesa. L’apprendimento della IA diventa ogni giorno più sofisticato tanto da portare alcuni a temere il rischio di un sorpasso intellettivo e di autonomia decisionale a scapito degli uomini, con conseguenze imponderabili, finanche catastrofiche. Si potrebbe dotare, quindi, ogni robot/IA, di meccanismi capaci di danneggiare in qualche modo una parte del loro circuito inviando un impulso che riesca a mimare quello che per noi risulta il dolore. In questo modo il robot memorizza quello stato per inibire in modo spontaneo alcune sue funzioni. Si aprono quindi porte per potere forse un giorno finanche sviluppare nei robot emozioni o una coscienza come quelle umane.
IA può migliorare assistenza ai pazienti con dolore toracico da infarto
Lo dimostra uno studio su immagini radiografiche di un team medico del Massachusetts General Hospital di Boston. l dolore toracico acuto può manifestarsi con bruciore, dolore o altri fastidi al petto con diffusione a schiena, collo, spalla, pancia, braccia e mascella. Tuttavia, meno dell’8% di questi pazienti riceve una immediata diagnosi di una delle tre più importanti cause cardiovascolari: sindrome coronarica acuta (es. infarto), embolia polmonare o dissecazione dell’aorta. Un triage efficace per i pazienti a rischio di queste malattie gravi e pericolose per la vita è dunque importante. Il modello è stato testato su circa 6.000 pazienti dopo essere stato messo a punto con immagini radiografiche relative a più di 23.000 pazienti per identificare i soggetti con sindrome da dolore toracico acuto che erano a rischio di sindrome coronarica acuta, embolia polmonare, dissezione dell’aorta, con cause di mortalità a 30 giorni. L’uso di IA ha migliorato significativamente la predizione di sviluppi gravi al di là di sesso, età e biomarkers clinici convenzionali tramite test ematici. Il modello, inoltre, ha mantenuto la sua accuratezza diagnostica tra diverse variabili con una sensibilità del 99% essendo anche in grado di rimandare subito a ulteriori test di approfondimento una percentuale maggiore dei pazienti a rischio rispetto ad altri modelli che non utilizzavano l’IA, e di conseguenza riuscendo così a salvare più vite.
L’AUTORE
Paolo Fiorentino – PhD. Già ricercatore e professore a contratto presso University of Toronto, University of Rochester, e Università degli Studi di Torino. Autore di pubblicazioni scientifiche su dolore e neuroscienze. Consulente clinico-scientifico su dolore e dismorfismi orofacciali. Ha pubblicato libri e articoli su storiografia, simbolismo e mito. https://www.facebook.com/paolom.fiorentino