di Giovanni Currò – La digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni ha un ruolo centrale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. La digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA è una delle tre componenti della Missione n. 1.
Nel corso della XVIII Legislatura, la materia è stata affrontata in diverse disposizioni contenute prevalentemente in provvedimenti di urgenza del Governo.
Le risorse complessivamente destinate alla missione 1 sono pari a 40,32 miliardi di euro, cui si aggiungono 0,8 miliardi del React-EU e 8,74 miliardi del Fondo complementare per complessivi 49,86 miliardi di euro.
La digitalizzazione è uno dei temi trasversali del Piano che ricorrono anche nelle altre missioni coinvolgendo diversi settori: la scuola nei suoi programmi didattici, nelle competenze di docenti e studenti, nelle sue funzioni amministrative, nei suoi edifici (missioni 2 e 4);la sanità nelle infrastrutture ospedaliere, nei dispositivi medici, nelle competenze e nell’aggiornamento del personale (missioni 5 e 6); l’aggiornamento tecnologico nell’agricoltura, nei processi industriali e nel settore terziario (missioni 2 e 3).
Una prima e fondamentale fotografia dei progressi registrati nel corso degli ultimi anni è quella offerta dal DESI, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione europea. L’edizione 2022, pubblicata nel mese di luglio, conferma il complessivo miglioramento dell’Italia. Infatti, il nostro paese si colloca al 18ˆ posto nell’Europa a 27, due posizioni in più rispetto all’anno precedente. Maglia nera di questa analisi sono proprio i “Servizi pubblici digitali”. Infatti, l’indice DESI 2022 ci colloca al 19ˆ posto in Europa nella dimensione “Servizi pubblici digitali” (una posizione in meno rispetto nell’edizione 2021), con un punteggio complessivo (58,5 su 100) sensibilmente inferiore alla media UE (67,3).
Tra gli strumenti che si stanno mettendo in campo per il rilancio del settore pubblico c’è la progressiva introduzione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (IA), che possono portare diversi benefici come l’automazione di compiti ripetitivi, una migliore analisi dei dati e la personalizzazione dei servizi.
Secondo quanto riportato da diversi studi, al momento solo il 20% circa delle amministrazioni pubbliche ha introdotto strumenti di IA, ma entro il 2026 si prevede che il 90% delle PA cercherà di sfruttare le potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale.
Tra i progetti già avviati ci sono: Chatbot e assistenti vocali per fornire informazioni e rispondere a domande standard dei cittadini, ad esempio il chatbot “Laura” creato da Infocamere; Sistemi di analisi automatica di documenti, fatture e pratiche amministrative per accelerare le procedure e prevenire gli errori; Applicazioni di monitoraggio e statistica per valutare l’efficienza dei servizi pubblici e individuare aree di miglioramento.
Degna di nota è l’esperienza della Norvegia in cui è stato attivato un chatbot che serve 100 comuni norvegesi, disponibile per più di 1,65 milioni di cittadini norvegesi per informazioni e supporto. Nel 2021, il chatbot è stato coinvolto in circa 1 milione di conversazioni con i cittadini e la sua importanza come punto di contatto per la fornitura di servizi municipali è in aumento. Vi sono anche altri esempi spot come il Comune di Siena che ha attivato un chatbot di nome Caterina.
Gli investimenti in questa direzione proseguiranno nei prossimi anni per rendere la PA sempre più digitale ed efficiente, grazie anche ai finanziamenti del PNRR. Ci saranno tuttavia da superare alcune criticità legate alla formazione del personale, alla gestione e condivisione dei dati e alla protezione della privacy.
Ma se sfruttata correttamente, l’intelligenza artificiale applicata alla Pubblica Amministrazione può davvero essere l’alleato giusto per realizzare un salto di qualità nell’erogazione di servizi dedicati a cittadini e imprese.
Ci sono diverse sfide principali che la PA deve affrontare per implementare efficacemente l’intelligenza artificiale:
- Formazione del personale. Per poter sfruttare al meglio gli strumenti di IA è necessario che i dipendenti pubblici abbiano le competenze digitali adeguate. Questo richiede piani formativi specifici e un aggiornamento continuo delle conoscenze.
- Gestione e condivisione dei dati. L’IA si basa su grandi moli di dati di qualità per addestrare gli algoritmi. La PA deve migliorare la raccolta, l’organizzazione e la condivisione sicura dei propri dati per alimentare i sistemi di intelligenza artificiale.
- Protezione della privacy. L’uso dell’IA nella PA solleva questioni etiche e di privacy, vista la sensibilità dei dati trattati. Serviranno policy chiare, audit e procedure per garantire il rispetto delle normative.
- Trasparenza degli algoritmi. I cittadini devono poter capire come funzionano gli algoritmi che influenzano le decisioni pubbliche e avere garanzie sulla loro imparzialità.
- Digital divide. Non tutti i cittadini hanno le stesse capacità di interagire con i servizi digitali basati su IA. Bisogna prevedere canali analogici e formazione per non lasciare indietro nessuno.
- Cambiamenti organizzativi. L’IA richiede una revisione dei processi e dei flussi di lavoro della PA, oltre a una cultura aziendale più flessibile e aperta alle novità.
In sintesi, oltre agli aspetti tecnici è soprattutto una sfida organizzativa e culturale che richiede tempo, volontà politica e investimenti continui.
L’AUTORE
Giovanni Currò, Dottore Commercialista e Revisore Legale con studio in Como e Roma, già vice Presidente della VI Commissione Finanze Camera della XVIII Legislatura. Da Deputato e attualmente continua a battersi per la semplificazione della Pubblica Amministrazione attraverso l’utilizzo dell’innovazione tecnologica. Da sempre attento ai fenomeni economici europei e agli strumenti di politica fiscale.