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Le foto di Rachel Corrie riportano l’immagine di una ragazza bionda, solare, all’inizio dell’avventura della vita. Aveva solo 24 anni quando fu schiacciata da un bulldozer dell’esercito israeliano, il 16 marzo 2003. Studiava Arte e Relazioni Internazionali all’Evergreen State College di Washington. All’ultimo anno di studi si iscrisse all’International Solidarity Movement (ISM), un movimento non violento per la difesa dei diritti dei palestinesi e partì dagli Stati Uniti per Gaza. Il giorno della sua morte si recò a Rafah dove erano in corso demolizioni delle case dei palestinesi. Rachel indossava un giubbetto fluorescente rosso per farsi identificare. Salì su un cumulo di terra sollevato dai bulldozer, alto 15 metri, per impedirgli di continuare la loro opera di distruzione. Una tecnica usata comunemente dagli attivisti.
Un bulldozer la schiacciò, forse lei scivolò nel tentativo di sfuggire quando si accorse che l’autista non si sarebbe fermato. Rachel era più visibile del ragazzo di Tienanmen che fermò una colonna di carri armati. Il regime cinese si dimostrò più umano. Quel giorno la sua azione non era stata isolata. Altri attivisti avevano usato la stessa tecnica per rallentare i bulldozer. Le autorità israeliane non furono quindi colte di sorpresa da un’azione improvvisa. In precedenza avevano anche lanciato dei lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Eppure Rachel morì, come le case che voleva proteggere con il suo corpo. Alcuni giorni prima Rachel rilasciò una breve dichiarazione a una televisione locale “Mi sento come un testimone che assiste alla sistematica distruzione del popolo palestinese… Mi siedo a cenare con loro e comprendo che c’è una imponente macchina militare che ci circonda, che cerca di uccidere le persone con cui sto dividendo il cibo“. Un ricordo per Rachel, oggi ricorre l’anniversario della sua scomparsa. Sepolta in vita da un bulldozer per il suo desiderio di pace.
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