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Il triangolo delle Bermude è una zona dell’Oceano Atlantico dalla forma triangolare di circa un milione di km quadrati in cui si ritiene avvengano sparizioni di navi ed aerei. Il triangolo delle Bermude europeo è invece una zona dalla forma di stivale di circa 300.000 km quadrati dove spariscono aziende di ogni tipo da anni. Più che sparire si dematerializzano e compaiono, come per magia, in altri luoghi del pianeta. Succede così che un’azienda veneta si ritrovi all’improvviso sul suolo polacco e una marchigiana appaia in Anatolia. E’ un trucco di prestidigitazione di alta scuola. Le parole magiche sono “costo del lavoro” e “internazionalizzazione“. Perché l’esercizio riesca, per prima cosa va pronunciata la parola “costo del lavoro” che in Italia è sempre troppo alto e all’estero è sempre più basso. Con questo viatico si può iniziare la procedura di esportazione dell’azienda. Non è colpa di nessuno, ma del mercato globale, se si deve espatriare. Che in realtà il costo del lavoro sia in Italia ingestibile per colpa delle tasse altissime e gli stipendi siano i più bassi in Europa per le folli politiche governative è un dettaglio secondario. La domanda “Perché il costo del lavoro è così alto in Italia?” non se la pone nessuno e chi se la fa attribuisce il problema all’ingordigia degli operai e degli impiegati. “Ben gli sta! All’estero hanno meno pretese!“. Lo Stato ti tassa, ma anche ti aiuta. E qui interviene la seconda parola magica “internazionalizzazione“. Una parola buona, positiva che nell’immaginario dà l’idea di imprese italiane arrembanti all’estero. Imprenditori come novelli Magellano e Colombo. Lo Stato arriva persino a finanziare le imprese che spostano gli stabilimenti all’estero, come è avvenuto per la Indesit. I dipendenti sono quindi cornuti e mazziati. Licenziati per il costo del lavoro troppo alto dovuto allo Stato con una tassazione sul lavoro e sull’impresa tra le più alte del mondo. Inviati come missionari in terre lontane per addestrare turchi, cinesi, polacchi, serbi e trasferire le loro competenze. Tutto in nome dell’internazionalizzazione, una parola magica usata per delocalizzare le nostre imprese che però, una volta all’estero, mantengono, grazie alle leggi dello Stato, il marchio made in Italy. Non aspetteremo fino a che sia troppo tardi. Non permetteremo a questi sciagurati di trasformare l’Italia in un deserto produttivo e in una terra di emigrazione.