di Beppe Grillo – Torno da poco da New York e devo dire che è stata un’esperienza davvero incredibile. Soprattutto perché da questo viaggio torno con una rafforzata convinzione: il futuro siamo noi.
Il Future of Everything Festival prometteva cose da urlo e in minima parte le ha mantenute. Progetti pazzeschi, strampalati, cui nessun imprenditore italiano darebbe seguito. E forse è proprio questa incredibile capacità di sognare che rende l’America un posto diverso dal resto del mondo. Manhattan in particolare. La città mi ha affascinato. Ci ero stato 30 anni fa. É tutto cambiato e tutto è rimasto uguale. Economia mossa da tonnellate di cemento.
Ecco, forse mi dispiace aver visto tante idee, ma nessuna rivoluzionaria. Sicuramente alcune erano già nel futuro. Come un ragazzo che stava progettando uno spacevillage, cui ho dato poco retta, fino a quando ho realizzato che al progetto collaborava la Nasa.
L’evento era organizzato molto bene. 3 ambienti in totale. In uno, piccolo a dire la verità, ogni giorno si alternavano startup. Negli altri due si susseguivano conferenze, in stile TED, ogni mezz’ora. Alcune conferenze mi hanno colpito e voglio raccontarvele brevemente.
Chobani di Hamdi Ulukaya
Hamdi è un turco che è passato da pastore a milionario. É una storia in classico stile “sogno americano”, nulla di speciale, ma mi ha ricordato molto le figure dei vecchi imprenditori italiani, che non pensavano solo al profitto, ma anche alle persone. Una volta raggiunto un grande obiettivo, cosa c’è di meglio di far felici anche gli altri?
É la storia di un immigrato in America, che dopo una prima azienda andata male ne preleva una di yogurt dalla Kraft in fallimento. Dopo i primi affanni dove è costretto a dormire nel capannone e a fare personalmente le consegne, gli affari decollano. Non vende l’azienda e decide di continuare, diventando milionario. Però si accorge che i dipendenti non sono felici. Decide così di condividere il successo con loro. Regala il 10% dell’azienda ai dipendenti, regalando quote in base alla mansione e da quanto tempo lavoravano per Chobani. Questa azione sociale, diventa virale e da allora diviene un personaggio, invitato ovunque. Capisce che una volta avuto un determinato successo, per farlo aumentare si deve condividere qualcosa con chi lavora per te.
John Medina
E’ un neuro scienziato, ha parlato in sostanza degli ambienti di lavoro. Costruiti in passato in base ad una visione schiavista. Oggi sono luoghi che non hanno più senso.
Il 60% dei lavori nel mondo occidentale possono essere fatti da casa. Ma esiste la credenza che l’occhio del padrone ingrassi il cavallo. Così si preferisce radunare i lavoratori in luoghi dove possano essere controllati. Ormai moltissime ricerche mostrano come il luogo di lavoro sia tra i meno stimolanti e tra i più distraenti. John spiega perchè: negli uffici si è sempre interrotti, da un collega, una riunione, una mail, una richiesta del capo, ecc. Uno stress cui tutti noi siamo costretti durante le nostre giornate. Ma il nostro sistema cognitivo non è adatto a questo. Siamo distratti continuamente, per esempio con una e-mail, mentre stiamo scrivendo una relazione, la corteccia prefrontale anteriore deve disimpegnarsi delle “regole di scrittura” e attivare le regole per le e-mail. Questo succede a ogni interruzione: alla fine impieghiamo il 50% in più del tempo per portare a termine un compito, con il 50% in più di errori. A casa si hanno molte meno interruzioni. Inoltre il cervello non riesce a lavorare più di 5 ore al giorno. E nemmeno di seguito. Dovrebbero essere pause di “almeno” 15-20 minuti tra un’ora di lavoro e l’altra.
Tim Ellis
Tim ha costruito la stampante 3d più grande del mondo. Questa stampante è in grado di stampare i suoi razzi e mandarli in orbita. Ma la sua idea è molto più grande. Per quanto possa sembrare una idea pazza l’utilizzo della tecnologia di stampa 3D non è del tutto nuovo in campo aeronautico: Boeing e Airbus la impiegano da tempo per realizzare alcune componenti dei loro giganteschi B787 Dreamliner e A350. Con questa tecnologia è infatti potenzialmente possibile realizzare praticamente di tutto, dai rivestimenti esterni alle componenti del motore. Airbus sta già lavorando a un propulsore attualmente realizzato con 270 pezzi, che una volta stampati in 3D potrebbero diventare solo 3. Tim pensa che si possa rivoluzionare il mercato aereo. Gli aerei hanno una manutenzione rigorosa e molto costosa. Ma spesso gli aerei vengono messi fuori uso con gran parte delle loro parti ancora in buona salute, peccato che non si possono riutilizzare. Spesso solo un 20%-30% è davvero da buttare.
Joel Sercel
Joel vuole costruire una stazione solare sulla Luna. Anche qui il progetto potrebbe sembrare da pazzi, ma Joel ha illustrato come le problematiche e i costi siano molto simili a quelli dell’imminente progetto del parco solare nel Sahara. Per quest’ultimo sono disposti a metter su una rete di tubi e fili senza precedenti, in grado di trasferire l’energia accumulata. Una stazione solare sulla Luna avrebbe una potenza incredibile, senza pari. Ora si stanno concentrando sul come portare l’energia sulla Terra. La Nasa crede che questo sarà il futuro e per questo ha finanziato Joel.
Sindaci di Chicago e Newark
La loro è una visione americana, per questo partono dall’assunto che devono ripristinare il motore che dà vita al sogno americano: il lavoro. La situazione non è affatto rosea. La gente si sente tagliata fuori dalla società perché non riesce a parteciparvi. Per loro questa inclusione deve ripartire dalla scuola, che adesso non ricopre più il ruolo che ha sempre avuto: formare. Formare per cosa?
Il loro sistema si è sempre retto su: università > lavoro > famiglia
Il primo è, come abbiamo visto, in difficoltà, ma la vera piaga è il secondo tema: il lavoro. Non essendoci lavoro, la gente comincia a non aderire più ai sistemi sociali dominanti, e se all’inizio può essere buono, perché nascono iniziative fuori dagli schemi, a lungo andare queste spinte sociali si trasformano in rabbia e delusione. Molto pericolose. A questo dobbiamo aggiungere il ruolo delle città che è completamente cambiato.
Una città è la combinazione di più realtà diverse, tanto da divenire più città insieme. Così una sola città è in realtà più città molto diverse allo stesso tempo. Ogni parte della città ha problemi molto diversi e per esempio, succede che guardando i dati generali può sembrare che il problema principale sia uno, per esempio i rifiuti, ma non è cosi. Un’altra parte della città ha il problema della viabilità e così via. Cosa succede? Succede che l’amministrazione spende i fondi su un dato problema e così risolve i guai principali di un quarto della popolazione, il resto della gente si sente preso in giro, perché vede i soldi delle tasse sprecati in cose inutili. Questo ha portato a non pochi problemi di ordine sociale. Soprattutto a Chicago dove la crisi è forte e interi quartieri, dove prima c’erano le industrie, ora sono desolati. Ma anche Newark è in crisi. I sindaci parlano quindi di neighborhood problem, cioè problemi di quartiere. Perché ormai i problemi non sono più della città, ma riguardano i quartieri, che in grandi città sono come piccoli capoluoghi. Ora a tutto questo dobbiamo sommare l’avvento delle smart cities. Alcune aziende hanno ormai implementato servizi incredibili, che l’acquirente non può rifiutare, nè i concorrenti locali eguagliare. Così la maggior parte delle persone, per esempio, usa Amazon o altri servizi online, facendo fallire le imprese locali e riducendo ancor di più il lavoro, mentre Amazon porta i profitti altrove. Alla città non rimane nulla, se non parcheggi e edifici che non servono più a nulla.
Queste sono solo alcune delle cose che ho visto, delle idee che mi hanno trasmesso le tante persone che ho incontrato. Ancora una volta l’informazione rimane l’unica arma a nostra disposizione. Una persona informata è già un rivoluzionario.