di Beppe Grillo – Sono impressionato da come il mondo possa letteralmente cambiare in pochi anni. Chi di noi avrebbe mai pensato di trovarsi in un momento storico cosi particolare, di dover discutere su come sarà l’etica delle macchine o come penseranno i nostri computer. Nel corso di questo ultimo anno ho avuto modo di parlare con tanti esperti in informatica e robotica, ma anche con ingegneri e programmatori. Ho avuto modo di approfondire questo argomento, di porre domande anche banali, ma che, in fondo, ci chiediamo un po’ tutti: “I computer possono apprendere?”. E’ una domanda cui è difficile rispondere senza lasciare qualche dubbio. C’è molta confusione a riguardo. Io stesso avevo davvero molti interrogativi ma la situazione è molto semplice e, senza entrare in dettagli tecnici, può essere spiegata facilmente. Prima di tutto abbiamo quella che viene definita “programmazione classica”.
La programmazione classica richiede molto tempo, ogni operazione che vogliamo che il nostro computer faccia, va immessa in maniera dettagliata e precisa. Così il nostro cervello elettronico eseguirà ogni passaggio nella maniera esatta in cui noi gliel’abbiamo descritto. Per fare questo è davvero molto importante che conosciate bene il compito da eseguire. Per esempio se volessi far apprendere al mio computer una lingua, dovrei sicuramente conoscerla. Ora immaginate invece di dover programmare un computer per qualcosa che voi non sapete fare. Se ci pensate è quasi una sfida impossibile.
Come potremmo spiegare dettagliatamente qualcosa di cui non abbiamo la minima idea?
Già nel 1956 qualcuno iniziava ad interessarsi a questo argomento. Un certo Arthur Samuel voleva che il suo computer lo battesse a dama. Cosi escogitò uno stratagemma geniale: fece giocare il computer contro sé stesso migliaia di volte per imparare a giocare a dama. Anche se lentamente funzionò davvero, e nel 1962 questo computer riuscì a battere il campione del Connecticut.
Oggi l’apprendimento automatico è chiamato machine learning e non è solo un appassionato a studiare la materia, ma migliaia di persone. Il sito kaggle.com raccoglie 200.000 professionisti dell’apprendimento automatico. Kaggle crea delle competizioni per cercare di risolvere problemi ancora irrisolti. Sembrerebbe che tutto questo sia molto lontano dalle nostre vite quotidiane, invece abbiamo a che fare tutti i giorni con sistemi di apprendimento automatico anche se non ne siamo consapevoli. Google trova informazioni usando un algoritmo basato sull’apprendimento automatico. Amazon e Netflix usano l’apprendimento automatico per suggerire prodotti che potreste voler acquistare o film che potreste voler vedere, Linkedin e Facebook talvolta vi dicono chi potrebbe essere vostro amico. Alcune volte è inquietante, perché questi siti hanno algoritmi che hanno imparato tutto questo dai dati che gli utenti hanno immesso invece che dalla programmazione manuale.
E’ una vera rivoluzione! Non solo i computer possono imparare a fare cose che nemmeno noi sappiamo fare, ma possono imparare a fare meglio quello che noi sappiamo già fare.
Stiamo andando verso un mondo in cui non saremo gli unici essere intelligenti.
Uno degli esempi più impressionanti di apprendimento automatico è stato riportato il 28 Novembre 2017 dal New York Times. In due settimane, Geoffrey Hinton e la sua squadra di ricercatori, senza nessuna esperienza in chimica, in biologia o in scienze biologiche, ha sviluppato un algoritmo per la scoperta automatica di droghe. E l’ha fatto in due settimane. Come ci sono riusciti? Hanno utilizzato un algoritmo fenomenale chiamato deep learning, ispirato al funzionamento del cervello umano. Il risultato è un algoritmo che non ha limiti teorici su quel che può fare. Più dati gli si forniscono e più tempo di calcolo gli si dà, meglio funziona. In teoria non ha limiti.
Voglio farvi altri esempi.
La IBM è riuscita in questo modo a far sì che il suo algoritmo Watson, battesse due campioni mondiali di “Jeopardy”, ed ecco perché oggi siamo in grado di vedere la prima auto che si guida da sola e che riesce a capire la differenza tra un albero ed un pedone. Il bello è che questi algoritmi imparano cose di cui avremmo difficoltà a programmare manualmente. Nel 2012 Google ha fatto vedere ad un algoritmo di apprendimento i video di YouTube. Alla fine il computer aveva imparato in modo autonomo concetti quali “persone” e “gatti”.
Sempre Google, lo scorso anno, ha mappato ogni singola località in Francia in due ore e lo ha fatto fornendo immagini di strade ad un algoritmo di apprendimento. Immaginate quanto si sarebbe impiegato prima: dozzine di persone, diversi anni.
E lo stesso sta accadendo in Cina. Baidu, una sorta di Google cinese, ha capito che cosa rappresentava un’immagine che gli avevano sottoposto. Poi ha trovato immagini simili.
I computer possono quindi capire concetti in maniera autonoma. Infatti frasi complesse e sfumate adesso sono comprensibili. In Svizzera persone che non parlano cinese hanno sviluppato un algoritmo che è in grado di leggere e tradurre in cinese come un madrelingua.
Un gruppo di Boston ha sviluppato dei sistemi che scoprono dozzine di caratteristiche, clinicamente rilevanti, dei tumori. I medici hanno così un aiuto nel fare le prognosi del cancro. Analogamente, a Stanford un gruppo ha annunciato che osservando i tessuti ingranditi, hanno sviluppato un sistema basato sull’apprendimento automatico che è migliore dei patologi umani nel predire le percentuali di sopravvivenza nei malati di cancro.
Nel caso di alcune patologie il sistema informatico ha scoperto che le cellule intorno al cancro sono importanti quanto le cellule tumorali stesse per fare una diagnosi. È il contrario di quanto è stato insegnato ai patologi per decenni. Anche qui, chi ha programmato questi sistemi non era un medico.
E’ il modo in cui noi guardiamo a queste innovazioni che cambia come utilizzarle.
Il Forum Economico Mondiale riporta che ci sono dalle 10 alle 20 volte meno medici del necessario nei paesi in via di sviluppo e serviranno circa 300 anni per formare abbastanza persone per risolvere il problema.
Stiamo andando verso un mondo in cui non saremo gli unici essere intelligenti. E’ la prima volta. Come vogliamo che sia questo mondo dipende da noi e da come utilizzeremo questi sistemi complessi. Dobbiamo capire che tipo di società vogliamo e cosa vogliamo fare. Non possiamo guardare al passato. Prendere oggi queste decisioni significa soprattutto non farsi governare dal futuro, ma governarlo.