“Il piccolo Stato isolano, nel mezzo dell’Oceano Atlantico, era finito nel mirino del Fondo Monetario Internazione (FMI) che imponeva l’immediato rimborso del debito contratto con Gran Bretagna e Olanda per salvare la Icesave, società controllanta da Landsbanki, banca affossata dalla crisi. I banchieri islandesi avevano infatti concordato un prestito pari alla metà del PIL islandese (5,6 miliardi di euro) a fronte del danno subito dai correntisti dei due paesi. L’Islanda ha deciso di nazionalizzare gli istituti di credito colpiti dalla crisi ma così facendo il debito con GB e Olanda è finito sulle spalle della popolazione, costretta a pagare nel 2009 una prima trance consistente in 3,5 miliardi di dollari. Ma la forza e la dignità degli islandesi non ha permesso che questo accadesse: dopo la legge del 2009 che prevedeva questo pagamento, è stato subito convocato un referendum che nel Marzo 2010 ha bocciato sonoramente la legge, vietando qualsiasi rimborso. A dicembre dello stesso anno il ministro dell’economia Sigfusson decise di ignorare il referendum e riproporre il provvedimento (i referendum non vengono dimenticati solo in Italia a quanto pare): il rimborso del debito viene infatti ordinato dall’Europa come requisito fondamentale per entrare nell’Unione. Ma niente da fare: i cittadini, infuriati, non solo hanno costretto la politica a far scattare l’arresto per i banchieri responsabili del crac, ma lo scorso fine settimana hanno nuovamente bocciato la legge con un altro referendum plebiscitario. Nessun rimborso, nessun pagamento”.
Roberto B.
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