di Marco Sarà – La morale, che cosa è nella sua essenza? Esiste un “senso morale” nel cervello? E se esistesse quale sarebbe il suo vantaggio evolutivo?
“L’insieme dei valori o principi in base ai quali l’individuo e la collettività decidono liberamente la scelta del proprio comportamento.” Questa è una delle definizioni più note del concetto di morale, così come la potete trovare sulla Treccani, eppure non sapremmo fornirne una altrettanto chiara dal punto di vista scientifico.
Benché siano stati condotti numerosi studi, misurazioni dell’attività cerebrale in occasione di una scelta di tipo morale, è difficile dire se questa esista e quale sia il suo significato evolutivo.
Le persone si muovono, oppure eseguono un calcolo aritmetico, in modo evidente e verificabile, ma non possiamo dire lo stesso per le scelte morali. Ancora, e sopratutto, un movimento ed un calcolo possono essere eseguiti in modo corretto oppure errato, giusto o sbagliato insomma.
Questo aiuta gli sperimentatori a “cercare nel cervello” le aree che svolgono o cooperano a svolgere questi compiti. Nel caso delle scelte morali, dal momento che le regole differiscono da cultura a cultura, non è possibile verificare se un soggetto abbia eseguito o meno in modo corretto un “compito morale”. Non esiste, insomma, un “risultato giusto” in assoluto quando si tratta di questioni del genere.
Molti pensano che la morale non esista, perlomeno non nella dotazione naturale dell’uomo e che sia soltanto appresa.
Proviamo a fare un “esperimento mentale” per cercare di rispondere alla nostra domanda chiave: esiste un senso morale nelle persone? Se così fosse, come le avvantaggerebbe sul piano evolutivo (nella sopravvivenza)?
Immaginate che fosse stata inventata una macchina in grado di duplicare una persona esattamente per quello che è in quel preciso momento. Potete provare voi stessi: siete di fronte al vostro duplicato esatto, come vi comportereste?
Prendiamo due estremi: se una cosa del genere capitasse a soggetti come Totò Riina assisteremmo, nel giro di pochi istanti, ad un duello mortale. Al contrario, se immaginate un tipo come Aldo Fabrizi è facile immaginare che i due si metterebbero d’accordo in pochissimo tempo sul da farsi.
Che cosa voglio dimostrare?
Noi sappiamo bene chi siamo nel nostro intimo, sapremmo quindi come comportarci di fronte a noi stessi, perché’ ci conosciamo molto bene, sappiamo come siamo fatti in realtà.
Allo stesso modo, quando ci stiamo confrontando con gli altri, è piuttosto evidente che una capacità di capire e così scegliere con chi allearsi o no, sia una necessità in natura.
In generale, quando è possibile ipotizzare una condizione (anche immaginaria) nella quale un’idea, oppure un possibile oggetto, siano necessari in natura diviene logico cercare quella cosa. Questa procedura viene definita “esperimento mentale” ed è stata utilizzata molte volte nella storia del pensiero filosofico e scientifico.
Democrito, ad esempio, immaginò l’esistenza degli atomi proprio grazie ad un esperimento mentale: prendere una quantità di materia e dividerla ripetutamente sino ad ottenere parti così piccole da essere divenute invisibili.
Quindi si chiese: potrebbe la massa da cui ero partito essere costituita dalla somma di tanti niente? Evidentemente no, quindi devono esistere delle costituenti elementari della materia che non vediamo. Li chiamò “atomi” e così abbiamo seguitato a fare sino ad oggi.