di Eleonora Evi – Come si coniugano ecodesign ed economia circolare? Attraverso un legame positivo e virtuoso di riduzione dell’impatto ambientale e delle quantità di rifiuti. Perché, con specifiche di progettazione basate su criteri di efficienza delle risorse e dei materiali, infatti, non solo si riesce a ridurre per l’80% l’impatto ambientale che i prodotti connessi all’energia hanno lungo il loro ciclo di vita, ma si contribuisce anche all’economia circolare. Questo perché agire sulla durabilità, la riparabilità, la possibilità di aggiornamento, ma anche sul potenziale di condivisione, riciclo e riuso di questi prodotti, riduce sensibilmente la quantità di rifiuti.
Questa è la risposta che arriva dal Parlamento europeo che ha fatto il punto sull’attuazione della direttiva 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia. Un lavoro di grande rilevanza cui il Movimento 5 Stelle ha partecipato attivamente, cercando di indirizzare la relazione adottata il 31 maggio a Strasburgo verso le priorità e gli obiettivi da raggiungere nel prossimo futuro nel campo dell’ecodesign.
Il punto di partenza per noi era chiaro: i nostri emendamenti puntavano alla necessità di lasciarsi alle spalle un modello economico basato sul consumo sfrenato di prodotti energetici, spesso addirittura progettati con la “data di scadenza” – la cosiddetta obsolescenza programmata – per passare ad un modello basato sui servizi e sulla collaborazione, dove le relazioni tra le persone siano la vera fonte di valore e dove la buona progettazione, per essere davvero tale, metta pienamente al centro i principi dell’economia circolare.
Per questo siamo soddisfatti nel vedere riconosciuta la necessità di agire nel campo dell’ecodesign per rafforzare i principi dell’economia della condivisione e dell’economia dei servizi, accogliamo positivamente il fatto che il testo parli del potenziale non ancora pienamente sfruttato dell’ecodesign per quanto riguarda la possibilità di creare opportunità occupazionali e sottoscriviamo a pieno l’indicazione di agire in modo più incisivo sulla sorveglianza di mercato, dato che tra il 10 e il 25% dei prodotti connessi all’energia immessi nel mercato dell’Unione non è conforme alle specifiche di progettazione ecocompatibile.
Allo stesso modo, è positivo che la relazione indichi, in prospettiva, la necessità di applicare i principi della progettazione ecocompatibile anche ai prodotti non connessi all’energia, per fare in modo che i cittadini europei possano usufruire di prodotti sempre più “virtuosi”, e l’obiettivo di ridurre o sostituire l’impiego di materiali e sostanze di importanza critica, come ad esempio gli elementi delle terre rare (REE), le sostanze di natura tossica, gli inquinanti organici persistenti (POP) e gli interferenti endocrini.
La direttiva sta contribuendo grandemente agli obiettivi che l’UE si era data per il 2020 nel campo dell’efficienza energetica e della lotta ai cambiamenti climatici. In particolare dell’efficienza energetica, che è stata la “stella polare” delle misure di progettazione ecocompatibile adottate fino ad oggi. Grazie all’ecodesign (e alle regole sull’etichettatura energetica) ogni anno sono state evitate 320 milioni di tonnellate di CO2 all’anno e si sono risparmiati 175 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, rafforzando la sicurezza energetica del continente.
Un contributo importantissimo, ma non ancora sufficiente a rendere l’Europa una società resiliente e sostenibile. Per questo l’orientamento che arriva da Strasburgo sul futuro dell’ecodesign è chiaro: più efficienza dei materiali e delle risorse, più economia circolare.