Di seguito alcuni estratti dell’intervista de La Stampa all’economista David Card, Premio Nobel nel 2021 per i suoi studi sulla correlazione tra salario minimo e occupazione, ospite ieri a Roma per un workshop sulla valutazione delle proposte di policy per il salario minimo, organizzato dall’Università Roma Tre e INPS, con la presenza del Presidente dell’Istituto Pasquale Tridico.
“Lo scenario è preoccupante. Mi auguro che i governi non tocchino le reti di sicurezza dei cittadini, dal salario minimo alle diverse forme di sostegno.
La riduzione dei salari sarà concreta, tra il 2 e il 5%.
La disoccupazione salirà al 10% o anche oltre, vuole dire che il 90% o poco meno dei lavoratori non perderanno il posto. Per questo i governi devono accompagnare le politiche monetarie con politiche fiscali e del lavoro.
Per quanto riguarda i redditi universali, più che i governi, sono le banche centrali a non volere strumenti del genere.
Le banche centrali vogliono recessione e perdita di potere d’acquisto. Fed e BCE sono convinte che sia l’unico modo per tenere l’inflazione sotto controllo. D’altra parte si muovono solo sulla base di aspettative future, e nonostante ripetano di voler evitare una recessione, fanno di tutto per portarci in una recessione profonda. Non sarà forse dura come quella del 1980, ma non sarà semplice.
Non si fermeranno fino a che i salari e prezzi saliranno meno del 2,5%. D’altra parte il rialzo dei tassi serve a tenere fermi i salari per raffreddare i prezzi. Anche per questo le banche centrali, oggi, non vogliono sentir parlare di salario minimo.
Potrebbe tornare l’incubo subprime, con prestiti e mutui più onerosi e con più disoccupati, tanti debiti diventeranno meno sostenibili”.