In questi tempi di polarizzazione, una delle lamentele che sento spesso da lettori e amici è che le persone a loro vicine sono cadute preda di teorie del complotto. Si tratta di un fenomeno sorprendentemente diffuso; alcuni studiosi stimano infatti che, negli ultimi anni, la metà degli statunitensi abbia aderito ad almeno una di queste teorie.
Forse state rabbrividendo in vista del giorno del Ringraziamento, quando una persona cara vi spiegherà la “verità” sulle elezioni di metà mandato o le “reali” origini del covid-19. Può essere davvero sconvolgente sentire un amico o un familiare dire cose che vi sembrano ovvie, strumentalizzabili sciocchezze: può sembrare quasi che siano entrati in una setta.
Forse in passato avete cercato di rispondere a queste loro convinzioni ricorrendo alle prove e alla ragione. Forse avete perso la pazienza e avete scelto la strada della derisione e dello scherno. Molto probabilmente non avete fatto progressi e avete solo messo a dura prova le vostre relazioni personali. È improbabile che litigare sui fatti concreti possa convincere qualcuno. La verità è che, spesso, la sostanza delle teorie cospirative – ciò che queste effettivamente sostengono – non è il motivo per cui le persone vi si aggrappano con tanto vigore. In certi casi queste convinzioni possono rendere le persone più felici. Ai loro sostenitori possono dare un senso di appartenenza, di controllo e perfino di divertimento. Capire questo aspetto può aiutarvi ad affrontare le loro opinioni in modo più compassionevole e persuasivo.
Una teoria del complotto è la convinzione che persone potenti abbiano complottato per ottenere una particolare circostanza o evento, e che lo abbiano fatto di nascosto. Chi crede a queste teorie ha spesso quella che la psicologia chiama “mentalità cospirativa”, ovvero una tendenza generale a sospettare che i potenti agiscano con segretezza.
Un grosso errore che commettiamo nel rapportarci alle teorie del complotto è quello di supporre che esse causino solo danni a coloro che le sostengono. In realtà la tendenza a sostenere queste convinzioni potrebbe essere radicata in noi stessi, perché esse potrebbero essere state utili, in determinate circostanze, alla nostra sopravvivenza. Alcuni studiosi hanno teorizzato, per esempio, che complotti realmente organizzati da forze ostili in passato – prima dell’affermarsi d’istituzioni moderne come i diritti civili e la protezione della polizia – potevano essere a tal punto mortali che per salvarsi era meglio aderire a un’idea paranoica, che poteva benissimo essere.
Le convinzioni complottistiche possono anche apportare benefici tangibili al benessere delle persone. Possono, per esempio, fornire la sensazione di avere il controllo della situazione in un mondo caotico. Le ricerche hanno dimostrato che le persone che sentono di avere poco controllo sulla propria vita sono più propense a nutrire superstizioni (come essere convinte che il numero 13 porti sfortuna), a vedere correlazioni inesistenti (per esempio nel mercato azionario) e a credere nelle cospirazioni. Allo stesso modo le persone che hanno bisogno di sentirsi uniche e speciali possono aderire a credenze insolite, come i complotti, sostenute da una minoranza di persone.
Queste convinzioni possono anche fornire un senso di comunità, come ha scritto Kelly Weill all’inizio di quest’anno su The Atlantic, in un articolo su chi crede che la Terra sia piatta. Anche se le teorie del complotto possono creare divisioni tra coloro che vi credono e i loro amici e familiari che non vi credono, allo stesso tempo queste opinioni impopolari possono creare un senso di comunità tra le persone che le sostengono, un po’ come accade per i gusti impopolari o le conoscenze esoteriche. Per più di un secolo alcuni scienziati sociali hanno definito questo fenomeno “sociologia delle società segrete” (a pensarci bene, con il nostro linguaggio specialistico e i nostri strumenti tecnici, anche noi che ci occupiamo di scienze sociali potremmo essere considerati un esempio di una società del genere. Anche se non di tipo cospirativo, si spera).
Inoltre le teorie del complotto possono essere – ebbene sì – divertenti. Pensate a tutti i film che vi sono piaciuti in cui l’eroe deve andare a fondo di un qualcosa che personaggi potenti e malvagi stanno facendo in segreto. Le persone trovano le cospirazioni divertenti anche nella vita reale. In un articolo pubblicato quest’anno sul British Journal of Psychology, i ricercatori hanno descritto esperimenti in cui alle persone sono state offerte posizioni complottistiche e non complottistiche per spiegare grandi eventi, come l’incendio di Notre-Dame. Le prime sono state giudicate più divertenti e hanno suscitato emozioni più forti delle seconde. Le teorie del complotto sono un punto di incontro tra attualità e intrattenimento; è facile capire perché siano un ottimo affare per la televisione e i social network.
Comprendere i vantaggi che le credenze cospirative offrono ai loro aderenti non significa ignorare o minimizzare il pericolo che talvolta queste possono comportare in termini di radicalizzazione, pregiudizio o perfino violenza. Se qualcuno che conoscete e amate aderisce a teorie cospirative, è ragionevole preoccuparsi di queste minacce. O forse appare semplicemente mortificante vedere qualcuno che amate cadere preda di idee che vi sembrano non solo errate ma assurde. Ma comprendere perché certe persone maturino queste convinzioni può rendere più empatici e quindi più efficaci nel trattare con esse.
Tenendo conto dei vantaggi apportati dalle teorie del complotto, ecco un piano in due fasi – prima i comportamenti ai quali resistere, e poi le cose da fare al loro posto – per aiutare una persona a cambiare rotta (o perlomeno contribuire a un cambio d’argomento e alla protezione della vostra relazione personale).
1. Resistete all’impulso di confutare la teoria in questione (debunking)
Ricordo di aver discusso anni fa, con un collega, su quella che consideravo una cospirazione palesemente assurda, mentre eravamo al lavoro. La sensazione era che tutti i miei tentativi di dimostrare che la sua teoria fosse ridicola non facessero che rafforzare la sua convinzione. Alla fine mi disse: “Più dici che ho torto, più credo di avere ragione”. Ho pensato che avesse solo una mentalità chiusa, ma poi mi sono imbattuto negli studi dello psicologo Rob Brotherton, autore di Menti sospettose. Perché siamo tutti complottisti. Brotherton scrive del cosiddetto effetto boomerang, per cui una persona che crede a idee cospiratorie le sostiene con più forza se messa di fronte a spiegazioni alternative o a prove che le confutano. Il debunking, lo sfatare miti, è spesso un’impresa destinata a fallire.
2. Concentratevi su ciò che avete in comune
Forse ricorderete la sensazione provata nell’essere andati a vivere per la prima volta lontani da casa, sentendovi soli e insicuri. Immaginate che in questo stato di vulnerabilità abbiate incontrato un gruppo di persone che vi abbia fatto sentire meglio e meno soli. Avevano punti di vista molto diversi da quelli della vostra famiglia e dei vostri vecchi amici, una differenza che avete compreso chiaramente quando siete tornati a casa. Se la vostra famiglia avesse attaccato il vostro nuovo modo di pensare, avrebbe in effetti attaccato l’unica cosa che vi aveva reso la vita tollerabile durante un periodo di solitudine. Il ritorno a casa sarebbe stato molto più dolce se vi avessero semplicemente dato il benvenuto, e si fossero concentrati sulle cose che avevate ancora in comune. O no?
Fate lo stesso con i vostri cari che hanno convinzioni strane o sbagliate. Parlate dei vostri amori comuni e dei ricordi più cari, non delle cose su cui non siete d’accordo. Fate insieme le cose che vi piacevano e tornate alle vecchie e insulse battute che solo voi capite. Come minimo, questo renderà più facile il momento che passerete insieme, e potrebbe aprire, per la persona amata, uno spiraglio per un ritorno alla realtà, se e quando sarà pronta.
Un ultimo punto che vale la pena di considerare è quello dei costi e dei benefici, per voi, nel concentrarvi sulle credenze cospirative di una persona cara. Una cosa che mi stupisce degli esseri umani è la nostra capacità di rovinare le cose che amiamo concentrandoci esclusivamente su ciò che odiamo. Da una prospettiva evolutiva posso capirlo: la sopravvivenza spesso richiede di prestare attenzione all’unico puntino di minaccia esistente in un ampio spazio di benessere. Lo capisco anche da una prospettiva pratica: è terribile vedere qualcuno che si ama diventare preda di un qualcosa che si considera folle o addirittura pericoloso.
Ma questa tendenza è tristemente destinata a rovinare le nostre cene del giorno del Ringraziamento, se ci ostiniamo a indagare sulle strane opinioni della zia Marge sul fluoruro, invece di concentrarci sull’affetto e sulla bellezza dello stare insieme in famiglia. Talvolta il problema delle teorie cospirative non è che siano gli altri a sostenerle, ma che siamo noi a concentrarci solo su di esse, rendendo le cose inutilmente spiacevoli. A pensarci bene, potremmo concludere che avere ragione sia meno importante che goderci un po’ di amore nella nostra vita.
Articolo di Arthur C. Brooks, pubblicato su The Atlantic