Cosa c’è di meno democratico e oscuro di una banca? Ci ho pensato a lungo, ma non ho trovato nulla. Si discute in questi giorni di presunte tangenti in merito alla riconversione di ex terreni industriali di Sesto San Giovanni e al coinvolgimento del pidimenoellino Penati, allora sindaco. In sostanza si indaga su un giro di mazzette per aumentare il valore dei terreni della ex Stalingrado d’Italia e costruirci sopra immobili. La solita storia già vista a Santa Giulia e in decine di altre operazioni simili. Distruzione del territorio, contiguità tra costruttori e politici, ambiente devastato per generazioni. Il vertice del triangolo, le banche, però ne esce sempre pulito, spesso non viene neppure citato. Sesto San Giovanni docet.
“Banca Intesa si muove su Sesto Trattative serrate per nuovi uffici con 5-6 mila impiegati in un’ area ex Marelli Non c’è ancora l’ accordo ufficiale, ma di certo le trattative vanno avanti spedite e la firma sull’atto di vendita potrebbe ormai essere molto vicina.” (Corriere della Sera 26/1/2001). Replicò Penati: “Se si formalizzerà l’ipotesi d’accordo Banca Intesa sarà la benvenuta. Le norme del nostro Piano regolatore consentono l’insediamento di terziario avanzato sulle aree dismesse“. Intesa decise di non proseguire, ma rimase sempre presente. Pasini, l’avventuroso proprietario dell’area Falck che ha dichiarato di aver versato mazzette destinate a Penati, a un certo punto vende tutto alla Risanamento di Zunino, che acquista l’area grazie a un pool di banche guidato da Banca Intesa. Risanamento è all’epoca un gruppo in ascesa, proprietario dell’area Santa Giulia a Milano, un mega quartiere residenziale usato per seppellire ogni tipo di rifiuto cancerogeno e finito sotto sequestro. Risanamento, ha però sempre goduto misteriosamente della fiducia delle banche e grazie a loro evita il fallimento. Le stesse banche che negano un fido o un credito a una piccola impresa erano creditrici di una società con TRE miliardi di debito. Quali banche? Unicredit, MPS, Banco Popolare e, naturalmente, Banca Intesa, ora IntesaSanpaolo.
Penati è nell’occhio del ciclone anche per l’acquisto del 15% della Milano – Serravalle (per un valore gonfiato) dall’imprenditore Marcellino Gavio. Penati, presidente della Provincia di Milano, chiese e ottenne 250 milioni in prestito, da chi? Da IntesaSanpaolo che non verificò evidentemente la congruità dell’investimento. Secondo l’ex sindaco di Milano, Albertini, Gavio realizzò un utile netto di 179 milioni. IntesaSanPaolo è stata anche partner del disastroso (per le casse dello Stato) affare Alitalia, salvata per essere regalata a Air France, ma anche di Telecom Italia con le azioni comprate a 2,2 euro quando chiunque avesse un minimo di conoscenza del settore e di Telecom le avrebbe pagate la metà. Infatti, IntesaSanPaolo è ora costretta a svalutare la sua partecipazione con il titolo Telecom saldamente sotto l’euro (oggi a 0,888) con una perdita di 120 milioni di euro. La proprietà e i soldi delle banche non sono delle banche, ma dei correntisti e dei loro azionisti. Non possono essere usati “ad minchiam” per lobby o speculazioni avventurose. Il fiato sul collo adottato per i Comuni deve essere replicato anche per le banche che tirano i fili delle marionette della politica nelle assemblee degli azionisti e in ogni occasione possibile. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
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