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Alberi in città: perchè non conta solo il numero

beppegrillo.it - Febbraio 28, 2025

Quanti alberi servirebbero idealmente nelle nostre città per garantirci ambienti freschi, sani e vivibili? La domanda non ha una risposta semplice. Tre ecologi, Alain Paquette, Serge Muller e Bastien Castagneyrol, hanno cercato di approfondire il tema nel loro libro “Dall’albero in città alla foresta urbana”, pubblicato in Francia e Canada. Tuttavia, piantare alberi senza una strategia precisa potrebbe non essere efficace.

La scienza conferma che una maggiore presenza di alberi migliora la qualità della vita. La copertura arborea, o canopy index, è collegata alla salute fisica e mentale. Ma qual è la percentuale ideale? Per anni si è parlato del 40%, un valore suggerito da uno studio americano del 1997, che indicava questa soglia come la percentuale di superficie urbana che dovrebbe essere coperta da alberi per garantire benefici ambientali e climatici significativi. Questo valore è stato ricavato da un’analisi di decine di città statunitensi e si riferisce alla percentuale ottimale di verde urbano necessario per contrastare il riscaldamento urbano e migliorare la qualità dell’aria. Nel 2017, gli stessi autori hanno rivisto questa posizione, sottolineando la necessità di considerare altri fattori come la densità della popolazione e il clima locale. Oggi, nuovi studi indicano che una copertura del 30% potrebbe ridurre la temperatura media di mezzo grado e diminuire del 30% i decessi legati alle ondate di calore.

In Italia, la situazione è decisamente preoccupante. Secondo l’ISTAT, la copertura verde nei comuni capoluogo si aggira intorno al 2,9% della superficie comunale, con una media di 32,5 m² di verde per abitante. Il numero di alberi è più limitato: si stimano circa 24 alberi ogni 100 abitanti. Se confrontiamo questo dato con la soglia del 40% o anche solo con il 30% raccomandato dagli studi più recenti, il divario è enorme. Alcune città, come Modena e Trieste, hanno una maggiore densità arborea, mentre altre, soprattutto al Sud, presentano numeri ancora più bassi.

Esistono diversi programmi di riforestazione urbana, con obiettivi spesso quantitativi. Tuttavia, per ottenere risultati concreti, non basta fissare un numero di alberi da piantare: occorre scegliere le specie più adatte, individuare le aree idonee e garantire la loro manutenzione. Ad esempio, Buenos Aires ha fissato come obiettivo una riduzione di 5 gradi delle temperature estive nelle zone più calde. In Italia, iniziative come ForestaMi a Milano (3 milioni di alberi entro il 2030) e il piano di Roma per 500.000 nuovi alberi entro il 2026 sono passi importanti, ma richiedono un monitoraggio costante.

Un aspetto fondamentale è la distribuzione degli alberi. Piantarli in aree marginali non è sufficiente; devono essere collocati nei punti dove il loro impatto è maggiore, ad esempio nelle zone più calde e inquinate. Molti alberi urbani, inoltre, si trovano in condizioni ambientali difficili, che ne compromettono la sopravvivenza.

Un altro tema cruciale è la diversità delle specie. In molte città si registra una forte predominanza di poche varietà. A Montréal, ad esempio, gli aceri rappresentano il 30% del totale. Un’eccessiva dipendenza da una singola specie aumenta il rischio di epidemie botaniche, come dimostrato dall’agrile del frassino in Nord America. Per mitigare questi rischi, la regola di Santamour suggerisce di non superare il 10% per singola specie, il 20% per genere e il 30% per famiglia. Tuttavia, una strategia più efficace richiede di selezionare alberi adatti al contesto urbano e resilienti ai cambiamenti climatici.

Oltre alla quantità, è fondamentale considerare anche la varietà delle specie arboree piantate. Un’elevata biodiversità tra le alberature urbane garantisce una maggiore resilienza agli attacchi di parassiti e malattie, oltre a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Le città che puntano solo su poche specie rischiano di vedere compromessa gran parte della loro copertura arborea in caso di epidemie o eventi climatici estremi. Per questo, una gestione efficace del verde urbano non può limitarsi alla semplice piantumazione di alberi, ma deve includere la scelta di specie differenti, più resistenti e adatte alle condizioni locali.

Il cambiamento climatico sta mettendo a rischio molte specie comunemente usate in città. Uno studio del 2022 su 3.129 specie in 164 città di 78 paesi prevede che due terzi di queste potrebbero essere in pericolo entro il 2050. Alcune città italiane stanno già intervenendo, con Milano e Roma tra le più attive. Tuttavia, l’efficacia di questi progetti dipenderà dalla loro gestione nel tempo.

In sintesi, l’interazione tra città e foresta urbana è bidirezionale: la pianificazione urbana influisce sulla vegetazione e viceversa. Non si tratta solo di piantare alberi, ma di inserirli strategicamente per ottenere il massimo beneficio ambientale e sociale. Il divario tra gli standard ottimali e la realtà italiana è enorme e non può essere ignorato. Per migliorare le nostre città, è fondamentale un approccio basato su criteri scientifici e una gestione a lungo termine, ponendo attenzione non solo alla quantità di alberi, ma anche alla loro varietà e qualità.

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