“Le persone con disabilità hanno un’aspettativa di vita fino a 20 anni in meno a causa delle diseguaglianze sanitarie”, è l’allarme lanciato qualche tempo fa nell’ultimo Rapporto globale dell’OMS sull’equità sanitaria per le persone con disabilità .
Per coloro che non vivono la disabilità eseguire un esame diagnostico in una struttura sanitaria è qualcosa di semplice. Per le migliaia di persone con disabilità, invece, può diventare un ulteriore montagna da scalare, generando altro dolore e preoccupazione, per loro e per la famiglia che li assiste, poiché il più delle volte l’azienda ospedaliera non può riceverli, per mancanza di strutture adeguate o per mancata formazione degli operatori sanitari.
Un sistema sanitario dovrebbe alleviare le sfide che le persone con disabilità devono affrontare quotidianamente, non aggiungerle. E’ per questo che a Roma, all’interno dell’Azienda Ospedaliera San Camillo, dal novembre 2019 opera un team di super professionisti che ha messo in campo il Progetto TOBIA (Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali), per prendere in carico i pazienti più fragili che necessitano di accedere a procedure diagnostiche necessarie per prevenire e curare patologie non direttamente collegate alla malattia principale da cui sono affetti.
Grazie al Progetto Tobia (integrato nella rete DAMA di Milano), sono state erogate oltre 3000 prestazioni specialistiche, circa 200 interventi in sedazione profonda o in anestesia generale (dal prelievo di sangue all’intervento odontoiatrico) contribuendo all’abbattimento delle barriere di accesso alla salute e dimostrando che tutti hanno lo stesso diritto al più alto standard di salute raggiungibile. “Numeri importanti che sono stati la spinta per la creazione di un modello che può e deve essere replicabile in tutte le strutture ospedaliere del Servizio sanitario nazionale”, ha dichiarato il Dottor Stefano Capparucci, coordinatore del servizio.
«I familiari delle persone con fragilità hanno chiaro quello che dobbiamo fare, ce lo stanno dicendo da anni – ha dichiarato Narciso Mostarda, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini -. Qui al San Camillo stiamo realizzando un’area più ampia per l’accoglienza, l’ascolto e l’accompagnamento. La collocheremo nello spazio più nobile del San Camillo, il Padiglione Piastra, che si trova all’ingresso principale, dove non ci sono barriere architettoniche, e accoglierà tutti gli operatori che stabilmente si occupano di relazioni con il pubblico, gli operatori di Tobia che si occupano di accoglienza della diversità, e anche i professionisti psicologi capaci di mediare, soprattutto quando c’è da comprendere quello che i pazienti non riescono a dirci».
Un’esperienza destinata ad ampliarsi in altre 15 strutture del Lazio, grazie all’adozione di linee d’indirizzo regionali e corsi di formazione specifici per circa 80 operatori, che speriamo possa essere emulata in tutte le strutture sanitarie del nostro paese.
Nessuno sia mai lasciato indietro!