Spero che Dario non se la prenda se lo tiro in ballo. Ma, da giorni, c’è un tarlo che mi rode. La sensazione di tenersi dentro un rospo. Quella che ti guardano e ti dicono “Se devi dirlo, allora dillo per l’amor del cielo“. Ho preso tempo. Ho pensato che era inutile dire qualcosa. Dario, comunque, avrebbe rifiutato, e allora… non valeva la pena. E poi sono contrario alla nomina di senatori a vita con diritto di voto che alterano gli equilibri della democrazia popolare. Un’usanza medioevale e antidemocratica. Si possono magnificare con titoli roboanti, tipo Gran Baronetto del Quirinale o Immenso Cavaliere di Palazzo Madama, ma senza diritto di voto, quello no. Però, comunque, la cosa non mi va giù. Dario avrebbe rifiutato, va bene, ma il gesto andava fatto. Se non lui, uno dei due Nobel italiani in vita, chi altri? Questo è uno sgarbo istituzionale, non una scelta. Il massimo rispetto per le figure indicate, ma il sospetto che siano state nominate per un voto sicuro a un futuro governo del pdmenoelle, un Letta bis o un Amato, l’ex tesoriere di Craxi, eterno cavallo di ritorno, è forte. Quattro indizi fanno una prova. Perché non Dario Fo? Forse perché è un uomo libero, non condizionabile? La decisione è stata presa su che basi? Mistero. La grancassa dei giornali e delle televisioni ha celebrato questo atto presidenziale come una prova di enorme saggezza magnificando le scelte, ma nessuno ha speso una parola sul Grande Assente, su Dario Fo. Tutti allineati a difendere il fortino. Ecco, ora l’ho detto. Dario è il mio senatore a vita e come direbbe Guccini “a culo tutto il resto“.
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