L’Europa continua a sbagliare tutto. Le proteste degli agricoltori a Bruxelles sono legittime e sacrosante: per loro il costo di produzione di 1 litro di latte è di 40/41 centesimi al litro e viene rivenduto a 35 centesimi. Questo prezzo all’industria di trasformazione non basta perché il latte importato dall’estero costa ancora meno: 28/29 centesimi al litro. L’Europa vuole la Caporetto dell’agricoltura italiana! La fine delle quote, e il ‘laissez faire‘ che la Commissione europea ha imposto nella fase successiva, sta uccidendo un settore vitale della nostra agricoltura. Produrre latte significa oggi venderlo a meno di un terzo di una tazzina di caffè o di una bottiglietta d’acqua e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi anni una stalla su cinque è stata chiusa e il settore ha perso ben 32 mila lavoratori.
VIDEO Le proteste che hanno bloccato Bruxelles
A gettare benzina sul fuoco, inoltre, è arrivato l’embargo nei confronti della Russia che ha tolto all’Europa un mercato che acquistava non solo il latte, ma anche prodotti lavorati come il formaggio. Chiuso questo sbocco, il mercato è entrato in una fase di sovrapproduzione, inasprita anche dalla frenata dell’economia cinese. La discesa dei prezzi é stata inesorabile, gravata anche dalla fine del regime delle quote latte per la quale la Commissione europea non ha previsto nessuna uscita morbida.
Il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, ha messo in campo ieri, durante il Consiglio europeo dell’Agricoltura, delle misure palliative che non risolvono il problema. Per porre rimedio a questa situazione endemica non servono interventi una tantum, come il pacchetto di aiuti elaborato dal Consiglio europeo. Occorrono interventi strutturali e profondi, che indirizzino il settore verso un nuovo modello agricolo imperniato sulla filiera corta e sul legame con il territorio.
La proposta del Movimento 5 Stelle è quella di regolamentare il mercato introducendo delle ‘quote camaleonte’. Enti e associazioni di categoria devono mettere gli agricoltori nelle condizioni di vendere non solo i propri prodotti, ma un modello di agricoltura, basato sui prodotti tipici della propria terra e sulla sostenibilità. Ogni piccolo produttore deve essere messo nelle condizioni di poter commerciare le proprie eccellenze anche direttamente, senza intermediari. Solo così potrà sopravvivere in un mercato globale, solo così potremmo preservare le nostre eccellenze e le nostre tipicità. Se non andremo in questa direzione perderemo gran parte del nostro patrimonio agricolo e delle nostre tradizioni. E misure di salvataggio come quelle previste dal Consiglio Europeo non saranno certo sufficienti a recuperarle”