di Amanda O’Rourke – A forza di parlare di Smart City e di nuove tecnologie, spesso perdiamo di vista ciò che davvero è importante. Di fatto viviamo in luoghi fatti per le automobili che come accessori hanno loculi (che chiamiamo abitazioni). Inoltre ognuna di queste cose consuma un sacco di energia e ne spreca la maggior parte. Non sembrano Smart City, vero?
Non esiste una definizione di “città intelligente”. Tuttavia, vi è un consenso generale sul fatto che ciò che rende una città intelligente è l’uso di diversi tipi di sensori elettronici per raccogliere informazioni. Informazioni che vengono successivamente utilizzate per gestire in modo efficiente le risorse. Il concetto viene spesso presentato come il perfetto connubio tra tecnologia dell’informazione e della comunicazione e la gestione efficace di infrastrutture e servizi cittadini.
I buoni dati possono aiutare a costruire buone città; non c’è nulla di nuovo in questo. Abbracciare i processi decisionali basati sull’evidenza e basati sui dati e utilizzare la tecnologia per acquisire tali dati è un obiettivo lodevole. Ma spesso tutto questo viene presentato come una panacea.
C’è un mito del nostro tempo che dice che la tecnologia alla fine risolverà tutto. Forse è vero. Ma questo pensiero ha il difetto di autorizzarci a non cambiare mai i nostri comportamenti.
In realtà sappiamo cosa fare per migliorare la città. Abbiamo già dati schiaccianti su ciò che rende le città più coinvolgenti, luoghi vivaci per le persone e cosa non lo è. Ci sono studi sin dagli anni ’60 e anche prima.
Negli ultimi 100 anni, abbiamo progettato le nostre città attorno al movimento delle auto, invece di concentrarci sulla salute e la felicità delle persone.
Questa stretta concentrazione su una singolare innovazione tecnologica ha stimolato miliardi di dollari di investimenti pubblici in infrastrutture stradali, poi sui i parcheggi e ora sull’aumentare tutte queste infrastrutture, che comunque continuano a non essere sufficienti.
Il punto è molto semplice: le città non possono permettersi di mantenerle.
Tutto questo ha drasticamente cambiato e separato dalla vita delle persone e dalle loro reali necessità, l’uso del suolo e degli spazi di vita, ha causato gravi degradazioni ambientali, ha diviso le comunità economicamente, socialmente e razzialmente.
Gli esseri umani sono animali sociali che camminano e l’attività fisica quotidiana e il contatto sociale sono una parte fondamentale della nostra salute e del nostro benessere generale. La ricerca ha dimostrato che il semplice atto di camminare in uno spazio verde può ridurre i nostri livelli di stress e migliorare la nostra salute mentale. I bambini ottengono risultati migliori dal punto di vista accademico, sono più propensi a fare attività fisica e hanno meno problemi comportamentali a scuola. I più anziani che vivono in comunità dipendenti dall’auto con scarsa percorribilità e con un servizio di trasporto scadente sono a maggior rischio di isolamento sociale.
Dobbiamo costruire infrastrutture sicure e connesse per camminare, andare in bicicletta, dobbiamo ridurre la velocità del traffico, riconvertire l’uso del suolo e investire nel trasporto pubblico. Si deve rendere l’ambiente pubblico più accogliente, compresi servizi come alberi di strada e comode panchine cittadine.
Questo è il motivo per cui si sta ritornando a parlare di ripensare le nostre città per l’uomo. L’uomo cammina, va in bicicletta, vive il posto dove abita. Oggi spesso non sappiamo cosa c’è nel mezzo del tragitto che va da casa al lavoro.
Certamente non possiamo ricostruire totalmente le nostre città, ma potremo avere molto più spazio se non lo riempiamo di auto e parcheggi. Abbiamo strade enormi e case microscopiche. Forse dovrebbe essere il contrario?
Sappiamo che la città tentacolare auto-centrica ha avuto un effetto negativo e sproporzionato su coloro che non guidano, come i bambini, gli anziani e gli emarginati economicamente. Abbiamo limitato il loro diritto alla mobilità indipendente, il loro diritto allo spazio pubblico e il loro diritto di partecipare e impegnarsi nella vita civile.
Ma sappiamo anche come sistemare. Dobbiamo solo capire se vogliamo vivere ancora in città stupide o cambiare tutto. Cambiare tutto però non significa utilizzare le nuove tecnologie, ma abbracciare un nuovo modello di città, di società o presto gli stessi errori si ripresenteranno con mezzi diversi. Ripensare le città è di vitale importanza. Sarà come scegliere se gestire la nostra vita o farsi gestire.
Perché dico questo? Perché alcune innovazioni che ci stiamo sbrigando ad adottare cambieranno cosi tanto le nostre vite da sconvolgerle. Ma non ce ne siamo ancora accorti. Non lo abbiamo capito. Siamo bloccati nel 19° secolo e sembra che non ci vogliamo muovere. L’e-bike, le nuove batterie, le auto elettriche, avranno un impatto molto maggiore sulle nostre città rispetto alla macchina a scoppio.
Non concentriamoci solo su quali città possono impiegare le nuove tecnologie nel modo più rapido, ma invece su quali città hanno le strategie più intelligenti per affrontare le sfide del XXI secolo, come la crescente disparità economica, l’isolamento sociale, la congestione del traffico, l’accessibilità economica, le cattive condizioni di salute, il cambiamento climatico e altro ancora.
Il Centro per la globalizzazione e la strategia della IESE Business School di Barcellona ha recentemente pubblicato le classifiche per le città più intelligenti del mondo nel 2018: città come New York, Londra e Parigi si sono classificate in cima alla lista. Tuttavia, gli autori del rapporto hanno anche notato che le città in cima alla lista sono anche quelle con un maggior incremento di criminalità, smog, congestione stradale e abbandono delle infrastrutture, tanto che si collocano in fondo alla graduatoria su queste misure.
Le città stanno per diventare intelligenti. É ora di farlo anche noi.