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Il confine tra pubblico e privato è sempre più sottile. Entrambi sono a pagamento, il pubblico si paga una volta sola con le tasse, il privato due volte. Il pubblico non funziona, il privato funziona, ma non sempre. Il pubblico è di tutti, e quindi di nessuno, il privato è di un’azienda, di solito una concessionaria di beni pubblici. Privatizzare è una parola positiva, statalizzare è comunista, no global, contro il progresso. L’IRI era pubblica, anche la Telecom era pubblica e da quando è privata e sommersa da debiti (35 miliardi di euro) e dai licenziamenti (50.000 , il 50% dei dipendenti, in dieci anni). Il demanio era pubblico e diventerà privato. L’acqua era pubblica e ora è privata. La punizione e la morte, carceri e cimiteri, diventeranno private. La salute sta per passare il confine tra pubblico e privato, in modo definitivo. Le tasse aumentano e i servizi pubblici diminuiscono. Gli asili pubblici sono pieni o fatiscenti, l’asilo privato è pulito, costoso e con le suore sempre sorridenti. Le spiagge pubbliche sono più rare di un gabinetto pubblico. La Repubblica Italiana, da “re publica” (cosa pubblica), dovrebbe cambiare il suo nome in Stato Privatizzato Italiano. Il privato è un’attività a fini di lucro, il pubblico un servizio sociale in cui i costi e i ricavi si pareggiano. Quando il pubblico diventa privato si genera reddito per i gestori. E’ la creazione della ricchezza a investimento zero e a costo addizionale per i cittadini. Invece di far funzionare lo Stato si preferisce la barzelletta del privato che viene in soccorso del pubblico in difficoltà. Se così fosse, i dipendenti dello Stato, i politici, i funzionari inetti che, ad esempio, non riescono a far funzionare gli acquedotti, dovrebbero essere licenziati. Perché pagare loro con le tasse e anche le società private con la bolletta? Se un politico (chi in teoria dovrebbe rappresentare più di lui gli interessi pubblici?) afferma che un bene di proprietà dei cittadini va privatizzato per renderlo più efficiente è un incapace, un corrotto o fa gli interessi del partito insieme ai suoi. Sono tornato dopo anni questa estate in un paese della Valle d’Aosta. Lo ricordavo raccolto, antico, con orti che intervallavano le abitazioni. Vicino al centro c’era in costruzione un grande parcheggio interrato, altri parcheggi ovunque. Al di là di un ponte era segnalato un cammino a piedi tra i boschi, che ho percorso. Alla mia sinistra un torrente con il letto cementificato e a destra recinzioni continue con cartelli di proprietà privata. Più avanti, grandi campi da golf con: “Vietato l’ingresso” e ponti sul torrente sbarrati, riservati al passaggio dei golfisti. Un percorso intubato, la natura privatizzata. Al ritorno mi domandavo: “Dopo i prati cosa privatizzeranno?“