di Isaac J.P. Barrow – Il 2024 si chiude con una fotografia del mondo piena di contraddizioni. Mai prima d’ora l’umanità aveva raggiunto livelli così alti di innovazione tecnologica e progresso scientifico: il mercato dell’IA supera i 500 miliardi di dollari, la capacità solare globale ha superato i 1.200 GW, e i vaccini a mRNA sono ora studiati per il cancro e l’HIV; la rete 5G copre il 70% della popolazione mondiale e missioni spaziali private hanno raggiunto la Luna…ma mai come oggi le disuguaglianze sociali ed economiche non sono state così marcate. Da un lato, pochi individui accumulano ricchezze inimmaginabili; dall’altro, miliardi di persone lottano per soddisfare bisogni primari come il cibo, l’acqua e un’abitazione sicura. È il momento di bilanci e riflessioni profonde, ma soprattutto di azioni concrete per cambiare rotta.
Secondo il Bloomberg Billionaires Index del 2024, le 20 persone più ricche del mondo hanno incrementato i loro patrimoni di quasi 800 miliardi di dollari in un solo anno, portando la loro ricchezza complessiva a livelli senza precedenti. Elon Musk, con 468 miliardi di dollari, guida la classifica, seguito da Mark Zuckerberg (210,7 miliardi) e Jeff Bezos (209,2 miliardi). Questi numeri, da capogiro, contrastano drammaticamente con la realtà di metà della popolazione mondiale, che vive con meno di 5,50 dollari al giorno, secondo i dati della Banca Mondiale. Questo squilibrio non è solo un problema economico, ma una crisi morale. La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi significa che le risorse vengono sottratte a chi ne ha più bisogno. L’UNICEF riporta che ogni giorno circa 10.000 bambini muoiono per cause legate alla malnutrizione. Intanto, le grandi fortune vengono investite in progetti come viaggi spaziali e intelligenza artificiale, che sebbene rappresentino il futuro, lasciano indietro le necessità più immediate della popolazione globale.
In questo contesto, emerge con forza la necessità di riconsiderare i parametri con cui misuriamo il progresso. Il Prodotto Interno Lordo (PIL), la metrica dominante nelle economie moderne, non tiene conto della qualità della vita, delle relazioni sociali, della sostenibilità ambientale o della salute mentale. È per questo che si parla sempre più di un nuovo paradigma: l’economia della felicità.
Il World Happiness Report 2023 colloca l’Italia al 33º posto su 137 paesi per livello di felicità, dietro a nazioni con redditi pro capite più bassi. Questo dimostra che la ricchezza materiale non si traduce automaticamente in benessere. Il benessere di un popolo non si può misurare in base al consumo di beni inutili, ma nella capacità di vivere in armonia con sé stessi e con il pianeta. È una riflessione che pone le basi per una rivoluzione culturale, prima ancora che economica. Tra le proposte più innovative per affrontare le disuguaglianze, il reddito universale si distingue per la sua semplicità e radicalità. Garantire un reddito di base a tutti i cittadini potrebbe ridurre significativamente la povertà e migliorare il benessere collettivo. Esperimenti condotti in giro per il mondo hanno dimostrato che i beneficiari del reddito universale sono sempre più felici, meno stressati e non meno produttivi.
Non si tratta di pagare le persone per non fare nulla, ma di offrire loro la libertà di scegliere come contribuire alla società. In un mondo sempre più automatizzato, dove la tecnologia riduce il bisogno di lavoro umano, il reddito universale potrebbe diventare una necessità piuttosto che un’opzione.
In Italia, il divario tra ricchi e poveri continua a crescere. Secondo l’ISTAT, nel 2024, circa 5,6 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta, un numero in aumento rispetto agli anni precedenti. Nel frattempo, il 10% più ricco della popolazione detiene oltre il 40% della ricchezza nazionale. Questi dati mettono in evidenza la necessità di riforme profonde, che vadano oltre la semplice redistribuzione del reddito. Alcune regioni italiane stanno sperimentando iniziative ispirate all’economia della felicità, come programmi di reddito minimo garantito e investimenti in servizi pubblici di qualità. Tuttavia, resta ancora molto da fare per ridurre il divario sociale e offrire opportunità reali a tutti. L’economia della felicità non è un’utopia, ma una necessità per affrontare le sfide del XXI secolo. Studi dimostrano che in società più egualitarie, dove le disuguaglianze sono ridotte, il livello di benessere generale è più alto. Investire in sanità, istruzione e infrastrutture pubbliche non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche una strategia per costruire società più coese.
Il 2025 può essere l’anno di una svolta. È necessario abbandonare l’idea che il successo individuale sia la misura del progresso e adottare una visione più ampia, in cui il benessere condiviso sia l’obiettivo primario. Il mondo non cambierà da solo. Non è un compito che spetta solo ai governi o alle grandi istituzioni. Ognuno di noi può fare la sua parte, ripensando le proprie priorità e partecipando a iniziative collettive. È il momento di immaginare un futuro in cui felicità, giustizia sociale e sostenibilità non siano solo ideali, ma realtà tangibili.
L’AUTORE
Isaac J.P. Barrow – Professore sociologo specializzato in dinamiche sociali globali. Tutta la sua carriera si è concentrata su globalizzazione e tecnologie digitali. Ha svolto ricerche in vari paesi ed è autore di studi su identità culturali e disuguaglianze. Ha collaborato con organizzazioni internazionali ed è considerato un esperto di politiche sociali ed inclusione.