di Beppe Grillo – Non sappiamo quanto ancora la Terra ci sopporterà, ma sappiamo che il cambiamento climatico è la più grande minaccia che abbiamo di fronte. Il mondo non è più sano di come lo abbiamo trovato, nè da un punto di vista sociale, economico, nè tanto meno ambientale. Rimaniamo divisi su tutto e uniti nel nulla. Firmiamo accordi che poi non vengono presi in considerazione. Nonostante l’accordo sul clima di Parigi del 2015 abbia cambiato il modo in cui parliamo del cambiamento climatico, e nonostante la pandemia, i leader mondiali sembrano essere riluttanti a mettere in atto ciò che è necessario per fare davvero la differenza.
Non possiamo continuare a ingannare noi stessi fissando obiettivi elevati, mentre sappiamo che nessuno li seguirà. Dobbiamo portare avanti cambiamenti all’intero sistema, rimodellare il modo in cui produciamo, consumiamo e finanziamo le nostre economie.
Abbiamo bisogno di soluzioni immediate ed efficaci. Una su tutte, una tassa sul carbonio o carbon tax.
Il cambiamento climatico e la disuguaglianza economica sono indissolubilmente legati. Come c’è disuguaglianza di reddito, c’è anche disuguaglianza nelle emissioni di gas serra. Per questo, una carbon tax è lo strumento fondamentale per una vera transizione ecologica, che metta al centro il pianeta e il benessere dell’uomo.
Cosa stiamo aspettando?
COSA E’ LA TASSA SUL CARBONIO O CARBON TAX
Una tassa sul carbonio è una tassa che un governo impone a qualsiasi manufatto che sia stato prodotto con emissione di anidride carbonica e/o altri gas climalteranti. I maggiori emettitori sono la filiera delle fonti fossili, quindi carbone, petrolio e gas naturale, e quindi in buona sostanza la stragrande maggioranza dei processi produttivi, che per alimentarsi utilizzano tali fonti energetiche. Quando questi combustibili ricchi di carbonio vengono bruciati, producono gas serra. Questi gas, come l’anidride carbonica e il metano, provocano il riscaldamento globale riscaldando l’atmosfera. I conseguenti sconvolgimenti climatici si concretizzano in forma di condizioni meteorologiche estreme, come ondate di calore, siccità ma anche viceversa inondazioni, bufere di neve, tornadi/uragani.
LO SCOPO
Lo scopo di una tassa sul carbonio è quello “incorporare” nel prezzo di vendita di un qualsivoglia prodotto il costo “reale” della sua realizzazione, cioè comprensivo degli inquinamenti generati (ciò non avviene affatto in tutto il mondo, in Europa viene fatta parzialmente tramite l’Ets). Oggi tali costi sono pagati troppo spesso non da chi li causa, ma al contrario da coloro che ne subiscono gli effetti negativi, cioè la totalità dei cittadini, che tramite le loro tasse devono finanziare lo Stato che a sua volta spende per alleviare i danni di siccità, alluvioni ecc. Un vero e proprio paradosso. Questa tassa viene anche definita “pigouviana”, dal nome del suo ideatore, poiché restituisce il costo del riscaldamento globale ai veri responsabili.
COME FUNZIONA
Per implementare una tassa sul carbonio, il governo (nel nostro caso, ma meglio ancora l’Unione Europea) dovrà determinare il costo da imporre per ogni tonnellata di emissioni di gas serra; una scelta non semplicissima, ma da anni sono allo studio alcune proposte di soluzione, tra cui anche una sviluppata in Italia.
I VANTAGGI
Dobbiamo premettere che il 90% delle plastiche (che sono prodotte dal petrolio) presenti nei mari e il 90% delle emissioni di gas climalteranti, sono di origine extra-europea. L’Unione Europea ha mediamente una legislazione ambientale più severa rispetto al resto del mondo. Questo crea una situazione di vantaggio economico per le industrie del resto del mondo che possono produrre in maniera più “sporca”, cioè (attualmente) più economica, e quindi invadere l’Europa di prodotti a basso costo. Questo determina che le aziende europee soffrano per tale concorrenza iniqua, e gli inquinamenti mondiali siano fuori controllo. La tassa avrebbe l’effetto di colpire poco le produzioni europee (più pulite), e tanto invece le produzioni extraeuropee (più sporche), abbassando la differenza tra i prezzi. In tal modo i Paesi extraeuropei, che vogliono comunque accedere ad un mercato “ricco” come quello europeo, sarebbero fortemente stimolati a convertire le loro produzioni industriali a modalità ambientalmente meno inquinanti.
Inoltre, come il M5S ha già fatto con il suo “bonus automobili”, l’extragettito fiscale incassato dallo Stato e proveniente dagli “inquinatori” potrebbe essere usato per diminuire viceversa la tassazione, o agevolare in altre modalità, l’acquisto di prodotti “verdi”. Con un sistema di compensazione per restituire tutte le entrate ai cittadini attraverso rimborsi forfettari uguali, si potrebbe garantire che i più vulnerabili abbiano benefici economici ricevendo più in “dividendi di carbonio” di quanto pagano in prezzi energetici aumentati, oppure per finanziare i programmi sociali, così come proposto da 250 scienziati europei.
Negli ultimi anni 57 Paesi al mondo hanno introdotto una forma di Carbon Tax, sperimentando l’avvio di un circolo virtuoso di abbassamento dell’inquinamento e aumento della competitività delle loro industrie. In Europa se ne parla dall’inizio degli anni ‘90 ed ora sembra finalmente sia sul punto di introdurla appunto per TUTTI i prodotti circolanti all’interno dei proprio confini, quindi ovviamente compresi quelli importati da fuori Europa.
Non possiamo aspettare ulteriormente, chi inquina deve pagare, il M5S si impegnerà per usare lo strumento della fiscalità come leva per costringere tutti a modificare i propri comportamenti in senso più rispettoso dell’ambiente, unica grande assicurazione per il nostro futuro.