di Torquato Cardilli – La sterminata produzione letteraria di Seneca comprende l’epistolario di 124 lettere dirette a Lucilio. In una di queste, il maestro di precetti filosofici e morali tratta del panico. Con parole che crederemmo scritte in questi giorni descrive, di fronte al coronavirus, la situazione italiana, soggetta alle torsioni ed alle strumentalizzazioni della politica che, a ciascun alito di vento, sfrutta ogni debolezza altrui per trarre un effimero profitto di consensi nei sondaggi, per ritoccare la propria immagine offuscata, per catturare a buon mercato qualche voto in più di un popolo impaurito e smarrito.
L’atteggiamento di schizofrenia (parola composta da fonemi greci, ma declinata per la prima volta in Germania nel secolo scorso e pertanto sconosciuta a Seneca) ha colpito qua e là a casaccio gli esponenti di spicco della Politica, dell’Informazione, della Protezione civile, della Sanità, degli Enti locali, con un negativo riverbero diretto sul singolo cittadino e sugli Stati esteri che hanno reagito in modo palesemente incontrollato, individuando l’Italia come il covo di tutti i mali e additandola come il pericolo da non frequentare. Niente viaggi né per, né dall’Italia.
Poi, il desiderio degli Enti locali di mostrare la propria autonomia rispetto alle direttive governative si è aggiunto alla bramosia dell’Informazione di fare lo scoop giornalistico ad ogni costo che ha spinto ogni rete televisiva a mandare in onda programmi di intrattenimento, servizi e collegamenti in diretta con gli ospedali delle zone colpite, che non aggiungevano nulla, ma proprio nulla, alle notizie ufficiali se non accrescere il senso di sgomento e paura negli ascoltatori indotti inconsciamente a comportamenti del tutto irrazionali come la corsa ai supermercati, alle farmacie ecc.
Si è passati nel volgere di qualche giorno dal più ingiustificato trionfalismo per l’attività dei ricercatori dello Spallanzani alla drammaticità di misure considerate da alcuni drastiche e da altri inutili.
E’ fortemente mancato il senso del coordinamento che, di fronte ad una calamità non statica ma dinamica, avrebbe dovuto rispondere con la centralizzazione delle informazioni, date da un’unica fonte autorizzata su basi scientifiche. Invece la politica, specialmente di opposizione si è rivelata tuttologa, esattamente come i commentatori da bar sport che elencano gli errori del tale allenatore ed ha finito per accrescere paure e disorientamento.
Infine l’incongrua contabilità sciorinata dalla Protezione civile dei contagiati, dei tamponi, dei ricoverati, dei deceduti non ha fatto altro che acuire il senso di timore generale.
Il paese che assiste con disinvoltura ad un femminicidio ogni due giorni, che, senza dire bi o ba, ha inviato i suoi giovani a morire nella spedizione militare in Afghanistan con nessun beneficio per la Nazione mentre il maggiore alleato si prepara ad una pace separata, che assiste immobile di fronte allo sterminio nella terra dei fuochi, agli avvelenamenti di Taranto o delle fabbriche di amianto, che non si cura della tremenda carenza di medici e di strutture, ora si allarma scivolando sconsideratamente nel panico per qualche migliaio di influenzati.
Invece sarebbe il momento di unire tutti gli sforzi e varare un immediato considerevole piano di investimenti e di sostegno all’economia (dico 50 miliardi), senza essere spalmato in un decennio come vorrebbe l’Europa. Diversamente l’Italia ancor prima della falcidia da coronavirus assisterà al suo disfacimento economico ed a sommovimenti sociali non prevedibili.
Ogni anno l’Italia registra 600 mila morti (a fronte di 450 mila nascite) di cui ben 6 mila ammazzati sulla strada. La politica nel parlare dei contagiati e dei defunti da coronavirus, non si sofferma sulla reale dimensione economica del problema ingigantendo quella sanitaria che, per quanto grave, non ha nulla a che vedere con la magnitudine dei decessi per cancro, per droga, per vecchiaia, per leucemia, per epatite, per diabete, per patologie polmonari, per HIV o dei morti sul lavoro, né adotta una strategia di programmi sanitari adeguati al bisogno. Ed ora il popolo dovrebbe strapparsi i capelli per qualche decina di vittime anziane, affette da varie patologie, a cui il coronavirus ha dato l’ultima spintarella verso l’aldilà?
Seneca scriveva: “…Niente è perciò così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di timore sono irrazionali, questa è dissennata…”. (…Nulli itaque tam perniciosi, tam irrevocabiles quam lymphatici metus sunt; ceteri enim sine ratione, hi sine mente sunt.…)
e continuava: “…ci lasciamo trascinare dal vento; temiamo l’incerto come se fosse certo; non abbiamo il senso della misura, subito un dubbio si trasforma in timore…” (…damus nos auraee ferendos; expavescimus dubia pro certis; non servamus modum rerum, statim in timorem venit scrupulum…)
Il suo discorso è teso a dimostrare che le paure infondate incutono più turbamento di quelle fondate perché rispondono ad impulsi irrazionali e inducono quanti si fanno ingannare da dicerie o da false notizie o da timori ancestrali, a comportarsi come “soldati che abbandonano l’accampamento spaventati dal polverone sollevato da una mandria in fuga”.
Se le paure di non trovare antidoti o contromisure efficaci dovessero tracimare in un panico incontrollato, tanto varrà rifarsi alla più antica massima attribuita ad Aristotele: “Se esiste una soluzione, perché ti preoccupi? Se non esiste una soluzione, perché ti preoccupi?”
L’AUTORE
Torquato Cardilli – Laureato in Lingue e civiltà orientali e in Scienze politiche per l’Oriente. E’ stato Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Ha redatto oltre 100 articoli di carattere politico ed economico pubblicati in Italia e all’estero da varie testate ed agenzie di stampa.