di Roberto Vacca – I tempi molto lunghi trascorsi nel passato o ancora da venire, vengono spesso mitizzati. La loro durata e i loro termini vengono resi vaghi. Taluno li accetta e li tramanda. Non se ne occupano più gli storici serii. Vengono inglobati nelle leggende o usati in testi fantasiosi a cui eventualmente si attribuiscono valori artistici. Come primo esempio, ricordo il calendario della tradizione ebrea in cui la creazione del mondo era fissata a 5784 anni fa.
Il calendario israelita è lunisolare cioè calcolato sia su base solare, sia su base lunare. L’anno può comprendere 12 oppure 13 mesi, ciascuno della durata di 29 oppure 30 giorni. I nomi dei mesi, come anche l’intera struttura, sono di origine babilonese. L’anno può durare da 353 a 385 giorni. Negli attuali documenti pubblici israeliani viene riportata sia la data secondo il calendario gregoriano, sia quella ebraica. Questa è difficile da calcolare perché deve rispettare numerose regole. Ad esempio, non è ammesso che certe ricorrenze coincidano con altre o con certi giorni della settimana o con le scadenze interne a periodi di 19 anni, detti “metonici”.
Ora sappiamo che l’universo esiste da miliardi di anni. È curioso che soltanto tre secoli fa il genio Isaac Newton scrivesse nei suoi appunti che il mondo fu creato 4004 anni prima dell’era attuale e che – secondo la profezia di Daniele (forse 6 secoli prima dell’era attuale) – il mondo finirà nel 2060. Il Talmud (primi secoli d.C.) contiene una descrizione (Olam Ha-Ba) del mondo avvenire forse coincidente con quello già annunciato nel Libro di Giobbe per un’ epoca imprecisata. Tale Mondo seguirebbe un periodo oscuro, detto Sheul, nel quale verrebbero parcheggiate le anime dei morti in attesa di una destinazione finale. Questa, forse decisa al momento del Giudizio Universale, sarebbe penosa per i cattivi (Gehenna) e piacevole (Eden) per i buoni.
Questo nuovo ordine delle cose potrebbe essere in parte simultaneo a un’era messianica, anch’essa definita vagamente come lo sono le previsioni contenute nei testi ebrei di circa 18 – 22 secoli fa. Il mondo avvenire non è descritto come molto piacevole. Rabbi Tarfor nel I secolo affermava che “la virtù non riceverà compensi in questo mondo … il premio dei giusti è nel mondo futuro.
Nel III secolo Rav Abba Arikha (seguace della scuola di Shammai) scrisse che nel mondo avvenire nessuno avrebbe mangiato, né bevuto, né generato figli e che i giusti, incoronati avrebbero goduto l’effluvio della presenza divina.
Tutti i testi di questa epoca sono oscuri. Non è chiaro chi e quanto credesse nell’immortalità dell’anima. Pare che i Farisei (movimento popolare) condividessero tale credenza e ritenessero che anche i corpi dei giusti sarebbero risorti. Taluno ha considerato anche Gesù Cristo come un Fariseo. La loro scuola, infatti, accettava come parte integrante della Legge anche la tradizione orale detta “Pirkè Avot”(Massime dei Padri). Cristo notoriamente non scrisse nulla, tranne alcune lettere (che nessuno registrò) tracciate nella terra. È presumibile che i 4 autori dei Vangeli abbiano inteso di seguire i suoi insegnamenti a registrare le sue parole.
È interessante che la Pontificia Università Gregoriana nel 2019 organizzò un convegno su “Gesù e i Farisei”. I relatori, fra cui parecchi Gesuiti, contribuirono revisioni del modo in cui i Farisei possano essere considerati come nemici di Cristo. Hanno anche riletto non solo i Vangeli (in particolare Luca), ma anche Paolo di Tarso, Giuseppe Flavio e la letteratura rabbinica. Hanno così riscoperto gli insegnamenti di Gesù Cristo oltre a ricche complementarità nelle interlocuzioni fra Cristo e i Farisei,
Invece i Sadducei (movimento aristocratico) non credevano nell’immortalità dell’anima, né nella prescienza di Dio. Asserivano che gli uomini sono liberi di volere e scegliere fra bene e male. Non consideravano le tradizioni orali come parte della dottrina.
Era sadduceo anche Caifa, il sommo sacerdote che condannò a morte Gesù Cristo. I Sadducei vennero osteggiati dai cristiani e se ne perse traccia dal II secolo.