di Saverio Pipitone – I discount Lidl di Torino, Bologna, Roma e Palermo sono stati di recente il set del reality show “Shop, Cook & Win!”, in onda sul Nove del digitale terrestre, con gli chef Simone Rugiati e Matteo Torretta che nei monitor di videosorveglianza scrutavano attentamente i clienti, scegliendone due e portandoli in cucina per una sfida di piatti gourmet preparati con i prodotti del carrello.
Il sistema di telecamere a circuito chiuso negli esercizi commerciali è installato e adoperato con lo scopo ufficiale di contrasto al taccheggio e per la sicurezza preventiva, anche se può abusivamente sconfinare nel monitoraggio sui movimenti di spesa dei consumatori o nel controllo dei dipendenti.
Come scoprì nel 2008 il giornale Stern, la Lidl nel 2004-07 ha spiato il proprio personale di 200 filiali in Germania con investigatori che – esperti in metodi Stasi (polizia segreta della vecchia DDR) – collocarono 5-10 microcamere per punto vendita, sia negli spazi pubblici che privati, agendo formalmente contro i furti, ma in pratica annotavano in appositi dossier ogni aspetto utile sulla vita professionale, familiare, relazionale e finanziaria dei lavoratori. Ecco alcune note spionistiche: «Domenica, ore 10.46: la signora N. ha tatuaggi su entrambe le braccia. I clienti anziani potrebbero esserne infastiditi. Bisogna suggerirle di tenere le braccia coperte mentre lavora»; «Mercoledì, ore 14.05: la signora M., durante la pausa, cerca di fare una telefonata con il suo cellulare, ma un messaggio automatico la informa che il suo credito residuo è di soli 85 centesimi»; «Giovedì, ore 14.50: la signora T. telefona al fidanzato e si mettono d’accordo per cenare insieme. Nonostante lo store sia pieno e resti molto da fare gli promette di uscire puntuale. Alle 15 va via». E ancora: «ha una cerchia di amici drogati», «introverso e ingenuo», «incapace», «vuole salari più alti», fino alle lamentele sui turni di lavoro e ai flirt fra colleghi. Dalle telecamere puntate sulle casse venivano inoltre osservati dei clienti che digitavano il codice PIN del bancomat.
Casi e testimonianze di serrato controllo della manodopera erano stati in precedenza riportati dai due libri “Black Book Lidl”, uno del 2004 e l’altro aggiornato del 2006, a cura del giornalista Andreas Hamann e editi dal sindacato tedesco Ver.Di. Nel 2009 il periodico Der Spiegel dette poi la notizia che nella città di Bochum furono trovati nella spazzatura parecchi dati riservati su 600 impiegati della Lidl, inerenti numeri di telefono, indirizzi postali, buste paga e coordinate bancarie, nonché moduli di assenze per malattia che gli stessi compilavano, su illegittima richiesta della direzione, con specifiche circa lo stato di salute: dal mal di schiena alla pressione alta, dalle visite dal psicologo o ginecologo alle diagnosi e terapie. Nel 2018 il film “Lidl Story” dei registi Annebeth Jacobsen e Frank Diederichs, trasmesso dalla tv tedesca ZDF, racconta di un’organizzazione che negli anni è stata impostata su criteri di accentramento e repressione.
Le menzionate inchieste giornalistiche convengono che il principale responsabile di tutto ciò è il fondatore e proprietario Dieter Schwarz, un’ottantenne che vive, volutamente e paradossalmente, nell’assoluta riservatezza stando lontano da sguardi indiscreti. È classificato dal magazine Forbes al 36° posto dei maggiori benestanti al mondo con un attuale patrimonio stimato in $ 22,4 miliardi (era di $ 7 miliardi nel 1999), ma secondo la rivista Bilanz, se si aggiungono investimenti, immobili e beni aziendali, il bottino raddoppia, salendo sul podio dei più ricchi della Germania.
Discende da una stirpe di commercianti con il padre Josef che dal 1930 era contitolare della storica bottega all’ingrosso di frutta esotica “A. Lidl & Co” nella Sülmerstraße 54 ad Heilbronn e nei decenni seguenti l’attività fu ampliata nei generi alimentari. Gli Schwarz avviarono successivamente dei propri market, evitando però di chiamarli con il loro cognome che significa “nero” e, per motivi legali, non potevano usare quello dell’ex socio. Dieter risolse la questione quando nel 1972, sfogliando il quotidiano locale Heilbronner Stimme, lesse un articolo che citava il pittore e insegnante in pensione Ludwig Lidl: lo contattò e comprò i diritti di sfruttamento del nome per 1.000 marchi.
Oggi la rete distributiva conta all’incirca 10.800 discount Lidl e 1.300 ipermercati Kaufland con 430.000 dipendenti per un fatturato annuo di oltre € 100 miliardi (era di € 2,6 miliardi nel 1990).
La crescita a livello europeo è stata sostenuta nel 2004-14 da soldi pubblici, intorno ad € 1 miliardo, erogati dalla Banca Europea Ricostruzione Sviluppo (BERS) e dalla International Finance Corporation (IFC) della Banca Mondiale. Tra gli ultimi finanziamenti vi sono € 220 milioni dalla BERS e € 180 milioni dalla IFC nel 2017-18 per un ulteriore consolidamento nell’Europa orientale, che si sommano ai € 50 milioni concessi contestualmente dalla Nordic Investment Bank, altra banca pubblica, per allargarsi in Lituania.
C’è uno studio degli economisti Axel Dreher, Valentin Lang e Katharina Richert – pubblicato nel Journal Development Economics di settembre 2019 – che ha esaminato 3.000 prestiti dell’IFC per un decennio, giungendo alla conclusione che la maggior parte di essi, invece di andare alle imprese di luoghi svantaggiati con difficoltà ad accedere ai capitali privati, finiscono nelle casse delle ricche multinazionali che hanno pure un trattamento preferenziale se nel board delle istituzioni finanziarie è presente qualcuno che rappresenta meglio gli interessi del paese ricevente. Il vicepresidente per lo sviluppo economico nel settore privato di IFC ed ex amministratore delegato di BERS, con un passato nel Fondo Monetario Internazionale (FMI), è Hans Peter Lankes: cittadino tedesco.
Attualmente Lidl è impegnata in una ramificazione negli Stati Uniti con un piano che in origine prevedeva centinaia di aperture, ma dalla stampa economica si apprende che ha subito un rallentamento soprattutto a causa di un’errata selezione dei siti. Per rivedere e rilanciare le tattiche espansive, alla fine del 2018 venne assunta la statunitense Bruna Maraccini, come direttrice immobiliare, proveniente dalla concorrente Aldi dove ricopriva la medesima carica. Lei e Lidl, all’inizio del 2019, sono stati denunciati da Aldi per sottrazione e utilizzo di segreti commerciali, tra cui le mappe delle posizioni e le strategie di mercato dei futuri negozi nell’East Coast.
Gli store Lidl negli USA sono un’ottantina, dalla Georgia a New York. Il prossimo sarà ad Alexandria (Virginia) e in questa città, dentro il dismesso centro commerciale Landmark, sono state girate delle scene del film “Wonder Woman 1984” con la superdonna che, dopo avere sconfitto dei malavitosi, lancia il diadema sulla telecamera di sorveglianza, distruggendo il dispositivo orwelliano che pervade la sfera personale a vantaggio dei rapaci accumulatori di denaro e potere.
L’AUTORE
Saverio Pipitone – Giornalista pubblicista e redattore economico-finanziario. Autore di articoli di varie tematiche, dalla critica economico sociale alla storia, dall’ecologia al consumismo. Oltre a Pesticidi a tavola, ha scritto i libri Shock Shopping La malattia che ci consuma (Arianna Editrice) e Forno a Microonde? No Grazie (Macro Edizioni). Blog: saveriopipitone.blogspot.com