di Alberto Nigi – Oltre ad avere sulle spalle quarant’anni di esperienza come docente, ho frequentato le classi terza e quarta elementare a Melbourne. Correvano gli anni 1956-57, ma già il sistema educativo anglosassone funzionava alla grande senza avere nulla da invidiare all’attuale modernità.
L’Italia, prima nel mondo per la sua storia culturale, letteraria e artistica, secondo l’indagine condotta dall’OCSE per le classifiche mondiali, relativamente all’efficienza e alla qualità dei sistemi scolastici, si troverebbe al 36° posto sui 57 paesi più sviluppati. Un vero paradosso! La scuola italiana è estremamente, tragicamente carente dai punti di vista strutturale, organizzativo, didattico e motivazionale. Il panorama: docenti demotivati, studenti intellettualmente denutriti, classi strapiene, edifici fatiscenti.
Dal punto di vita tecnico, molti aspetti che caratterizzano le scuole straniere, Gran Bretagna, Germania e Francia, potrebbero essere osservati per migliorare la condizione scolastica italiana. Dal punto di vista socio-economico, gli anglosassoni riservano più spazio all’esperienza pratica che non al nozionismo teorico, abituando i giovani al dialogo di gruppo e preparando i soggetti ad un più facile incontro con la vita reale extrascolastica e con il mondo del lavoro. Inoltre viene dato più spazio alla libera scelta degli studenti. Dal punto di vista organizzativo, in Francia funziona il “tempo pieno” dalle otto alle diciassette, in modo che il mondo della scuola sia parte integrante della vita del giovane e non un settore staccato da tutto il resto della sua vita. Inoltre si dà molta importanza alla condotta disciplinare e per questo motivo esiste la figura del “sorvegliante” che vigila affinché il comportamento degli studenti si mantenga adeguatamente rispettoso. Certo, il bisogno di questa “autorità” va a sminuire la “autorevolezza” del docente, che oltre e possedere competenze didattiche, dovrebbe essere anche in grado di mantenere l’ordine, ma talvolta la capacità di interagire socialmente in questi termini è una questione di temperamento personale.
Gli aspetti delle scuole straniere da vedere per un confronto con quella italiana sarebbero molti, ma l’attenzione va a due paesi eccellenti agli estremi del mondo: Finlandia e Giappone, dai quali l’Italia, dove spesso la scuola è un “parcheggio” per bambini e ragazzi, avrebbe veramente molto da imparare. In questi paesi la scuola è presa molto sul serio, mentre in Italia è una specie di soprammobile sociale.
Nel sistema finlandese la scuola, a gestione decentralizzata, è completamente gratuita e le procedure assai snelle. Nei passaggi fra scuola primaria a secondaria non ci sono soluzioni di continuità e neppure esami da sostenere. Al termine della scuola dell’obbligo gli studenti possono scegliere se frequentare un corso di studi triennale specifico per accedere all’università superando idonee prove d’ingresso, oppure un corso professionale per entrare nel mondo del lavoro. Agli esami di fine corso nessuno viene respinto, ma valutato in base al profitto. Lì, non sono i docenti a spostarsi nelle varie aule, ma gli studenti. Ciò, dal punto di vista psicologico, aiuta i processi di memorizzazione. Quella del docente è figura di massimo rispetto e massima considerazione. Chi insegna deve votarsi alla sua professione, dedicarvisi a tempo pieno e migliorarsi con continui aggiornamenti. Diversamente dall’Italia, lo Stato finlandese ha capacità organizzativa, investe moltissimo in termini di risorse umane (docenti qualificati) e materiali (strutture d’avanguardia) consapevole della ricaduta in termini di progresso sociale.
Secondo l’OCSE il Giappone è il primo in classifica nella graduatoria dei dieci paesi con gli studenti più intelligenti. Il sistema scolastico giapponese è ampiamente trattato nel libro “Il Caso Giappone. Educazione e sviluppo nel Paese del Sol Levante” di cui sono coautore con Mauro Laeng ed ecco i punti fondamentali: la pedagogia nipponica, di base meritocratica, punta essenzialmente sulla capacità di memorizzazione e soprattutto di imitazione avendo come punto di riferimento l’insegnante, figura di massimo rispetto. Contano moltissimo gli esempi e la pratica di vita, oltreché l’importanza degli obiettivi da raggiungere ad ogni costo. Un traguardo fondamentale è la seria responsabilizzazione e lo spirito di autonomia. La vita nella scuola è un impegno totale. Gli studenti, fin da piccoli, vivono l’istruzione come fatto molto serio e viene loro insegnata l’autogestione: vanno a scuola da soli e tornano a casa soltanto dopo aver terminato le pulizie delle aule. Si portano il cibo da casa in appositi contenitori e provvedono a tutte le loro piccole necessità senza l’intervento di alcuno. Eppure, lo sforzo iniziale di apprendimento è notevole a motivo del triplice sistema di scrittura: ideografico kanji, sillabico hiragana e katagana… Senza contare il sistema di numerazione che è addirittura allucinante! La particolarità della loro lingua fa sì che il livello sociale sia determinato anche dal numero di ideogrammi conosciuti. I ragazzi devono imparare la lingua inglese e predisporsi a comprendere la cultura occidentale. La scolarizzazione universale, lo sforzo e il massimo impegno e lo spirito di competizione sono aspetti indelebili della loro tradizione millenaria. Così si spiega perché il Giappone sia all’avanguardia del progresso scientifico e tecnologico malgrado la rovinosa disfatta della seconda guerra mondiale. La prima evidenza è che l’educazione viene considerata come mezzo di sviluppo nazionale e ascesa sociale.
La scuola italiana per migliorare, oltre a rivedere metodologie didattiche, innovazione tecnologica e ristrutturazione logistica, dovrebbe mutare radicalmente filosofia. Bisogna prendere sul serio il mondo della scuola ormai trascurato e penalizzato per troppo tempo. Bisogna rivedere e valorizzare la figura dell’insegnante, ridefinirne il ruolo, responsabilizzare gli studenti e indurre le famiglie ad una fattiva e serena cooperazione con l’istituzione scolastica. Bisognerebbe dare molto più spazio all’importanza del rispetto e al significato dei valori fondanti della vera umanità, mostrando anzitutto autorevolezza e, se serve, anche più autorità.
L’AUTORE
Alberto Nigi, classe 1947, docente di Lingua e Letteratura Italiana, è autore di numerose pubblicazioni nel campo della saggistica e della narrativa. Dal 2011 ha pubblicato romanzi thriller e racconti del mistero sotto lo pseudonimo anglosassone di Ralph Colemann.
http://ralphcolemann.altervista.org