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Non ci faremo prendere per il culo da questi parlamentari, ominicchi, quaqquaraquà. Eletti dalle segreterie dei partiti e non dai cittadini. Voi, cari dipendenti, non rappresentate più nessuno. Avete tradito la democrazia e la Costituzione. La proposta di legge Parlamento Pulito la dovete discutere per rispetto a 350.000 italiani che hanno firmato. Non potete ignorarli. Avete un debito e dovete pagarlo. Respingiamo alla frontiera dei poveri disgraziati senza identificarli, senza verificare se hanno diritto all’asilo politico. Nel frattempo ci sono condannati per ogni tipo di reato in Parlamento, veline, letteronze, avvocati dello psiconano. Questo non è un Parlamento, è la Cloaca Massima, la più grande fogna nazionale. Tutto il mondo ci prende per i fondelli.
Michela Brambilla ministro del Turismo, ma era meglio il cavallo di Caligola. Per quali meriti acquisiti sul campo, come è diventata ministro? E Napolitano non fa una piega. Morfeo sa molto bene che il lodo Alfano, che protegge la banda dei quattro e la pone al di sopra della legge, è INCOSTITUZIONALE. Ma lo ha firmato con la velocità di un centometrista. La Corte Costituzionale non lo ha ancora invalidato perchè sputtanerebbe la Presidenza della Repubblica. Aprirebbe un conflitto senza precedenti.
Io non mollo. Mantengo la mia promessa di chiedere conto della sua indifferenza a Vizzini, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato che deve esaminare la legge Parlamento Pulito, e ai suoi colleghi. Una Commissione omertosa che tradisce la volontà popolare. No ai parlamentari condannati, un massimo di due legislature, elezione nominale del candidato.
Lunedì 11 maggio, dal pomeriggio, sarò di fronte al Parlamento in piazza Montecitorio con una tunica rossa. Farò la Pittima e chiederò che venga saldato il debito verso i cittadini. La Pittima era un esattore nella Repubblica di Genova che seguiva il debitore e gridava a gran voce i suoi debiti. Mi daranno il cambio a oltranza altre pittime, ragazzi e ragazze vestiti di rosso. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Lirica ‘a Pittima di Fabrizio De Andrè.
‘a Pittima (genovese):
Cosa ghe possu ghe possu fà – se nu gh’o e brasse – pe fà u mainà – se infundo a e brasse – nu gh’ò e man – du massacàn
e mi gh’ò ‘n pugnu duu – ch’u pa ‘n niu – gh’ò ‘na cascetta larga ‘n diu -giustu per ascùndime c’u vestiu -derè a ‘n fìu – e vaddu in giù a çerca i dinè – a che se i tegne – e ghe l’àn prestè – e ghe i dumandu timidamente – ma in mezu a gente – a e chi nu veu dase raxùn – che pa de strànua – cuntru u trun – ghe mandu a di che vive l’è cau – ma a bu-n mercou
mi sun ‘na pìttima rispettà – e nu anà ‘ngìu a cuntà – che quandu a vìttima -l’è ‘n strassé ghe dò du mae.
La Pittima (italiano):
Cosa ci posso fare – se non ho le braccia – per fare il marinaio – se in fondo alle braccia – non ho le mani – da muratore
e ho un pugno duro – che sembra un nido -ho un torace largo un dito – giusto per nascondermi con il vestito – dietro a un filo – e vado in giro a chiedere i soldi – a chi se li tiene – e glieli hanno prestati – e glieli domando timidamente -ma in mezzo alla gente – e a chi non vuole darsi ragione – che sembra di starnutire – contro il tuono – gli mando a dire che vivere è caro – ma è a buon mercato – io sono una pittima rispettata -e non andare in giro a raccontare – che quando la vittima – è uno straccione gli dò del mio.