di Dianna Cohen – Sono un’artista visuale, e sono anche co-fondatrice della Plastic Pollution Coalition. Ho lavorato con le buste di plastica, che negli ultimi 20 anni ho ritagliato e ricucito come materiale principale per le mie opere. Le ho trasformate in elementi bi e tridimensionali in sculture e in installazioni. Lavorando con la plastica, dopo più o meno i primi otto anni, alcune delle mie opere hanno iniziato a spaccarsi e rompersi in pezzetti di plastica più piccoli.
Documentandomi un po’ di più sulla plastica, ho capito che in effetti questa era una cosa negativa. E’ una cosa negativa che la plastica si rompa in pezzetti più piccoli, perché rimane sempre e comunque plastica. E quello che stiamo scoprendo è che molta di questa plastica è nell’ambiente marino.
Poi ho scoperto il Pacific Garbage Patch e il suo vortice. E la mia reazione iniziale, e credo che sia la prima reazione di molte persone quando ne vengono a conoscenza, è stata, “Oh mio Dio! Come abbiamo potuto? Dobbiamo andare là fuori e ripulire questo macello.”
Quindi in effetti, ho sviluppato la proposta di uscire con una nave cargo e due pescherecci non più in uso, una gru, una trituratrice e una macchina modellatrice a freddo. E la mia intenzione era fare opera di sensibilizzazione su questo argomento, raccogliendo la plastica, tagliarla in piccoli pezzi e modellarla a freddo in mattoni che si potrebbero usare potenzialmente come materiale da costruzione presso le comunità più bisognose.
Ho iniziato a parlare con le persone che erano state davvero al vortice e che stavano studiando il problema della plastica nell’ambiente marino, e nel farlo, mi sono resa conto che ripulirlo sarebbe stata solo una piccola goccia in un oceano, in confronto a quanto viene generato nel mondo ogni giorno, e che dovevo fare un passo indietro e guardare al panorama generale. E il panorama generale dice che abbiamo bisogno di trovare un modo per chiudere il rubinetto. Dobbiamo bloccare il flusso della plastica monouso e usa e getta, che entra ogni giorno nell’ambiente marino su scala globale.
Ho anche capito di essere molto arrabbiata. Non ero preoccupata solo per la plastica che state cercando di immaginare là fuori, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, ma per quella nei supermercati, che ancora deve diventare rifiuto. Vado al supermercato, e tutto il mio cibo è confezionato con la plastica. Tutte le mie bevande sono confezionate con la plastica, persino nei negozi salutisti. Mi preoccupa la plastica nei frigoriferi, e mi preoccupano la plastica e le tossine che passano dalla plastica nel nostro organismo.
Così ho incontrato un gruppo di persone che erano tutte interessate a questo argomento, e abbiamo creato la Plastic Pollution Coalization. Ci sono molte iniziative alle quali stiamo lavorando, ma alcune sono davvero basilari. Una è: se dall’80 al 90% di quello che troviamo nell’oceano, dei detriti marini che troviamo nell’oceano, è plastica, allora, perché non lo chiamiamo per quello che è. E’ inquinamento plastico. Riciclaggio. Tutti finiscono i loro libri sulla sostenibilità e sull’ecologia con l’idea del riciclaggio. Metti qualcosa in un cassonetto, e non ci pensi più. Ma che ne è in realtà?
Negli Stati Uniti, ricicliamo meno del 7% della nostra plastica. E se lo analizziamo da vicino, in particolare nel caso delle bottiglie di plastica, la maggior parte è riciclata a bassa qualità, o incenerita, o spedita in Cina. Si ricicla a bassa qualità trasformando in cose più piccole, mentre una bottiglia di vetro può essere di nuovo una bottiglia, o può essere riutilizzata, una bottiglia di plastica non può più tornare ad essere una bottiglia.
Quindi per noi, questo è un grosso problema.
Un’altra cosa che osserviamo e alla quale chiediamo alla gente di pensare è che abbiamo aggiunto una quarta R (davanti alle tre R di Ridurre, Riutilizzare, Riciclare) che sta per Rifiutare. Quando possibile, rifiutare la plastica monouso e usa e getta. Le alternative esistono.
Immagino che ciò che voglio dirvi qui – e so che voi sapete molto su questo argomento – è che questo è un grosso problema negli oceani, ma è un problema che abbiamo creato noi come consumatori e che possiamo risolvere. Possiamo risolverlo con un’opera di sensibilizzazione sull’argomento e insegnando alle persone a scegliere delle alternative.
Quindi, quando possibile, scegliamo alternative alle plastiche monouso. Possiamo fermare, aiutare a superare questa marea nei nostri oceani, e nel farlo, salvare i nostri oceani, salvare il nostro pianeta, salvare noi stessi.