La legge Parlamento Pulito, firmata da 350.000 italiani, è stata lasciata per 5 lunghi anni a marcire in qualche scaffale del Senato. Coloro che ne chiedevano la discussione in Parlamento e la conseguente approvazione sono stati derisi, tacciati di populismo e in ultima istanza ignorati da giornali, tv e seri esponenti di tutti i partiti. Oggi, con squilli di trombe e fuochi d’artificio, quegli stessi giornali, tra cui Repubblica, celebrano la “promessa” del governo di impedire che i condannati possano essere candidati alle prossime elezioni politiche e amministrative. Parlano, oggi, di “questione di decenza, e anche di sopravvivenza“. Si accorgono, oggi, della “cintura di illegalità corruttiva che soffoca l’Italia e la sua libertà“. Ma dimenticano, sempre oggi, di non aver fatto nulla in questi anni per portare questa “urgenza assoluta” al centro del dibattito politico, fregandosene della “sensibilità acutissima” e della volontà di quei 350.000 italiani che già 5 anni fa si erano attivati per riportare la giustizia in questo Paese.
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