di Beppe Grillo
La Cina ha varato il nuovo piano quinquennale per la tecnologia e l’innovazione, valido fino al 2030. Hanno deciso di portare la spesa in ricerca e sviluppo al 2,8% del PIL, di costruire altri supercomputer regionali (oggi ne hanno già 10) e di completare la rete 6G prima di chiunque altro, entro cinque anni. L’obiettivo è diventare autosufficienti, non dipendere più da nessuno, nei chip, nei materiali, nell’energia, perfino nella conoscenza. Vogliono produrre semiconduttori a sette nanometri entro il 2027 e tagliare del 60% la dipendenza dall’estero. In pratica, si sono stufati di farsi bloccare da sanzioni o licenze americane. Noi invece importiamo pure le viti per montare le antenne.
La Cina formando centinaia di migliaia di nuovi specialisti in intelligenza artificiale con programmi accelerati nelle università e negli istituti tecnici.. Voi capite che non c’è partita, è come una corsa tra un razzo spaziale e una bicicletta senza catena.
Nel piano di Xi Jinping c’è scritto che la potenza di calcolo nazionale deve raddoppiare. Stanno costruendo data center da centinaia di megawatt, creano “zone digitali pilota”, 100 in tutto il Paese, per sperimentare l’economia dei dati. Vogliono che l’intelligenza artificiale entri dappertutto, nelle fabbriche, negli ospedali, nelle scuole, nella pubblica amministrazione; hanno chiamato il programma “AI Plus”. Noi litighiamo sul “bonus computer” per comprare un tablet a rate.
L’industria tecnologica cinese cresce al ritmo del 9-10% l’anno. Solo nel 2025 la produzione di attrezzature è aumentata del 9,7% e quella hi-tech del 9,6%. Hanno già superato gli Stati Uniti in 37 settori su 44 di tecnologie avanzate: robotica, comunicazioni quantistiche, biotecnologie, energie pulite, batterie, droni.
Loro sfornano ogni anno 300 mila ingegneri elettronici. Noi già tanto che arriviamo a 1000. Loro riformano i corsi, attraggono scienziati dall’estero, finanziano start-up interne. Noi tagliamo fondi alla ricerca e poi diciamo che “i cervelli fuggono”. Ma certo che fuggono, non trovano neanche il laboratorio!!
Il governo cinese vuole creare un sistema integrato tra scienza, istruzione e industria. Un ecosistema unico, hanno pianificato nuove aree industriali dedicate a tecnologie emergenti, l’ idrogeno, il calcolo quantistico, e le interfacce cervello-computer. L’obiettivo è far crescere del 20% l’anno i settori strategici. In Italia invece gli spin-off universitari devono aspettare tre anni solo per ottenere un codice ATECO.
La Cina ha 170 città con più di un milione di abitanti, ognuna con università, poli tecnologici, incubatori di impresa. In Italia, quando apri un coworking in periferia ti mandano i vigili perché “non risulta come ufficio”. In Cina investono 1.500 miliardi di yuan per creare le “città intelligenti”, con energia rinnovabile e intelligenza artificiale integrata. Noi abbiamo le “smart city” che non riescono a sincronizzare i semafori!
Solo l’8% delle nostre imprese usa l’intelligenza artificiale, in Cina è al 60%. Loro usano i modelli per progettare, costruire e pianificare, noi per chiedere a ChatGPT come si scrive un post su Instagram. E intanto l’export cinese di tecnologie digitali cresce del 7% l’anno, mentre quello italiano cala.
E poi c’è il capitolo ambiente. La Cina ha installato circa 280 gigawatt di nuovi impianti solari nel 2024, più di tutta l’Europa messa insieme. Entro il 2030 vuole raggiungere il picco delle emissioni e far sì che l’energia rinnovabile copra il 45% dei consumi. Ha già costruito le prime centrali eoliche offshore integrate con il solare galleggiante, e finanzia il più grande progetto al mondo di batterie per lo stoccaggio energetico. Noi invece discutiamo se un parco eolico in mare “rovina la vista del tramonto”.
Quando sento dire “dobbiamo competere con la Cina”, mi viene da ridere. Non possiamo competere con la Cina, noi non riusciamo nemmeno a fare un piano annuale per la banda larga senza litigare su chi posa i cavi. Loro fanno i piani quinquennali, noi facciamo le campagne elettorali. Loro investono in cervelli, noi in consulenze. Loro guardano al 2035, noi al talkshow di stasera. E allora ci rimane di fare come fanno i napoletani, produrre magliette qui e scriverci sopra: “Made in China”!





