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Il Dodo e il Made in Italy

beppegrillo.it - Febbraio 12, 2010
Il Dodo e il Made in Italy, di Benetazzo
(08:17)

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Il termine “Made in Italy“, come dice Eugenio Benetazzo, dovrebbe essere cambiato in “Designed in Italy“. La confezione di molti prodotti rimane italiana, ma il contenuto è cinese, romeno, polacco, brasiliano. II nostri governi hanno incoraggiato per anni le imprese a spostare la produzione all’estero. Gli imprenditori non ci hanno pensato due volte: possono continuare a sfruttare il marchio mentre diminuiscono il costo della mano d’opera. Il prezzo del prodotto non cambia, il lavoratore italiano è licenziato e l’imprenditore aumenta i suoi guadagni. Belin, che affare.

Testo intervento Eugenio Benetazzo.

“Un saluto a tutti i lettori del blog. Parlerò della cosiddetta teoria economica del Dodo, cos’è il Dodo? E’ stato un simpatico pennuto colombiforme, alto grosso modo 50/60 centimetri, inetto al volo, vissuto durante fino al XVII secolo nell’isola delle Mauritius, è stato un ispiratore da parte di molti personaggi di lungometraggi animati e anche delle storie del fumetto della Walt Disney a cominciare da Alice nel paese delle meraviglie, a finire a Spennacchiotto, il famoso scienziato che faceva concorrenza a Archimede e aiutava la Banda Bassotti a derubare zio Paperone.
Perché parlo con l’imperfetto? Perché il Dodo non esiste ma esisteva? Perché il Dodo si è estinto, sembra nel 1681, anno nel quale si è verificato l’ultimo suo avvistamento e perché si è estinto il Dodo? Si è estinto a seguito dell’arrivo dei coloni portoghesi o olandesi nell’isola che introdussero nella fauna, specie antagoniste, come cani, gatti, conigli, suini che diventarono voracissimi delle uova del Dodo, quest’ultimo nidificava a terra, solitamente un uovo per esemplare e nel giro di 50 anni, si estinse perché le autorità di allora non pensarono, non concepirono il pericolo per questo simpatico bipede dell’ingresso di specie non autoctone. Il Dodo non aveva mai incontrato nell’isola specie che potessero creargli difficoltà o con il quale si potesse scontrare. Dodo ha questo nome in quanto gli è stato affibbiato dai portoghesi, questi ultimi utilizzarono un aggettivo nella loro lingua “Doudo” che significa ingenuo, perché i portoghesi che arrivarono all’isola e videro questo simpatico animale che si avvicinava a loro senza ostentare nella maniera più assoluta alcuna remora o peggio ancora nel restare a guardare che la sua stessa prole e le sue stesse nuova venissero fatte oggetto di preda. Ingenuamente il Dodo si è lasciato portare all’estinzione.
Cosa c’entra la teoria economica del Dodo con l’economia? C’entra e come, quello che è accaduto al Dodo, ahimè tristemente sta accadendo anche al Made in Italy. Pensiamoci un attimo, cosa sarebbe in termini di appeal turistico per l’isola delle Mauritius oggi la presenza del Dodo, un animale che esiste solamente lì, un po’ come il canguro per l’Australia e pariteticamente oggi noi abbiamo, che per il nostro Paese una straordinaria risorsa è un Made in Italy che esiste solamente qui, ancora per poco, visto che non abbiamo tanto da destra, tanto da sinistra, passando per il centro, una forza politica che si faccia portavoce di ideali di tutela, protezione e garanzia nei confronti di tutte quelle che oggi giorno sono le potenzialità inespresse del Paese. Il Made in Italy che ormai non vuol dire più nulla perché si fa il possibile per trasformare, per tentare di ricreare un prodotto rendendolo Made in Italy, ci sono fior di attività di manifattura in cui il grosso della produzione viene esternalizzato all’estero e poi per esempio per le scarpe, basta reimportare la suola, la tomaia e la calzatura, applicare l’etichetta in Italia e quello grazie a leggi che sono completamente scellerate, diventa un prodotto Made in Italy, quest’ultimo ha perso completamente il suo significato originario, oggi ha più senso chiamarlo Designed in Italy che è quello che sta accadendo, qui in Italia viene mantenuta l’attività di concezione del prodotto e poi la materializzazione, la produzione e il confezionamento viene realizzata altrove a miglia e miglia di distanza.
Quello che dovrebbe essere comprensibile da tutti è il fatto che in Italia i cosiddetti distretti industriali che sono la culla del Made in Italy stanno letteralmente venendo svenduti da chi ci sta governando, da chi ci ha governato prima. Non c’è una politica industriale volta alla protezione di queste che sono le nostre originalità e a distanza di quattro secoli, scopriamo che in Italia il pensiero del Dodo vive, vive negli italiani che ingenuamente lasciano e guardano che la loro originalità venga distrutta e portata all’estinzione.
In qualsiasi Paese del mondo andate, il marchio Made in Italy o se non altro il poter osteggiare merci e prodotti che sono marchiati con questa peculiare distinzione, è un vanto per chiunque li possa comprare o per chiunque li possa indossare. Rimango sbigottito e amareggiato per sentire come recentemente viene ostentata la fenomenale joint venture con il patrocinio con il Ministero dell’agricoltura in cui si permette a un’azienda, una corporation multinazionale come la Mc Donald’s, di unire i suoi prodotti a prodotti tipici locali del settore dell’industria agroalimentare italiana. Dal mio accento capite che sono di origine veneta e sono rimasto letteralmente angosciato nel vedere come esiste il “Mc Italy” , un hamburger in cui al posto della sottiletta di Emmental o di formaggio fuso americano c’è sottiletta di formaggio Asiago, come immagino molti di voi sanno, deriva dall’altopiano di Asiago in Provincia di Vicenza.
Manca nella maniera più assoluta al pari del Dodo, 4 o 5 secoli fa, la volontà in termini di governance politica di proteggere le risorse e le grandi opportunità che ha il nostro Paese, esclusivamente legate alla capacità di originare e creare prodotti che in nessun’altra parte del mondo esistono, noi italiani stiamo diventando una nuova razza di Dodi, di ingenui che accettiamo sommessamente questo destino che ci viene prospettato, è abbastanza ben definito ormai che c’è una volontà politica occulta, volta a una progressiva opera di deindustrializzazione del Paese e come dice Tito Boeri, da qui a 5, 6 anni avremo una perdita di potenziale manifatturiero tra il 40 e il 50%, significa milioni e milioni di posti di lavoro che in Italia non potranno più essere sostituiti! Auguro a tutti quanti che possa emergere e auguro anche a me stesso, dal basso, nei prossimi anni, una qualche forza, un qualche movimento popolare che si faccia forte nel difendere e soprattutto nel garantire la tutela di quella che è la grande risorsa che ha il Paese, che ha ancora forse per poco, da una parte il Made in Italy e dall’altra i distretti industriali che fino a un decennio fa, sono stati il vanto della intera industria in tutto il mondo! Grazie a tutti, buon proseguimento e ci vediamo la settimana prossima!”.

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