Questa è la lettera che Ilaria mi ha inviato. Chiede giustizia. Quello che ha passato lei e la sua famiglia è inaccettabile.
Ecco la sua lettera:
Mio padre è deceduto in data 15.10.2007, lavorava alle dipendenze di una ditta di costruzioni. Più specificamente in quel giorno mio padre si trovava a lavorare presso un cantiere edile sito in Viterbo, unitamente ad un suo collega alla posa di tegole a copertura di una falda del tetto di una palazzina; la superfice del tetto sul quale si trovava a lavorare era inclinata e spiovente e il ponteggio predisposto copriva soltanto un piccolo segmento del lato nord del perimetro del tetto, mentre la restante parte era completamente sprovvista di sistemi atti ad eliminare il pericolo di caduta.
Mio padre improvvisamente perdeva l’equilibrio e conseguentemente cadeva dal tetto da un’altezza di circa 10 metri dapprima sul solaio del garage sottostante, poi sui gradini della rampa di scale che univa il solaio al piazzale cementato ed infine sul piazzale cementato stesso. In conseguenza di tale caduta subiva gravissime lesioni fisiche che ne causavano il decesso.
A seguito di tale incidente veniva instaurato nei confronti del datore un procedimento penale per omicidio colposo aggravato, poiché in qualità di datore di lavoro si era reso responsabile di violazione di norme dettate a tutela di sicurezza dei lavoratori (che erano senza copertura assicurativa).
Il datore di lavoro chiese di procedere con il patteggiamento e il processo penale si concluse.
A seguito della indicata scelta processuale di patteggiare in sede penale, onde vederci riconosciuto il diritto al risarcimento del danno e la specifica quantificazione dello stesso, in data nel 2012 depositavamo ricorso innanzi al Tribunale Civile di Viterbo (procedimento nel quale il datore di mio padre non si è mai costituito), e lo stesso si concludeva con sentenza nel 2015, con cui il Tribunale di Viterbo, in funzione di Giudice del Lavoro, condannava il datore di mio padre al risarcimento mio e di mia madre.
A seguito della sentenza immediatamente esecutiva procedevamo alle ricerche del caso di beni aggredibili al fine di recuperare il credito vantato a fronte del sinistro accorso a mio padre per cause imputabili al titolare della ditta (che oltretutto non aveva assicurato i dipendenti).
Dalle ricerche effettuate il datore di lavoro di mio padre risultava in possesso di un unico conto bancario, risultato in sofferenza.
Lo stesso risultava altresì proprietario di altri immobili anch’essi pignorati da terzi per cui intervenivano quindi nel relativo pignoramento immobiliare, nonché proprietario di 5 autoveicoli, di cui alcuni mezzi da lavoro. Si procedeva quindi alla richiesta del pignoramento di n. 5 autoveicoli intestati al datore di lavoro di mio padre. Tengo a precisare in riferimento alla procedura in oggetto si fa presente quanto segue: il datore di lavoro di mio padre pur avendo ricevuto la notifica del pignoramento e l’invito ad astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre i mezzi sottoposti ad espropriazione forzata, ad oggi, non ha consegnato tali beni.
Visto il comportamento di questo signore, al fine di scongiurare una dichiarazione di estinzione del procedimento per mancata ottemperanza del debitore in via prudenziale abbiamo inviato, tramite il nostro difensore, pec a tutte le forze dell’ordine nella speranza che lo stesso venisse fermato dalle stesse, nonchè depositavamo presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo formale denuncia querela per aver sottratto beni mobili sottoposti a pignoramento.
A seguito della denuncia – querela, si originava procedimento penale, di cui la prossima udienza è fissata per il giorno 28.01.20 innanzi al Tribunale di Viterbo. In quella data si concluderà il procedimento penale, anche per vedermi risarcire questo danno dovrò procedere civilmente, quasi del tutto inutile in quanto lui si è ripulito di tutto. Lo stesso dal 1991 è sempre stato e/o Amministratore di alcune aziende. Dal 27.03.2008, risulta Amministratore unico, di un’altra che è stata costituita solo dopo il decesso di mio padre.
Nel 2018 ho presentato un esposto alla GdF con analoga descrizione dei fatti, per cui la Procura nonostante ci siano delle dichiarazioni assurde chiedeva l’archiviazione; ovviamente ho presentato opposizione e sto aspettando che la fissino.
Ci tengo a precisare che per la parte civile sono stata e sono tutt’ora assistita dall’ Avv. Roberto Cappadona del Foro di Viterbo mentre per la parte penale sono assistita dall’Avv. Paolo delle Monache del Foro di Viterbo.
Quello che chiedo è solo giustizia.
Ilaria