Terremoto in Europa. Il voto in Polonia, e ancor prima quello in Portogallo, hanno messo all’opposizione la Merkel e tutti i partiti che hanno sposato le sue politiche di austerity. Per capire cosa succederà adesso bisogna, però, fare una analisi e un distinguo. Se è vero che il voto in Polonia e Portogallo è di fatto speculare (con il rifiuto del popolo delle politiche di austerity), è altrettanto indubbio che c’è una bella differenza fra i due Paesi che va spiegata. È in gioco la democrazia.
POLONIA, PERDE IL CANDIDATO DELLA MERKEL
Il partito pro Merkel ‘Piattaforma civica’ era in carica da 8 anni. Nonostante buone performance economiche (il PIL è cresciuto del 50% in 10 anni) ha imposto una politica basata su tagli alla spesa, privatizzazioni selvagge e aumento dell’età pensionabile, un mix delle Finanziarie targate Monti-Letta-Renzi. Il suo leader Donald Tusk è stato imposto dalla Germania come Presidente del Consiglio europeo. La sua politica liberista non è stata apprezzata dai polacchi che hanno tributato gli onori alle forze di opposizione, il partito Diritto e Giustizia, che adesso ha la maggioranza assoluta, e quello di Pawel Kukiz scelto in maggioranza dai giovani. La sinistra, che ha venduto l’anima al diavolo, è sparita negli abissi come Atlantide e non sarà nemmeno presente in Parlamento.
PORTOGALLO, A RISCHIO LA DEMOCRAZIA
Anche in Portogallo le forze pro austerity hanno perso. Nelle elezioni del 4 ottobre il leader conservatore Pedro Passos Coelho ha perso 25 seggi e la maggioranza assoluta in Parlamento. Le forze anti-Troika si sono dichiarate pronte a formare un nuovo governo: punto dell’accordo raggiunto fra i socialisti e i partiti no euro è stato la rinegoziazione dei parametri già stabiliti con Bruxelles, ma il Presidente della Repubblica del Portogallo Silva, con una mossa clamorosa, ha ribaltato l’esito del voto popolare. Con un colpo di Stato perpetrato in nome dell’euro si è rifiutato di dare l’incarico al leader di maggioranza relativa ad António Costa perché non voleva deludere i mercati, gli investitori e le banche. Ecco cosa ha dichiarato per giustificare il suo gesto antidemocratico: “il Portogallo ha rispettato un programma oneroso di assistenza finanziaria, che comporta pesanti sacrifici, adesso è mio dovere fare tutto il possibile per non inviare messaggi sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e alle banche”.
Il comportamento del Presidente della Repubblica portoghese ricorda molto quello di Napolitano nel 2011, quando impose il governo Monti perché i circuiti finanziari avevano deciso così. Fin quando in Italia non ci sarà un governo eletto democraticamente non ci sarà democrazia.
EURO E DEMOCRAZIA SONO COMPATIBILI?
Queste elezioni portano in dote due preziose considerazioni. La prima è che le forze ultranazionaliste crescono ovunque in Europa per colpa e per paura dell’euro. Se anziché libertà, una moneta porta povertà la reazione dei cittadini si radicalizza. In Italia, grazie al MoVimento 5 Stelle, che per primo ha denunciato e combattuto la gabbia dell’euro, c’è un argine al dilagare delle forze xenofobe e razziste. La seconda lezione da trarre da queste due tornate elettorali è che la Polonia, fuori dall’euro, possiede ancora la sua sovranità economica e la libertà di potersi esprimere democraticamente votando una forza politica contraria al rigore. Il Portogallo, invece, con l’euro e grazie a un Presidente eurovenduto, subisce l’ennesima imposizione dei mercati e dell’eurocrazia sulla democrazia. Ancora una volta è chiaro che l’euro priva gli Stati non solo della sovranità economica e monetaria, ma, cosa ben più grave, di quella politica, inibendo la democrazia.
Sono i cittadini a decidere da chi e come vogliono essere governati, non la Germania. Questo deve essere chiaro a tutti.” M5S Europa