di Emanuele Isonio (Resoil Foundation) – L’economia mondiale brucia oltre 100 miliardi di tonnellate di materiali all’anno. L’estrazione di materie prime vergini potrebbe essere ridotta di oltre un terzo. Le emissioni di gas a effetto serra potrebbero essere ridotte contenendo l’aumento della temperatura globale di 2°C. Eppure lo sviluppo a livello mondiale dell’economia circolare mostra preoccupanti segni di arretramento. Il tasso di circolarità negli ultimi 5 anni è infatti passato dal 9,1 al 7,2%. In parole povere: il mondo riusa e ricicla di meno. Certo, l’Italia (e in buona parte la UE) vanno in controcorrente rispetto a questo trend. Ma senza dubbio per quanto buona, questa notizia non è sufficiente per imprimere la giusta direzione alla rotta globale.
Economia circolare necessaria per il futuro italiano
La fotografia è contenuta nel nuovo Rapporto nazionale sull’economia circolare presentata nei giorni scorsi a Roma. A realizzarlo, come di consueto, il Circular Economy Network (CEN) in collaborazione con ENEA. “L’Italia importa oltre il 99% delle materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea”, spiega Roberto Morabito, Direttore del Dipartimento ENEA di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali. “A seguito delle emergenze degli ultimi anni, la richiesta di materie prime a livello globale si è bruscamente impennata, così come il loro prezzo, determinando un aumento del rischio di approvvigionamento con conseguente impatto negativo sulla competitività delle nostre filiere produttive, che rappresentano oltre il 30% del PIL nazionale”.
Inevitabile la conclusione: “Per un Paese come l’Italia, decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile”.
Stando così le cose, non stupisce la leadership italiana, frutto di scelte lungimiranti che hanno favorito lo sviluppo del riciclo delle materie prime. Ma il Rapporto 2023 mostra come l’Italia stia perdendo terreno rispetto agli altri principali Stati Ue. Non sufficienti (ancora) per perdere la prima posizione. Ma è indispensabile non sottovalutare il trend.
“Occorre accelerare, anche per combattere l’inflazione” ha commentato Edo Ronchi, presidente del CEN. “Se il costo delle materie prime e delle risorse aumenta, la circolarità è una risposta concreta alla crisi. Per questo è fondamentale dotarci di tutti gli strumenti utili per sviluppare pienamente l’economia circolare”.
La classifica complessiva di circolarità è applicata alle 5 principali economie dell’Unione (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) ed è costruita basandosi su sette indicatori:
- tasso di riciclo dei rifiuti;
- produttività delle risorse;
- tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo;
- rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali;
- quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia;
- riparazione;
- consumo di suolo.
La leadership italiana è resa possibile grazie alle ottime prestazioni nelle prime due voci e anche al buon piazzamento per le successive due.
L’Italia è ad esempio al primo posto con 969 kg/capite di materiali riciclati all’anno, seguita dalla Germania (921), dalla Polonia (726), dalla Francia (625) e dalla Spagna (472). Per quanto riguarda la produttività delle risorse, in media in Europa, a parità di potere d’acquisto, per ogni chilogrammo di risorse consumate vengono generati 2,1 euro di PIL. L’Italia è, di nuovo, quella che fa meglio rispetto a tale media: 3,19 €/kg, seppure raggiunta dalla Francia (3,15 €/kg) a causa del rilevante decremento nell’ultimo biennio (-7%). Seguono Germania (2,69 €/kg) e Spagna (2,59 €/kg). Molto più staccata è la Polonia (0,78 €/kg). Negli ultimi dieci anni l’incremento medio della produttività delle risorse è stato del 9% in Europa. Anche qui l’Italia fa meglio: +13%.
Consumo di suolo, solo la Germania fa peggio
Meno positivo per l’Italia è l’andamento del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo, definito come il rapporto tra l’uso circolare di materia e l’uso complessivo (cioè da materie prime vergini più materie riciclate). Nell’UE nel 2021, ultimo anno disponibile, il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo è stato dell’11,7%, sceso di 0,1% rispetto al 2020, dopo la riduzione già rilevata rispetto al 12% del 2019.
Per la prima volta da quando Eurostat registra questo dato, l’Italia, che storicamente ha sempre raggiunto ottime performance, nel 2021 ha subito un importante calo, attestandosi al 18,4% (ben 2,2% in meno rispetto all’anno precedente). Ha inoltre perso il primato tra le cinque principali economie europee, superata dalla Francia, in testa con 1,4 punti percentuali in più. Cala anche il valore della Spagna (da 11,1 a 8%), la Germania si mantiene costante (12,7%), mentre sale la Polonia (9,1%, +1,6%).
“Sul dato italiano – si legge nel rapporto – può aver influito la forte crescita, legata agli incentivi per le ristrutturazioni edilizie, del settore delle costruzioni, che presenta un basso utilizzo circolare dei materiali”.
Ma l’aspetto che desta maggiore allarme è quello relativo al consumo di suolo. Nel 2018 risultava coperto da superficie artificiale complessivamente il 4,2% dell’area totale dell’UE a 27. Durante lo stesso anno, tra le cinque economie analizzate la Polonia ha registrato il valore più basso (3,6%), leggermente superiore la Spagna (3,7%). Più alto quello della Francia (5,6%), ma meno dell’Italia (7,1%). solo la Germania ha fatto peggio con il 7,6%.
Le leggi necessarie per riprendere a correre
Per tornare a far crescere i principali parametri della transizione circolare, secondo il CEN è necessario intervenire con urgenza e con idee chiare: “Chiediamo di rispettare il cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare – sottolinea ad esempio Ronchi – recepire tempestivamente le misure europee, rafforzare il sostegno alle imprese, prevedere misure di fiscalità ecologica nella legge delega. È necessario inoltre sviluppare l’economia circolare delle materie prime critiche, garantire la realizzazione degli impianti previsti dal PNRR, accelerare i tempi di realizzazione degli impianti di riciclo e dei ‘progetti faro’ già finanziati, per colmare il gap tra Centro-Sud e Nord e garantire un’adeguata dotazione impiantistica”.
Il tema rifiuti, altro tallone d’Achille italiano, merita un capitolo a parte. Sul rapporto tra produzione di rifiuti e consumo di materiali (parametro cruciale per rilevare l’intensità delle pressioni generate da un sistema produttivo per l’approvvigionamento delle materie prime), l’Italia ha infatti un tasso superiore riseptto alla media Ue: 38,1% a fronte di un dato medio del 35%. Per di più, il tasso è in crescita di 12 punti percentuali nell’ultimo decennio, collocandoci al penultimo posto tra le 5 principali economie continentali, prima soltanto della Francia.
“È quindi essenziale – conclude Ronchi – dare piena attuazione al Programma nazionale di gestione dei rifiuti, aggiornare entro fine anno i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive UE, accelerare e semplificare le normative sull’End of Waste, sviluppare la simbiosi industriale, nonché adottare il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti”.
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