di Franco Maranzana e Gabriele Gattozzi – Senza voler tornare indietro al tempo degli Ateniesi – che contrariamente a quanto si pensa non erano certo una democrazia ma una aristocrazia (“aristoi” e “kratos” significa “potere dei migliori”, all’epoca dei più ricchi) – vorremmo tracciare una storia del diritto di voto nel nostro Paese. Nel 1861 potevano votare in Italia i cittadini di sesso maschile di età superiore ai 25 anni di elevata condizione economica (ecco perché il nostro rimando agli antichi greci). Poi nel 1881 alle elezioni fu ammessa anche la media borghesia e l’età per potere votare fu abbassata a 21 anni. Quindi nel 1912 – per volere di Giolitti – il diritto di voto fu esteso a tutti i cittadini italiani (sempre e solo di sesso maschile) di 21 anni che avessero superato con profitto l’esame di licenza elementare, nonché a tutti i maschi che, indipendentemente dal grado di istruzione, avessero compito il 30° anno di età. Quindi, con la legge n° 1985 del 1928 si inserì un vero e proprio suffragio universale – ma sempre e solo per i maschi – che avessero compito i 21 anni, con estensione ai diciottenni che avessero prestato servizio durante la prima Guerra Mondiale. Ma il vero suffragio universale arriva solo nel 1946, con l’estensione del diritto di voto anche alle donne, e da allora è rimasto tutto così: tutti i cittadini italiani maggiorenni, ossia con almeno 18 ani di età posso votare i loro rappresentanti, con eccezione del Senato della Repubblica dove sono necessari 25 anni di età. Anche qui diteci per favore che differenza c’è tra un deputato e un senatore e se servono 7 anni di maturità in più per votarli.
Fatta questa breve cronistoria veniamo a oggi. Oggi può davvero votare chiunque sia maggiorenne, il voto è stato esteso anche ai cittadini italiani all’estero, ai malati terminali (che possono votare presso le strutture sanitarie) ma di fatto viene negato ai giovani. E ciò a noi non sta bene, per una serie di motivi.
Noi proponiamo il diritto di voto ai 16enni, ma se fosse per noi faremmo votare anche i 14enni e vi spieghiamo perché. Primo, a 14 anni un ragazzo può guidare un ciclomotore e negli ultimi anni addirittura una minicar; può guidare, ma non votare? Secondo, i giovani di oggi sono molto più maturi, interessati alla politica, preparati e seri di quanto lo eravamo noi (ai nostri tempi, onestamente pensavamo solo a giocare a pallone e correre dietro le ragazzine) e prova ne è sia Greta la Svedese che tutti quei ragazzi protagonisti del “Friday for Future”. Terzo, sarebbe un ottimo modo per porre rimedio al crescente e dilagante astensionismo che caratterizza tutte le nostre ultime consultazioni elettorali (che siano politiche, regionali, comunali o europee). Quarto e ultimo, ma forse il più importante, non è affatto giusto che ragazze e ragazzi già ampiamente maturi e preparati vengano tenuti fuori sulle decisioni riguardo il loro futuro, non certo il nostro futuro in quanto abbiamo noi già ampiamente fallito e siamo di fatto già segnati e fuori dai giochi.
Intelligenti pauca!