di Torquato Cardilli – I bollettini della guerra Russia-Ucraina, che dura ormai da un anno, e le informazioni che vengono diffuse da chi è interessato solo a far prevalere la propria verità, ci ricordano il triste coro della tragedia del Conte di Carmagnola nella guerra fratricida (…s’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo, d’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren…).
Nessuno dei due contendenti (una volta fratelli) e dei loro alleati dice la verità al proprio popolo sofferente ed a quelli, più o meno lontani, indirettamente coinvolti nello scontro sul piano economico sanzionatorio, energetico, degli aiuti militari e umanitari, dell’accoglienza di milioni di profughi.
Il combattimento da parte russa è stato impostato, sulla base dell’esperienza fatta nel secondo conflitto mondiale, perseguendo lo sfondamento a ondate attraverso battaglie campali, con scontri tra colonne di mezzi corazzati, con il rafforzamento di trincee nei territori invasi, con il fuoco di sbarramento di artiglierie a breve e a lunga gittata, con bombardamenti a tappeto con missili che colpiscono alla cieca, mancando il più delle volte l’obiettivo strategicamente importante sul piano militare.
Da parte ucraina, vista la disparità numerica delle forze schierate, si risponde con mezzi sempre più sofisticati, forniti dall’alleanza occidentale. Si tenta di arginare l’offensiva dal cielo con un valido sbarramento antiaereo e si mettono a segno spettacolari azioni di incursioni e sabotaggi nel territorio russo (esplosioni in scuole militari, distruzione del ponte simbolo dell’unione con la Crimea, sabotaggi di depositi di carburante, bombardamento di una base aerea, affondamento della nave ammiraglia del Mar Nero, esplosioni nel gasdotto del Mare del Nord messo fuori uso ecc.), ma che non hanno prodotto significativi risultati sul piano politico-militare.
Dunque quale è il risultato dopo un anno di scontri a sangue?
A fronte di enormi perdite russe in uomini e materiali, c’è stata la distruzione totale delle zone contese, con le infrastrutture industriali e i servizi essenziali in ginocchio, morti a migliaia, case e edifici pubblici rasi al suolo, ospedali e strutture sanitarie al collasso, deportazione di bambini, sistema stradale e ferroviario sconvolto, milioni di profughi fuggiti in Europa, migliaia di feriti e mutilati, una generazione di piccoli resi prematuramente orfani, il tracollo di ogni attività agricola, industriale, finanziaria con pesanti negativi riflessi nei paesi importatori dall’Ucraina, riduzione allo stato di età della pietra dei pochi abitanti rimasti nell’area di guerra.
In queste disastrose condizioni, che avrebbero potuto essere evitate, serve a poco investire Putin con condanne e con tutti gli improperi possibili per il crimine dell’aggressione, per le atrocità della soldataglia, per le stragi di innocenti, ed è altrettanto inutile minacciare l’ira di Dio fino al totale ritiro della Russia da tutto il suolo ucraino, compresa la Crimea.
Proclamando ai quattro venti che vogliono punire una volta per tutte la Russia, i politici occidentali si comportano da incoscienti: continuano ad insistere nell’inviare nuove armi super tecnologiche che allontanano la pace e accrescono morti e distruzioni, lasciano spazio alle caste militari a scapito della diplomazia, nascondono che l’industria bellica gestita da veri e propri seminatori di morte è un maiale all’ingrasso e consentono libertà di manovra al dittatore Erdogan, amico e membro della Nato, consentendogli di ergersi a regista della politica di mediazione.
E’ una scena già vista con la distruzione dell’Iraq. Gli stessi politici e i loro industriali già si preparano, come avvoltoi, con missioni ricognitive a prenotarsi per la spartizione della ricca torta della ricostruzione per centinaia di miliardi che sarà pagata dall’incolpevole cittadino europeo.
Dando uno sguardo alle spaventose cifre delle spese militari si resta allibiti per il cinismo dei governanti che preferiscono ridurre le provvidenze per i propri cittadini e far arricchire chi è già ricco.
Gli USA mettono sul piatto della difesa 858 miliardi di dollari, importo undici volte superiore alla spesa della Russia (81) e uguale alla somma degli stanziamenti per la difesa di 10 paesi (Cina 293, India 76, UK 69, Turchia 65, Francia 56, Germania 56, Sudafrica 55, Giappone 54, Sud Corea 50, Italia 32) senza tener conto che al bilancio del Pentagono vanno aggiunti altri 400 miliardi nascosti nei bilanci di altri ministeri comprese le spese nucleari addossate al ministero dell’energia.
Gli Usa spendono in armi metà del nostro PIL, cioè esattamente tutta la nostra spesa per la sanità pubblica: in altre parole noi paghiamo le tasse e spendiamo 800 miliardi all’anno per curare 60 milioni di cittadini, mentre loro sprecano gli stessi denari per seminare guerra ovunque, funzionale ai loro interessi geopolitici strategici, economici.
Per quale merito Obama è stato insignito del Nobel per la pace e come osano parlare di fame nel mondo quando con la metà di quanto spendono in armi potrebbero sfamare 100 milioni di persone, o di preservazione dell’ambiente quando sono tra i maggiori inquinatori del pianeta, o di giustizia internazionale quando hanno rifiutato di aderire al tribunale penale internazionale?
Ogni governante di qua e di là dell’Atlantico dovrebbe farsi un onesto esame di coscienza e meditare su un passo del discorso della pace pronunciato da Eisenhower, nel 1953, subito dopo l’elezione a Presidente degli Stati Uniti. In generale, che da Comandante in capo delle forze alleate in Europa era stato testimone diretto della carneficina dei suoi marines da lui ordinata con lo sbarco in Normandia, fece atto di contrizione con queste parole: “… Ogni arma da fuoco prodotta, ogni bomba, ogni missile lanciato significa un furto ai danni di coloro che sono affamati. Questo mondo non sta solo spendendo denaro in armi, ma sta spendendo il sudore dei suoi operai, le speranze dei suoi giovani; ogni missile lanciato significa, in ultima analisi, un furto ai danni di coloro che sono affamati …”
Quegli stessi politici di oggi (Biden, Macron, Sholz, Von der Leyen, Meloni, Stoltenberg, Metsola, Borrel) anziché mentire sulla volontà di pace senza fare nulla per raggiungerla, provino a trascorrere almeno un’intera notte al gelo, senza alcun giaciglio o riparo, senza acqua, né corrente, né cibo, senza medicine, né speranza di vita migliore e poi all’alba essere oggetto di lanci di bombe incendiarie e a grappoli, mentre tutt’intorno i propri bambini cadono come birilli, per capire quale sia la misera condizione di chi non ha scelto dove e quando nascere e che non è responsabile di quanto accade sulla sua testa.
Come si fa a dare fiducia e credito a un Capo di Stato che da un anno, collegato dal suo bunker, partecipa ad ogni consesso internazionale (Onu, G20, G7, NATO, UE Parlamento europeo e Parlamenti nazionali ecc.) proclamando guerra fino alla vittoria finale ed assiste impassibile alla distruzione del suo paese, all’estremo sacrificio di una generazione di giovani, all’emigrazione di alcuni milioni di cittadini, alla disarticolazione totale delle infrastrutture, alla morte per ferimento o alla mutilazione di migliaia di civili innocenti, alla condanna alla miseria degli scampati ai bombardamenti?
Dimentico dei sacrifici del popolo ucraino, da consumato attore di cabaret, Zelensky ha da ultimo partecipato in video alla serata di gala di Los Angeles per il Grammy Awards 2022, al convegno di Davos a cui ha inviato anche la sua first lady per perorare aiuto dalla crema finanziaria e speculatrice mondiale ed ha chiesto di apparire sul palcoscenico dell’Ariston, durante il festival di Sanremo, grazie alla mediazione con Amadeus condotta da Vespa che lo ha intervistato. Puro spettacolo!
Forse bisognerebbe consigliargli di cominciare un rosario di scongiuri vista la fine che hanno fatto altri Capi di Stato che hanno concesso altrettante analoghe interviste in passato (Saddam Hussein, Gheddafi).
Possibile che i governi e i parlamenti occidentali votino per la continuazione della guerra facendo passare l’idea che con quel voto rendono più vicina la pace?
Quale pace dopo un anno di guerra? Quella del cimitero?
Si sa, da che mondo è mondo, che la guerra è l’occasione per arricchimenti di speculatori senza scrupoli, e per ogni sorta di contrabbando e corruzione, ma questa comunità allegra è consapevole che i miliardi in armamenti sono sottratti alle spese necessarie per il benessere dei loro popoli?
Gli USA, la NATO, l’UE, il Governo italiano cosa vogliono ottenere? Forse il crollo di Putin con la “debellatio” della Russia in una lotta di tutti contro di lui?
Lo capiscono o no che se il loro nemico numero uno fosse veramente ridotto alle strette, con le spalle al muro, prima di cedere, non esiterebbe a raccogliere la sfida dell’Ucraina, che si considera già a tutti gli effetti integrata nella Nato, e quella dell’alleanza occidentale che promette guerra infinita, allargando il raggio dei bombardamenti alla cieca ai paesi europei?
Cosa ci fanno i sottomarini nucleari russi nel Mediterraneo e nel mar Baltico muniti di missili intercontinentali e perché Putin fa proprio ora i continui test di missili ultrasonici?
E poi siamo sicuri che la Cina resti neutrale di fronte alla distruzione della Russia? Bisogna proprio essere impazziti (come dice il Papa) per non capire che la continua escalation non avvicina la pace, ma porta inesorabilmente ad una nuova guerra mondiale.
Che diritto abbiamo noi, vissuti in un lungo periodo di pace nella crescita economica, nel progresso industriale, scientifico e tecnologico, con cure sanitarie sempre più efficaci, di condannare alla miseria la prossima generazione?
L’AUTORE
Torquato Cardilli – Laureato in Lingue e civiltà orientali e in Scienze politiche per l’Oriente. E’ stato Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Ha redatto oltre 300 articoli di carattere politico ed economico pubblicati in Italia e all’estero da varie testate ed agenzie di stampa.