di Marco Croatti – L’estate 2024 inizia sotto un cielo di pesante incertezza per il comparto balneare italiano. Mentre il governo continua a nascondere la testa sotto la sabbia, diventano sempre più minacciosi all’orizzonte i rischi di ricorsi, contenziosi, denunce e quello di una costosissima infrazione europea che, inutile dirlo, verrà pagata da tutti i cittadini. Perché nel regno meloniano gli oneri sono per tutti, onori e privilegi per pochi.
Il tema della riforma delle concessioni demaniali turistico-ricreative incrocia molti aspetti politici, sociali, economici e non ultimo quello dei diritti di tutti i cittadini sui beni comuni. Non riguarda soltanto le 6.592 aziende turistiche che gestiscono circa 15 mila concessioni. Non è una battaglia contro una categoria, bensì l’occasione da non perdere per guardare al domani di una protagonista strategica dell’offerta turistica del nostro Paese.
E allora per costruire un nuovo futuro e disegnare una riforma che risponda alle esigenze dei cittadini, dei turisti, dei comuni costieri e ci consegni nei prossimi anni innovazione, investimenti, sostenibilità, maggiori servizi, più giustizia sociale, maggiore ricchezza, dobbiamo trasformare una visione in contenuti concreti che saranno messi a terra attraverso bandi aperti e trasparenti.
La destra italiana, oggi maggioranza parlamentare, coerente con la propria natura corporativa e conservatrice ha disegnato rapidamente il futuro del settore: tutto deve rimanere così com’è. Ancora una volta dalla parte degli interessi di pochi, piegando diritti e opportunità che devono essere di tutti; a difesa dello status quo e di diritti feudali inaccettabili, non solo contro l’Europa, contro il Consiglio di Stato, contro il Presidente della Repubblica e contro i comuni, ma anche contro una parte sempre più consistente degli stessi attuali concessionari, frustrati e sfiduciati da un clima di incertezza sempre più insostenibile.
L’opportunità che questa riforma delle concessioni balneari può cogliere, il futuro che noi immaginiamo, parte da assegnazioni che non siano più di stampo medioevale ma che premino piccole imprese balneari, esistenti o di nuova costituzione, che sappiano innovare e rispondere alle esigenze di una società in veloce evoluzione, che raccolgano le sfide della transizione ecologica e della sostenibilità.
Le nostre spiagge sono un bene pubblico di tutti e dobbiamo pretendere che le concessioni siano assegnate a persone capaci, non cedute per diritto dinastico oppure vendute, come è sempre stato finora, a chiunque, anche a personaggi o imprese opachi. Ed essendo un bene comune la collettività deve ‘ricevere’ un canone demaniale congruo rispetto ai fatturati delle imprese, in linea con quello delle altre attività commerciali. Il fatturato delle spiagge, mediamente, è 100 volte il canone con casi emblematici come il Twiga, 17.619 euro a fronte di un fatturato da 4 milioni di euro, o il Papeete che gira allo Stato 10 mila euro a fronte di 3,2 milioni di euro di ricavi. Mentre per pubblici esercizi non ubicati su demanio l’affitto può incidere addirittura per il 30% sul fatturato. Canoni più alti dunque, che dovranno arrivare interamente agli enti locali, e con cui aumentare, attrezzare e custodire le spiagge libere, preferite da tanti cittadini agli stabilimenti tradizionali.
La spiaggia inoltre deve guardare alla sostenibilità ambientale ed energetica. Tutto il cemento deve essere eliminato, le strutture devono rispettare il paesaggio e gli investimenti in ecosostenibilità, per altro già compiuti da diversi stabilimenti romagnoli, devono diventare un obbligo per tutti i concessionari.
Una riforma come quella che vogliamo porterebbe maggiore occupazione rispetto agli attuali 60 mila addetti e agirebbe da leva anche per far crescere tutto l’indotto legato al turismo balneare.
Ecco perché il tema delle concessioni demaniali non riguarda solo gli attuali concessionari e deve essere visto come una grande opportunità per innovare, riqualificare e aumentare la competitività non solo del comparto ma di tutto il tessuto economico delle località balneari costiere.
Il tema è anche paradigmatico di due diverse visioni politiche, antitetiche. Da una parte governo e maggioranza parlamentare che approcciano i temi in modo corporativo, al fianco delle ragioni di pochi e contro quelle di tutti gli altri. Una destra liberticida che amplia il divario tra chi ha di più e chi è in difficoltà. Dall’altra chi guarda all’interesse collettivo, prima di quello particolare e vuole un Paese più giusto.
Quale visione è più adatta per costruire il nostro futuro e quello dei nostri giovani?
L’AUTORE
Marco Croatti – Classe ’72. Appartenente al gruppo MoVimento 5 Stelle, membro del Senato della Repubblica e della 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) e segretario d’aula in Senato. Coordinatore regionale M5S Emilia-Romagna.