Circa 1 su 3 dei bambini, sia maschi (il 29%) che femmine (il 27%), in Europa è affetto da sovrappeso o obesità, come riportato nel rapporto dell’OMS pubblicato a maggio 2022.
Per contrastare le abitudini alimentari dannose, l’OMS propone diverse raccomandazioni politiche, tra cui il divieto della pubblicità online di cibi poco salutari per i minori, insieme a misure come l’imposizione di tasse sugli alimenti e le bevande zuccherate e il controllo della presenza dei punti vendita di cibo spazzatura nei quartieri a basso reddito.
Per affrontare questo problema, nel 2020 l’OMS ha introdotto un metodo di monitoraggio chiamato CLICK, che consente ai paesi di valutare l’impatto della pubblicità online di cibi poco sani sul comportamento dei minori.
Il progetto CLICK prevede l’installazione di un’app sui dispositivi mobili dei bambini per monitorare come vengono bersagliati dai grandi marchi alimentari. La Svizzera, insieme a Norvegia e Portogallo, ha testato questo metodo. I risultati hanno rilevato che in Svizzera il 12% degli annunci online visti da bambini tra i quattro e i 16 anni in tre settimane promuoveva cibo e bevande, soprattutto cioccolato e dolci. Preoccupante è che i bambini più giovani, tra i quattro e i nove anni, siano il gruppo più esposto a questo tipo di pubblicità.
Quando pubblicizzano un prodotto online, aziende e influencer sono spesso obbligati a mettere informative e disclaimer sugli accordi presi con i marchi o a mostrare le relative avvertenze sanitarie. Tuttavia, perché i bambini possano elaborare queste informative, la tempistica della loro apparizione in un annuncio è fondamentale. Se l’informativa viene mostrata in modo indipendente prima dell’inizio del video, i bambini la guardano per un tempo che è circa due volte e mezzo più lungo rispetto a quando viene mostrata come parte dell’annuncio. Avvertenze sanitarie e informative potrebbero anche essere più efficaci se venissero mostrate senza altri contenuti in contemporanea. In sostanza, i bambini riconoscono meglio un annuncio se viene divulgato prima del video piuttosto che durante.
“Ad oggi le piattaforme online non offrono questo tipo di impostazione. Avvertenze e informative vengono sempre visualizzate contemporaneamente al contenuto”, si legge nel rapporto svizzero. Già nel 2013, alcuni studi hanno dimostrato che l’esposizione ad annunci visivi su cibi e bevande ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale presentati da influencer sui social network condiziona il comportamento alimentare dei bambini di età compresa tra i 9 e gli 11 anni. Ciò è ancor più vero quando gli influencer sono essi stessi bambini.
Tra le tecniche pubblicitarie “da bambini per bambini” utilizzate dai marchi ci sono i “video unboxing per bambini” presenti su YouTube. Secondo il rapporto svizzero, la promozione di cibi e snack da parte di coetanei sui social network ha un impatto maggiore sui bambini rispetto all’uso del marketing diretto. Questo perché i bambini sono meno all’erta rispetto all’effetto persuasivo del messaggio e, di conseguenza, si fidano maggiormente dei suggerimenti di acquisto di prodotti alimentari poco salutari.
Nel 2020, YouTube ha vietato la pubblicità alimentare sui suoi canali “per bambini”. Tuttavia, uno studio dell’Università del Connecticut ha esaminato l’impatto di 400 video YouTube prodotti da 13 popolari influencer bambini negli Stati Uniti, rilevando che il 65% dei video conteneva almeno un tipo di pubblicità legata al cibo. Tra i prodotti alimentari pubblicizzati, le caramelle rappresentavano il 47%.
“A giugno 2020, le visualizzazioni totali dei video dei canali monitorati in questo studio superavano i 155 miliardi”, hanno dichiarato gli autori dello studio. Ricerche dimostrano che il 18% dell’esposizione complessiva dei bambini alla pubblicità di alimenti e bevande sui social network avviene attraverso i contenuti generati dall’utenza.
Un esempio del successo di tale strategia è la campagna del 2014 della Coca Cola che ha stampato i nomi delle persone sulle etichette delle bottiglie. L’hashtag “#ShareaCoke” incoraggiava gli utenti di Internet a farsi una foto mentre bevevano una bottiglia di Coca Cola con il proprio nome stampato sull’etichetta e a condividerla sui social media. In seguito a questa campagna, il consumo di Coca Cola tra i giovani è aumentato di oltre 1,25 milioni di unità rispetto all’estate precedente, contribuendo a una crescita dell’11% delle vendite. “Le norme per limitare la pubblicità di cibi e bevande ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale sui social network sono difficili da attuare per i contenuti generati dagli utenti, poiché è necessario determinare se il contenuto è commerciale o è generato da qualcuno senza intento commerciale”, si legge nel rapporto svizzero.
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