Il giudice Caselli è uno di noi. E’ il miglior sponsor del movimento No Tav. Le sue azioni vanno giudicate per gli effetti. E nessuno più di lui è a fianco dei valsusini. Sta portando il verbo No Tav di città in città, da Milano a Genova con il pretesto della presentazione del suo libro “Assalto alla giustizia“. I No Tav che lo vogliono zittire, come lui ha affermato, sbagliano. Più parla, più la solidarietà per la Val di Susa aumenta in tutta Italia. Caselli che equipara i No Tav ai camorristi è il miglior spot contro lo sperpero di 23 miliardi di euro per fare un tunnel per un traffico merci inesistente. Con l’arresto di 26 persone in tutta Italia e la notifica di 15 obblighi di dimora prima del processo, Caselli ha creato una pandemia No Tav. A Trento, Macerata, Palermo, Pistoia, Modena, Genova, Bergamo, Milano, i cittadini che non erano ancora informati dello scempio del territorio e di denaro pubblico in Val di Susa ora lo sono. Se la Procura di Torino ha ritenuto di trattenere in carcere per settimane due donne incensurate, di cui una madre di tre figli, per ragioni come “concorso morale“, Caselli dovrebbe ricevere la cittadinanza onoraria dai comuni di Chiomonte e di Venaus per aver compattato e indignato decine di migliaia di valsusini e italiani. Onestamente non può fare di più per i No Tav. Ogni libreria d’Italia dovrebbe ospitarlo. Dovrebbe essere ascoltato in religioso silenzio. E’ l’arma letale a disposizione di Alberto Perino. Chi lo contesta non lo ha capito fino in fondo. Deve poter dire la sua, come ogni cittadino italiano, valsusini compresi. E poter sottolineare dal Brennero a Capo Passero che l’impianto accusatorio per gli arresti riferisce di “devastante e incontenibile violenza collettiva, preventivamente e strategicamente pianificata“. La criminalità organizzata ai no tav gli fa una sega, belin.
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