
In un Paese dove servirebbero idee nuove, si mette fuorilegge una delle poche che funziona.
Mentre l’agroalimentare arranca, la disoccupazione giovanile cresce e le imprese chiedono certezze, il governo sceglie di colpire la cannabis light, un settore legale, regolamentato e in crescita. Parliamo di una filiera che vale quasi 2 miliardi di euro, con 22mila lavoratori e applicazioni che vanno dalla bioedilizia alla cosmetica.
E proprio mentre si approva il decreto che rischia di soffocare tutto questo, a Casalecchio di Reno (Bologna) si apre IndicaSativa 2025, la fiera internazionale della canapa più longeva d’Italia, con oltre 100 espositori da tutto il mondo. Una coincidenza amara, che racconta meglio di mille discorsi il paradosso di un Paese che dice di voler innovare, ma poi si lega le mani da solo.
Il nuovo Decreto Sicurezza vieta ogni utilizzo delle infiorescenze contenenti CBD, consentendone la produzione solo per il “florovivaismo professionale”. Ma cosa significa? Il florovivaismo è il settore agricolo che si occupa della coltivazione di piante ornamentali, destinate alla decorazione di giardini, balconi o spazi pubblici. In questo caso, dunque, le infiorescenze di canapa possono essere coltivate solo come oggetti decorativi, non lavorate, trasformate, vendute per consumo o usi industriali (cosmetici, alimentari, ecc.).
Una finzione legale, che riduce il lavoro di migliaia di aziende a un’attività teorica e non redditizia.
Secondo uno studio di Mpg Consulting per Cannabis Sativa Italia, presentato in Parlamento il 2 aprile, la filiera della canapa coinvolge 3.000 imprese, con un impatto economico complessivo che sfiora i 2 miliardi di euro tra diretto e indotto.
Con il DL Sicurezza, migliaia di produttori rischiano di trovarsi improvvisamente in possesso di materiale considerato stupefacente, senza alcuna finestra di transizione. Le conseguenze? Pesanti ricadute su occupazione, legalità e investimenti.
Il settore non si arrende. Sono già stati annunciati ricorsi a livello nazionale ed europeo, nella speranza di bloccare un provvedimento che sembra più ideologico che pragmatico. Nel frattempo, però, chi decide di andare avanti lo fa in un clima di disobbedienza civile e rischio penale. Una scelta amara, in un paese che avrebbe tutto da guadagnare da un’economia verde, regolata e sostenibile.
Un paese davvero al contrario.